Parlamento, ciao! - Livia Turco
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Parlamento, ciao! - Livia Turco

"La mia prima elezione? Per il Pci fu una disgrazia". Ricordi, aneddoti, saluti di chi non sarà più nei palazzi del potere

Era il 1987 e il Pci aveva perso una barca di consensi alle prime elezioni dopo la morte di Enrico Berlinguer. Alla prima Direzione nazionale del dopo voto prendono parte quaranta uomini e tre donne: Nilde Jotti, Lalla Tropia e una giovanissima Livia Turco. Felice del suo primo ingresso alla Camera insieme a tante altre compagne elette grazie a una durissima battaglia all'interno del loro partito per ottenere il 30% di rappresentanza, è lei la prima a prendere la parola: “Il Pci ha perso, ma le donne hanno vinto”. “ – il commento gelido di Giancarlo Pajetta – le disgrazie non vengono mai da sole”.

“Il clima dell'epoca era questo, fuori e soprattutto dentro il Pci” ricorda oggi Livia Turco, 58 anni il prossimo 13 febbraio, 25 dei quali trascorsi in Parlamento e che adesso si appresta a lasciare.  Non si sente, infatti, né troppo giovane per chiedere una deroga al Pd per farsi ricandidare, ma nemmeno troppo vecchia per mettersi in pensione.

Sto sempre qui a combattere – esordisce con noi - mica penserete che sono a casa a girarmi i pollici?

Ai vertici della Figc prima, del Pci poi, dei Ds, del Pd, ministro della Repubblica per quattro volte: ma perché proprio adesso ha deciso di dire basta?

E' una decisione maturata nel mio cuore da molto prima che Renzi iniziasse a parlare di rottamazione. Credo che le donne della mia generazione debbano fare un passo al lato e investire sulle giovani.

E cosa pensa di chi, come Rosi Bindi, si è battuta fino in fondo per rimanere in campo?

Penso che abbia fatto bene a puntare i piedi perché se da una parte è giusto che il Parlamento si rinnovi, altrettanto giusto è che ci rimanga anche chi ha fatto la storia di questo partito. Ritengo che ci sarebbero dovuti rimanere anche Veltroni e D'Alema. E probabilmente anch'io, ma ho deciso di fare una scelta diversa.

D'Alema e Veltroni potrebbero essere chiamati al governo. Piacerebbe anche a lei rifare il ministro?

Le esperienze di governo sono state per me le più belle e le più importanti, quindi sarei molto ipocrita se dicessi che non mi piacerebbe, ma penso che Bersani proseguirà nell'azione di rinnovamento che ha iniziato.

Come ricorda il primo giorno, nel 1987, che mise piede in Parlamento?

Ah lo ricordo benissimo! Soprattutto perché in quell'occasione entrò con me una frotta di donne giovani del Pci con cui avevo combattuto una battaglia durissima all'interno del nostro partito cui imponemmo il 30% di presenze femminili tra i candidati. Fu una rottura.

E come fu presa?

Nel Pci, che da quelle elezioni era uscito pesantemente sconfitto, malissimo. Ricordo una riunione della direzione in cui, tra quaranta uomini, eravamo presenti, come donne, solo io, Nilde Jotti e Lalla Tropia. Io presi la parola e dissi: “Il Pci ha perso, ma le donne hanno vinto”. Mi rispose Pajetta: “Sì, le disgrazie non vengono mai da sole”.

E gli altri parlamentari come vi accolsero?

La battuta che girava era: “Vedremo cosa saprete fare”. Ma ricordo anche Andreotti che entrando alla Camera chiese: “Cos'è tutto questo colore?”. Eravamo noi che sfidavamo anche nell'abbigliamento il grigiore di quell' aula. Tanto che, ancora oggi, le mie amiche Rosa Russo Jervolino e Maria Pia Garavaglia, che allora stavano con la Dc, riconoscono la grande scossa che demmo anche a loro.

Qual è stato il risultato più importante che ritiene di aver raggiunto nella sua carriera politica?

Ce ne sono diversi: tutte le leggi che ho fatto da ministro, quella sulla violenza sessuale. E sono anche molto orgogliosa di aver contribuito ad aprire il dibattito sulle quote rosa che oggi ha portato alla legge sulla doppia preferenza di genere.

Di cosa le resta invece il rimpianto?

Mi dispiace molto non poter essere in Parlamento per votare la legge per la cittadinanza ai minori figli di stranieri che ho voluto con tutto il cuore quando ero ministro per la Solidarietà sociale. Nel 1999 presentai anche il primo testo di legge che però rimase nel cassetto dell'allora ministro Giuliano Amato il quale mi disse: “Ma sarai mica matta, con i tempi che corrono, a voler cambiare la legge sulla cittadinanza?”

C'è qualcosa invece di cui si è pentita?

Francamente no. Nemmeno dell'appoggio al governo Monti.

C'è stato un momento in cui, prima di oggi, ha pensato di voler mollare?

Spesso durante quest'ultima legislatura. Ho molto sofferto nell'assistere al degrado della politica e per la polemica sulla casta, questo essere stati messi tutti sullo stesso piano.

Tra i suoi avversari politici chi ha stimato di più?

Ne ho stimati molti. Ci sono tante donne del centrodestra con cui sono in ottimi rapporti. Penso ad Alessandra Mussolini, Adriana Poli Bortone, Margherita Boniver, Angela Napoli, Beatrice Lorenzin, una giovane che mi piace molto.

A chi si è ispirata di più in questi lunghi anni?

Sicuramente a Nilde Jotti che è stata per me una vera madre. Ma anche a Tina Anselmi, di cui ricordo il sorriso aperto, la pacca sulla spalla quando perdevo delle battaglie e lei mi consolava: “Non ti abbattere”. E mi fa piacere citare Maria Eletta Martini che da democristiana stimava molto il Partito Comunista e una volta mi si avvicinò e ammirata mi chiese: “Ma da dove avete tirato fuori tutte queste giovani?”.

Cosa ne pensa davvero della cosiddetta società civile quando “ruba” il posto ai professionisti della politica come lei?

Io non ho mai capito bene questa distinzione tra società civile e politici visto che io sono teoricamente una professionista della politica che è sempre stata, però, anche nella società civile. Ho iniziato nelle parrocchie, con le donne credenti, nei movimenti delle donne. Nella mia biografia è molto difficile distinguere.

Cosa consiglierebbe a un giovane che volesse impegnarsi in politica?

Di stare il più possibile in mezzo alle persone. Gente come Grillo, che si rapporta con gli altri solo attraverso la rete, mi fa paura. A me hanno insegnato che dovevo conoscere tutto del quartiere dove abitavo e guardare negli occhi le persone.

La vera novità di queste elezioni secondo lei quale è stata, qual è o quale sarà?

Senza dubbio le primarie del centrosinistra. Ho percepito nella scelta di Pier Luigi Bersani una svolta, un colpo al degrado della politica.

Chi vorrebbe fosse il prossimo presidente della Repubblica?

Romano Prodi o Massimo D'Alema.

Qual è il suo sentimento dominante in questo momento?

Sono molto serena. E se pensate che mi stia riposando vi sbagliate. Sto lavorando come una pazza per organizzare la campagna elettorale del mio gruppo di immigrati e vado in giro a sostenere le mie amiche. E anche dopo il 26 febbraio continuerò a fare politica. Magari prima, però, mi riposo un po'.

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Claudia Daconto