Il delitto di via Poma e gli altri misteri senza colpevoli
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Il delitto di via Poma e gli altri misteri senza colpevoli

Il delitto di Simonetta Cesaroni sarà destinato a diventare un altro delitto senza colpevole. Dal caso di via Poma a quello di Denise Pipitone, i casi italiani di adolescenti scomparsi o uccisi rimasti senza un colpevole. Il Paese dei casi irrisolti

Dopo ventiquattro anni, il delitto di Via Poma, rimane ancora senza un colpevole. La Cassazione ha infatti confermato, rendendola definitiva, l'assoluzione di Raniero Busco, all'epoca dei fatti, il fidanzato di Simonetta Cesaroni. La ragazza venne trovata a terra, nuda, con il corpo trafitto da ventinove coltellate. Era il pomeriggio del 7 agosto del 1990.

In meno di tre ore di camera di consiglio, i supremi giudici della Prima sezione penale della Cassazione di Roma, hanno esaminato assieme al caso di via Poma, anche altre quindici cause e al termine, hanno deciso di "rigettare" il ricorso con il quale il Procuratore generale della Corte di Assise di Appello di Roma Alberto Cozzella aveva impugnato il proscioglimento di Busco, emesso il 27 aprile 2012.

In primo grado, infatti, il fidanzato di Simonetta, era stato condannato a 24 anni di reclusione. Adesso, con l'assoluzione in via definitiva Busco 'esce di scena' e si riapre la caccia all'assassino a messo che sia sempre vivo a così grande distanza di tempo dal delitto.

Ecco alcuni degli avvenimenti principali che hanno contraddistinto 24 anni di indagini finite con un "buco nell'acqua".
7 agosto 1990 - In via Poma, a Roma, nell'ufficio dell'Associazione Alberghi della gioventù, viene uccisa Simonetta Cesaroni, 21 anni. Il cadavere viene trovato per l'insistenza della sorella Paola, preoccupata per il suo ritardo.
10 agosto 1990 - Viene fermato Pietrino Vanacore, uno dei portieri dello stabile di via Poma, che sara' scarcerato il 30 agosto.
16 novembre 1990 - Il pm Catalani chiede l'archiviazione della posizione di Salvatore Volponi, datore di lavoro di Simonetta
26 aprile 1991 - Il gip Giuseppe Pizzuti accoglie la richiesta di Catalani e archivia gli atti riguardanti Pietrino Vanacore e altre cinque persone. Il fascicolo resta aperto contro ignoti.
3 aprile 1992 - Avviso di garanzia per Federico Valle, nipote dell'architetto Cesare Valle, che abita nel palazzo di via Poma e che la notte del delitto ha ospitato Vanacore.
16 giugno 1993 - Il gip Antonio Cappiello proscioglie Valle per non aver commesso il fatto e Vanacore perche' il fatto non sussiste.
12 gennaio 2007 - La trasmissione di Canale 5 Matrix rivela che dalle analisi del Ris di Parma sarebbe emerso che il dna trovato sugli indumenti di Simonetta e' dell'ex fidanzato Raniero Busco
6 settembre 2007 - Busco e' iscritto dalla procura di Roma sul registro degli indagati per omicidio volontario. L'uomo si proclama innocente.
9 marzo 2010 - Vanacore si suicida gettandosi in acqua a Torre Ovo, in provincia di Taranto, dove risiedeva da anni.  L'ex portiere di via Poma lascia due bigliettini con scritto ''Venti anni di sofferenza e sospetti portano al suicidio''. Pochi giorni dopo avrebbe dovuto testimoniare al processo.
26 gennaio 2011 - Busco viene condannato a 24 anni di carcere.
27 aprile 2012 - Busco viene assolto in appello ''per non aver commesso il fatto''.
26 febbraio 2014: la sentenza della Cassazione che conferma l'assoluzione in via definitiva

Ecco altri casi "italiani " destinati a rimanere senza colpevoli.

I giudici del Tribunale di Marsala hanno assolto Jessica Pulizzi, 26 anni, accusata di concorso nel sequestro della sorellastra Denise Pipitone, la bambina di 4 anni scomparsa da Mazara del Vallo, in provincia di Trapani,  il 1 settembre 2004.

La condanna a 2 anni di carcere è invece è scattata per l'ex fidanzato di Jessica, Gaspare Ghaleb, per false dichiarazioni rilasciate ai magistrati. Ma i pm Sabrina Carmazzi e Francesca Rago avevano chiesto per Jessica, 15 anni di carcere e per 5 anni e 4 mesi per l’ex compagno.
"Oggi mia figlia e' come se fosse stata sequestrata di nuovo'', ha commentato la sentenza la madre della piccola Denise, Piera Maggio, che ha poi aggiunto: “C'e' qualcuno che vuole gettare in fondo a un fiume questo procedimento''.

Ma in Italia di procedimenti gettati “in fondo ad un fiume”, di casi irrisolti o risolti a metà con tanti interrogativi sempre da chiarire nonostante decine di udienze processuali, così come di casi “dimenticati”, ce ne sono molti.

