La legge elettorale più adatta agli italiani? Adesso ci pensa l'Università
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La legge elettorale più adatta agli italiani? Adesso ci pensa l'Università

Per individuarla ci vorranno tre anni di studi e test, finanziati dal MInistero della Ricerca con 300mila euro. Il modello più accreditato è quello spagnolo

Dopo tanto discutere, avanzare e indietreggiare ci siamo rassegnati: si torna a votare a febbraio con il Porcellum con la soglia di sbarramento per i piccoli partiti al 4 per cento e il premio di maggioranza a chi raggiunge il 40 per cento dei consensi. Ma sappiamo tutti che non durerà, che cambierà, che si tornerà a discutere e a correggere la legge elettorale e che i risultati saranno come al solito imprevedibili.

E se invece una volta tanto la situazione venisse ribaltata? Se trovassimo finalmente il sistema elettorale più adatto al carattere dell’Italia e degli Italiani senza procedere per aggiustamenti progressivi, opportunistici e frequenti?

Succede infatti che per la prima volta la legge elettorale è oggetto di una ricerca scientifica finanziata dal Miur. Sembra impossibile ma è proprio così: il ministero dell’Università e della Ricerca finanzia con 300mila euro il lavoro degli accademici. La politica (l’Esecutivo) chiede aiuto gli intellettuali. Coordinatrice nazionale del progetto è Gianna Iannantuoni, docente di Economia politica all’Università Bicocca di Milano dopo varie esperienze nei migliori Atenei Usa.

Quanto ci vorrà per trovare il sistema elettorale giusto per gli italiani?

Circa tre anni, ma tutto verrà scientificamente testato.

E poi? Crede davvero che i politici, in litigio perenne sul sistema di voto, abdicheranno al loro ruolo riconoscendo il vostro lavoro?

“Lo spero. L’obiettivo è lavorare talmente bene e con coscienza, sperando che poi qualche movimento di opinione, qualche gruppo, qualche sponsor politico capisca il nostro lavoro e lo recepisca. Vede, non siamo degli intellettuali matti e sognatori. Il mio progetto si basa su una precisa esperienza internazionale.

Cioè?

All’estero prima di approvare un qualsiasi cambiamento alla legge elettorale vengono effettuate simulazioni e studi accademici approfonditi. In Gran Bretagna ad esempio si sta studiando da almeno tre lustri il problema dei collegi pivotal, quelli non orientati a destra o a sinistra e su cui di fatto si concentrano tutte le risorse per le campagne elettorali. In Francia invece, esiste un progetto di analisi e monitoraggio finanziato dal governo. E negli Stati Uniti è in atto da tempo una discussione filosofica sulla rappresentanza delle minoranze.

In che cosa differisce la vostra ricerca dalle consulenze che gruppi parlamentari e uomini di governo spesso chiedono ad esperti e professori?

L’assoluta indipendenza e il carattere di scientificità. E un gruppo di lavoro che comprende anche docenti della Cattolica e dell’Università degli Studi di Verona, nonché il coinvolgimento di Jean Francois Laslier, docente dell’Ecole Polytechnique di Parigi. Lo studio non resta limitato a un solo consulente e al suo staff.  

In 50 anni l’Italia ha avuto una sessantina di governi e varie leggi elettorali. Perché non troviamo mai quella giusta?

Il sistema proporzionale della prima Repubblica rappresentava tutti, ma determinando di fatto la “dittatura” dei partitini e delle minoranze che diventavano l’ago della bilancia. Il sistema maggioritario corretto, risentiva di una vecchia della composizione dei collegi, troppo orientata a destra o a sinistra. La correzione del porcellum infine, impedisce la cosiddetta accountability, vale a dire la responsabilità e il rapporto diretto dell’eletto con il suo collegio.

Periodicamente in Italia si discute di sistema presidenziale alla francese, di elezione diretta del capo dello Stato, di ritorno al proporzionale. Quale sistema si addice di più a nostro carattere e al nostro territorio?

Siamo molto incuriositi dal sistema spagnolo, a partire dalla suddivisione dei collegi, tutti molto piccoli per arrivare al premio di maggioranza al partito che prende più voti e le coalizioni da formare prima di andare alle urne. Lo analizzeremo presto.

Perché sarebbe meglio di altri?

Garantisce la massima rappresentanza e le ridotte dimensioni dei collegi favoriscono il rapporto diretto e la responsabilità dell’eletto nei confronti del suo territorio e dei suoi elettori. Anche le minoranze sono ben rappresentate. E la possibilità di controllare di volta in volta piccole porzioni di territorio potrebbe aiutare a limitare fenomeni assai diffusi come il clientelismo e il pilotaggio dei voti.

Nell 'attesa dobbiamo accontentarci del "Porcellum"...

E' così. Ma qualcuno dovrà pur dire basta alla superficialità degli aggiustamenti progressivi. Noi ci stiamo provando.

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Antonella Bersani

Amo la buona cucina, l’amore, il mirto, la danza, Milan Kundera, Pirandello e Calvino. Attendo un nuovo rinascimento italiano e intanto leggo, viaggio e scrivo: per Panorama, per Style e la Gazzetta dello Sport. Qui ho curato una rubrica dedicata al risparmio. E se si può scrivere sulla "rosea" senza sapere nulla di calcio a zona, tennis o Formula 1, allora – mi dico – tutto si può fare. Non è un caso allora se la mia rubrica su Panorama.it si ispira proprio al "voler fare", convinta che l’agire debba sempre venire prima del dire. Siamo in tanti in Italia a pensarla così: uomini, imprenditori, artisti e lavoratori. Al suo interno parlo di economia e imprese. Di storie pronte a ricordarci che, tra una pizza e un mandolino, un poeta un santo e un navigatore e i soliti luoghi comuni, restiamo comunque il secondo Paese manifatturiero d’Europa (Sì, ovvio, dietro alla Germania). Foto di Paolo Liaci

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