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Povera laurea

In Italia si registra un calo degli stipendi reali per i laureati di primo livello e per quelli di secondo livello, rispetto all’anno precedente. E a soffrire sono di più le donne. A dirlo il rapporto AlmaLaurea

I laureati trovano lavoro in Italia, ma per guadagnare 1300 euro al mese. L’inflazione colpisce anche qui, stando al 25esimo Rapporto AlmaLaurea sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati nel nostro Paese. L’indagine mostra un calo delle retribuzioni reali del 4,1% per i laureati di primo livello e del 5,1% per quelli di secondo livello, rispetto all’anno precedente. E a soffrire sono di più le donne, che hanno l’11% di probabilità in meno di trovare lavoro dopo la laurea e quando entrano nel mercato del lavoro guadagnano in media 70 euro netti in meno al mese.

Partiamo dai dati positivi dell’indagine che ha coinvolto 281 mila laureati del 2022 e per la parte relativa al mercato del lavoro 670 mila laureati, analizzando i risultati raggiunti nel 2022 da chi si è laureato da uno, tre e cinque anni. Dopo il periodo difficile e con segno meno della pandemia, nel 2022 il tasso di occupazione è migliorato, tanto che si registrano i più alti livelli occupazionali dell’ultimo decennio. A un anno dalla laurea è del 75,4% per i laureati di primo livello (+0,9% sul 2021) e del 77,1% per quelli di secondo livello (+ 2,5% sul 2021). Se si guarda al mondo del lavoro di chi si è laureato nel 2017 si vede che oltre 9 su 10 laureati di primo livello lavorano (92,1%) e quasi 9 su 10 (88,7%) per quelli di secondo livello. Cosa incide sulla facilità di trovare un’occupazione dopo la tesi? I soggiorni di studio all’estero aumentano del 12,3% la possibilità di avere un lavoro entro 12 mesi dalla laurea, i tirocini fanno crescere le chance del 4,3%.

Altro lato positivo riguarda il tipo di contratto. È in aumento quello a tempo indeterminato, sia per chi ha finito la laurea triennale (+4,6%) sia per la magistrale (+3,9%). Meno contratti a tempo determinato e meno attività in proprio anche per i laureati da cinque anni. Resta eredità della pandemia l’uso dello smart working, che è in calo rispetto al 2021, ma che coinvolge quasi 3 laureati di secondo livello su 10. Sono buone notizie anche i tempi con cui ci si laurea (il 62,5% lo ha fatto nei tempi previsti dagli ordinamenti), l’età della laurea che è sempre più bassa (25,6 anni) e il voto elevato (in media, 104,0 su 110).

Pesano però, e non poco, la differenza di genere e le retribuzioni basse, una volta usciti dagli atenei. A un anno dalla laurea i dottori hanno l’11,7% di probabilità in più di entrare nel mondo del lavoro rispetto alle colleghe. E guadagnano in media 70 euro netti in più al mese.

Ed ecco il capitolo stipendio. Le retribuzioni mensili nette sono aumentate in termini nominali nel 2022, ma è cambiato il potere d’acquisto con il boom dell’inflazione e così gli stipendi sono in calo del 4,1% per le lauree di primo livello e del 5,1% per quelle di secondo livello. Nel 2022, a un anno dalla laurea, lo stipendio per un laureato triennale è di 1332 euro e per chi ha fatto la magistrale di 1366 euro. A cinque anni dal titolo la retribuzione mensile netta è di 1.635 euro per i laureati di primo livello e a 1.697 euro per quelli di secondo livello (rispettivamente -2,4% e - 3,3% sul 2021).

Forse è da cercare anche qui il motivo della fuga all’estero di tanti giovani. Basti pensare che un laureato che lavora all’estero guadagna 600 euro netti mensili in più rispetto a chi lavora nel Sud Italia. E nel nostro Paese così il mismatch (il disequilibrio tra domanda e offerta) cresce. Mancano i laureati. Secondo i dati di Unioncamere e Anpal nel 2022 il 47% dei profili richiesti dalle aziende per le assunzioni è risultato difficile da trovare, ci sono voluti mesi e non sempre la ricerca è andata a buon fine. Al primo posto mancano i laureati in indirizzo sanitario paramedico, poi quelli in ingegneria elettronica e dell’informazione, a seguire quelli in scienze matematiche, fisiche e informatiche.

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Cristina Colli