L'omicidio di Annarella Bracci, ad esempio, è avvenuto il 18 febbraio 1950 a Roma, nel quartiere popolare di Primavalle. Anna Maria, chiamata anche Annarella, all'epoca dei fatti  era poco più che dodicenne. Scomparve una sera dopo essere uscita da casa  per andare a comprare del carbone. La polizia non diede immediatamente importanza all'accaduto ed iniziò a cercarla dopo che i giornali cominciarono ad occuparsi del caso.  Dopo   quasi 20 giorni dalla scomparsa, il corpo di Annarella fu ritrovato in una zona, allora in aperta campagna, nei pressi di  via della Pineta Sacchetti. Prima del ritrovamento, il nonno della vittima dichiarò alla polizia di aver sognato la nipote in un pozzo, ma i sospetti si concentrarono sulla madre, Marta Fiocchi, sul suo amante e su un conoscente di famiglia, Lionello Egidi.

Le indagini accertarono che Anna Bracci fu vittima di un tentativo di stupro. La piccola adolescente oppose resistenza ma questo provocò la reazione dell'aggressore che la colpì più volte. Poi credendola morta, la gettò in un profondo pozzo per l'irrigazione dove, agonizzante, annegò. Circa una settimana dopo il rinvenimento del cadavere, Lionello Egidi confessò l'omicidio ma poco dopo ritrattò le dichiarazioni. Il successivo processo vide il suo proscioglimento per insufficienza di prove. Poi la  sua condanna in appello, a 26 anni, venne annullata dalla Cassazione.  Il delitto rimane senza colpevoli.

Simonetta Ferrero è stata uccisa all’interno dell’Università Cattolica di Milano  il 24 luglio 1971 e il suo omicidio è a tutt’oggi un caso irrisolto. Il suo omicidio è passato alla storia come il delitto della Cattolica. Simonetta la mattina in cui fu uccisa sbriga alcune commissioni: va in profumeria, si reca da un tappezziere e compra un dizionarietto di lingua francese per partire per la Corsica con la famiglia. Il suo corpo martoriato da decine di coltellate verrà ritrovato nel bagno dell’università. I genitori che l'aspettavano per pranzo non vedendola arrivare, si allarmarono e denunciarono la scomparsa al commissariato di zona Magenta. A ritrovare il suo corpo fu Mario Toso, un seminarista di 21 anni che frequentava la facoltà di filosofia, alle nove del mattino di due giorni dopo.

Sente lo scrosciare ininterrotto dell'acqua che proviene dal bagno delle donne e entrando scopre il corpo di Simonetta colpito da 33 coltellate, di cui sette mortali e dodici su ventre, collo e volto. Il corpo era ancora vestito e non vi erano segni di violenza. L'assassino ha potuto contare su molti elementi a suo favore: l'Università all'ora di pranzo era quasi deserta, si stavano svolgendo rumorosi lavori di ristrutturazione molto vicini ai bagni. Forse aveva già incontrato Simonetta di nascosto, la conosceva oppure l'aveva seguita. Ma a distanza di più di quaranta anni dall'omicidio di Simonetta, non si sa ancora chi l'abbia uccisa.

Antonietta Longo, 30 anni, domestica in servizio presso la casa di un medico a Roma viene uccisa a Castel Gandolfo, in provincia di Roma, nel 1955. Il suo omicida che ha infierito sul suo corpo, ad oggi è ancora ignoto. Il cadavere di Antonietta venne ritrovato casualmente da due uomini 5 giorni dopo, durante una gita in barca sul Lago Albano. I due si fermarono a riva e videro un cadavere femminile decapitato, nudo tranne che per un orologio al polso, in avanzato stato di decomposizione e con la parte superiore del corpo coperta da un giornale: una copia de Il messaggero con la data del giorno della sua scomparsa. I carabinieri accertarono che la donna era stata accoltellata più volte all'addome e alla schiena e infine decapitata. La testa non venne mai ritrovata. L'autopsia inoltre rilevò un aborto recente. Secondo il medico legale la testa di Antonietta fu staccata dal corpo con una tecnica che solo un medico o un esperto di anatomia conosceva. Così per un momento gli investigatori sospettarono che l'assassino fosse un medico. Ma il caso fu presto archiviato senza processo e non si riuscì a stabilire mai né il movente né l'assassino.

Ed Infine il caso di Mauro, il bambino scomparso nel nulla a Racale, Lecce nel 1977. Dopo 34 anni trascorsi tra indagini, false rivelazioni e piste che non hanno portato a nulla, la scomparsa di Mauro resta ancora un mistero. Quel 21 giugno del 1977 era un pomeriggio afoso. Mauro con il fratello Antonio, di pochi anni più grande, si trovava a casa dei nonni materni a Racale. I genitori erano partiti per Poggiomarino, un piccolo comune in provincia di Napoli, per assistere ai funerali del nonno paterno di Mauro.

Antonio si allontanò in compagnia di uno zio per assistere ad una gara ciclistica. Mauro, invece, scomparve nel nulla. Le indagini condotte dai carabinieri portarono in una località denominata “Castelforte” e in particolare ad un trullo, dove fu trovato un batuffolo di ovatta, usato presumibilmente come tampone narcotizzante. Pochi giorni dopo la scomparsa, i genitori di Mauro ricevettero diverse richieste di riscatto per 30 milioni delle vecchie lire. Le indagini portarono all’arresto di Antonio Scala, che raccontò che il piccolo Mauro era nella località di Castelforte, in custodia presso una donna con i capelli biondi. Ma questo riscontro non ebbe però alcun esito. L’uomo fu condannato per tentata estorsione. Ma del piccolo Mauro nessuna traccia, nessun colpevole.

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Nadia Francalacci