Corsa al Colle: l'elezione di Gronchi (1955-1962)
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Corsa al Colle: l'elezione di Gronchi (1955-1962)

Quando la Dc fece eleggere il primo presidente democristiano della storia repubblicana

Per la prima volta le telecamere della RAI hanno la possibilità di entrare nell’austera Aula di Montecitorio e riprendere, in diretta, le elezioni presidenziali.

La DC, si presenta spaccata alla vigilia della votazioni. In partenza il preferito per il segretario Amintore Fanfani è Adone Zoli; Andreotti, Pella e Togni sono, invece, per una rielezione di Einaudi; Guido Gonella sostiene sin dal primo momento il Presidente della Camera Giovanni Gronchi. Per cercare di mettere insieme tutte le correnti, ecco nascere la candidatura del Presidente del Senato, Cesare Merzagora, proposta dal capo del governo, Mario Scelba, e appoggiata dallo stesso Fanfani. Le sinistre sostengono il nome di Ferruccio Parri, che avrebbe abbandonato la corsa subito dopo il primo scrutinio.

Il 28 aprile, giorno in cui si riuniscono le Camere in seduta comune, le tribune riservate al pubblico sono piene in ordine ogni di posto, come si direbbe allo stadio. Ci sono gli ambasciatori di Germania Ovest, Francia, Unione Sovietica, Giappone, Indonesia e l’ambasciatrice degli Stati Uniti, Clare Boothe Luce.

Come prevedibile alla prima votazione i franchi tiratori fanno sentire la loro presenza. Merzagora raggiunge soltanto quota 228. Fanfani non si preoccupa e mostra una certa tranquillità alla vigilia della seconda chiama: “Questa volta andrà meglio, vedrete”. Risultato: Merzagora 225 (tre in meno) e Gronchi 127. Questi intravede buone possibilità e indice subito la terza votazione. Fanfani e Moro implorano il Presidente di rinviare la votazione al giorno dopo, ma la risposta è implacabile: “Mi chiedete l’impossibile. Mi dispiace”.

Che a Fanfani la situazione stia sfuggendo dalle mani, è ormai un dato di fatto. L’incolpevole Merzagora, intanto, spera ancora in un esito positivo: “Non è ancora finita. Vuoi scommettere venti bottiglie di spumante che riuscirò? Me lo ha detto anche Gronchi”, rivolto a Pacciardi. Risultato della terza votazione è: Gronchi 281 e Merzagora 245. Tutto rinviato al quarto scrutinio del pomeriggio successivo.

La notte si preannuncia movimentata. La tattica di Scelba e Fanfani è quella di far desistere entrambi i candidati e puntare su un terzo nome. Ma se Merzagora accetta il ritiro, Gronchi risponde secco a Fanfani: “Vorrei che anche tu facessi una considerazione: che io sono un democristiano come te e come gli altri”.

Alle due di notte si riuniscono i dissidenti carbonari del  gruppo democristiano nell’abitazione dell’onorevole Salvatore Scoca. Alla spicciolata arrivano tutti i cospiratori. L’intento è di evitare una spaccatura interna al partito convincendo Gronchi a rinunciare. Il Presidente della Camera, però, non intende indietreggiare: “Ma non basta il mio passato a darvi tutte le garanzie?” Nulla di fatto.

La mattina successiva nuova riunione di tutti i parlamentari democristiani a Palazzo Barberini con urla e spintoni. Si decide di votare e, per due volte, Gronchi riesce a strappare la maggioranza dei colleghi di partito. Si può procedere compatti verso Montecitorio dove alle 15,30 si svolge la quarta votazione. Risultato: Gronchi Presidente della repubblica con 658 voti.

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Sabino Labia

Laureato in Lettere all'Università "Aldo Moro" di Bari, specializzazione in "Storia del '900 europeo". Ho scritto tre libri. Con "Tumulti in Aula. Il Presidente sospende la seduta" ho raccontato la storia politica italiana attraverso le risse di Camera e Senato; con "Onorevoli. Le origini della Casta" ho dato una genesi ai privilegi dei politici. Da ultimo è arrivato "La scelta del Presidente. Cronache e retroscena dell'elezione del Capo dello Stato da De Nicola a Napolitano" un'indagine sugli intrighi dietro ogni elezione presidenziale

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