Massimo Ciancimino: i «danni» di Ingroia a Napolitano
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Massimo Ciancimino: i «danni» di Ingroia a Napolitano

Esclusivo: Massimo Ciancimino, intercettato, sostiene di conoscere dettagli dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia coperti da segreto. E ipotizza conseguenze per il Colle.

Nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia non poteva mancare la ciliegina di Massimo Ciancimino. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo è uno dei 12 indagati nei confronti del quale è stato chiesto il rinvio a giudizio. Il 29 ottobre inizierà l’udienza preliminare e, in quell’occasione, il fantasma delle intercettazioni fra Nicola Mancino e Giorgio Napolitano aleggerà nell’aula presieduta dal gip Piergiorgio Morosini. Su quelle telefonate è in corso il braccio di ferro tra la procura siciliana e il Quirinale: sarà la Corte costituzionale, non prima di dicembre, a stabilire se vanno distrutte oppure se a decidere dovrà essere il giudice di Palermo. Sul contenuto delle chiamate, mai trascritte e in teoria segretissime, si scopre adesso grazie a un’inchiesta della Procura di Roma sul tesoro di «don Vito» occultato all’estero che Ciancimino jr (sotto accusa con altre 8 persone per concorso in riciclaggio) ha molte idee e anche precise.

Il 28 agosto dice sicuro che «le telefonate di Napolitano sono in tutto quattro bobine»: come faceva a sapere il numero esatto, rivelato dalla procura solo il 12 ottobre? È un oracolo? Andiamo avanti. Ciancimino jr parla attraverso Skype con il «nonno» (così chiama Romano Tronci, faccendiere di don Vito e coindagato per riciclaggio) e si dilunga sui colloqui Mancino-Napolitano. È il 31 agosto scorso, «Massimuccio» si lancia in analisi sull’atteggiamento di Antonio Ingroia e afferma: «Tanto a lui (Ingroia, ndr) non gli cambia niente! Se... cioè il clima di attenzione al processo ci sarà a prescindere, pensi che sta... questa polemica in un senso o nell’altro danneggerà il presidente!». Subito dopo spiega che il «danno» per Napolitano ci sarebbe «perché se escono (le intercettazioni, ndr) esce danneggiato (il presidente Napolitano, ndr) dai giudizi tipo... “la vedova Borsellino è una pazza” cioè poco edificanti (…), se non escono rimarrà sempre il mistero che lui aveva qualcosa da nascondere sull’inchiesta della trattativa».

Mai nessuno ha ipotizzato che nelle conversazioni ci fossero riferimenti alla vedova del giudice Borsellino. Il quotidiano La Stampa aveva parlato genericamente di «presunte critiche a parenti di alcuni familiari di vittime di mafia». Ciancimino jr sostiene inoltre che nelle telefonate Mancino-Napolitano ci sono anche riferimenti che lo riguardano. Lo ribadisce più volte nel corso della stessa telefonata con assoluta sicurezza. Proprio a Ciancimino e alle sue numerose «vesti» giudiziarie si riferiva il consigliere del Quirinale Loris D’Ambrosio (finito nel tritacarne dell’inchiesta sulla trattativa e morto d’infarto il 26 luglio scorso), quando scriveva al presidente Napolitano: «…Come se fosse la stessa cosa trattare lo stesso soggetto da imputato o da testimone o da parte offesa, da fonte attendibile o da pericoloso e interessato depistatore».

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Anna Germoni