Grandi opere: quali sono, chi le vuole e chi no
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Grandi opere: quali sono, chi le vuole e chi no

Dalla Tap alla Tav passando per il Terzo Valico e il Ponte sullo Stretto il tutto tra favorevoli e contrari

Le Grandi Opere sono uno dei temi entrali dell'agenda politica ma anche dell'opinione pubblica come dimostra il successo della manifestazione "Si-Tav" capace di radunare a Torino più di 30 mila persone. Un tema che però divide le forze di Governo.

Le due anime del Governo sul tema Grandi Opere

Più, però, i mesi passano più queste proposizioni perdono di contenuto e diventano contenitore vuoto di un accordo sulle infrastrutture che nei fatti non c'è.

Se infatti Movimento 5 stelle e Lega Nord sono storicamente due rette destinate a non incontrarsi, lo sono sul tema delle cosiddette Grandi Opere, ovvero quelle infrastrutture dal grande impatto economico, urbanistico ma anche politico e diplomatico delle quali si parla da anni tra passi avanti e balzi indietro.

Il nodo della Tav

La Tav, per esempio. Sabato 10 novembre in piazza a Torino oltre 25.000 persone hanno manifestato per dire sì alla costruzione delle linea ad alta velocità destinata a unire Torino a Lione. L'intero Piemonte produttivo ha preso soprabito e cappello per spiegare che da un punto di vista economico e imprenditoriale l'alta velocità sarà una manna dal cielo.

"La borghesia ha rialzato la testa" ha tuonato Beppe Grillo dalle pagine del Fatto Quotidiano ribadendo il NO del Movimento alla Tav così come alla stragrande maggioranza dei Titani delle Grandi Opere che minacciano impetuosi l'apparente calma che c'è sul monte Olimpo del Governo

Matteo Salvini - che deve fare i conti con la sua di base fatta per lo più di lavoratori e imprenditori del Nord - ha sottolineato di voler rispettare gli accordi di Governo ma ha anche ribadito "La Tav va fatta, non ha senso lasciare le cose a metà". 

Del resto nel documento di programmazione firmato dell'esecutivo giallo-verde, a proposito di Tav, si diceva che si sarebbero ridiscussi gli accordi con la Francia che vuol dire tutto e niente perché l'esito di quel confronto non era implicito nel patto.

Una Tav per una Tap

Con la stessa fermezza di Salvini,Di Maio ha ribadito l'intenzione di "sospendere i lavori" dell'Alta Velocità che sembra un bel modo per tenere calma la base (l'elettorato pentastellato è quello del No, a prescindere) e far digerire il boccone amaro del sì alla Tap. Perché lì, sul gasdotto Trans-Adriatico, il Movimento può far poco e gli abitanti di Melendugno, in provincia di Lecce, se ne dovranna fare una ragione. 

Quel gasdotto, infatti, permetterà all'Italia di diventare uno dei principali hub energetici del Vecchio Continente nonché la porta di ingresso del gas azerbaigiano nel mercato europeo.

Sdoganarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia è la priorità per l'intero Occidente del mondo. Lo voleva Obama, lo sta cercando Trump e l'Italia (con il rispetto per Melendugno e per l'impatto ambientale) è solo una tessera di un mosaico molto più grande di lei.

Di Maio e i suoi con il no alla Tap avevano guadagnato una bella fetta di consensi in Puglia e nonostante abbiano ammesso che "Dopo aver letto i fascicoli abbiamo capito che il gasdotto va fatto" in tanti ricordano che i fascicoli vanno letti anche prima di diventare maggioranza perché una vera opposizione va fatta con consapevolezza politica, non a colpi di slogan.

Quindi, accantonata l'ipotesi di fermare la Tap, con la Tav i grillini ci si giocano la credibilità. A questo punto pare che anche una sospensione dei lavori in attesa di non meglio indentificati risultati dello studio tra costi e benefici potrebbe essere un modo per calmare gli animi della base che bramano il ritorno di Di Battista per riprendere le storiche battaglie del movimento come quella sul Ponte sullo Stretto.

Ponte sullo stretto

Secondo il "Che" a cinque stelle l'unico motivo per cui i Governi che si sono succeduti a Roma hanno voluto approvare il progetto di costruzione del Ponte che unisce la Sicilia al resto della penisola è per favorire le mafie del Meridione.  La posizione ufficiale della Lega, invece, è quella che ritiene l'opera "stretegica", ma da inserire in una più ampia revisione delle infrastrutture dell'isola mantenendo la trasparenza dei conti.

Il braccio di ferro tra Lega e Movimento 5 Stelle sul tema infrastrutture, rischia, quindi, di bloccare una serie di cantieri che, seppure a rilento, procedevano in Italia. 

Le grandi Opere al Nord

Partendo da Nord si parla dell'autostrada Pedemontana tra Veneto e Lombardia fiore all'occhiello dei Governatori leghisti Zaia e Fontana che ne fanno un vanto, una missione e soprattutto un grande investimento sia in termini di indotto sia in termini di lavoro dato a chi quei tratti li deve completare.

Molti soldi sono stati spesi e molti altri vanno trovati. Per il Movimento 5 stelle si tratta di denaro buttato via e nell'accordo di Governo la parola "Pedemontana" non compare nemmeno nel capitolo 27, quello, appunto, dedicato alle infrastrutture.

Anche sul Mose (la grande diga galleggiante che dovrebbe salvare Venezia dalle inondazioni) le posizioni sono divergenti. I costi sono superiori ai benefici, secondo i grillini che si scontrano con lo spirito leghista di chi dice: le cose a metà non si lasciano.

Il nodo Genova

Spostandosi verso Nord Ovest il niet del M5S è anche per il cosiddetto Terzo Valico ferroviario tra Milano e Genova opera d'importanza strategica per uomini e merci.

Degli 8,2 miliardi necessari al completamento dei lavori quasi tutti sono stati stanziati ma, nel cosiddetto decreto Genova del post Morandi i fondi per il Terzo Valico sono stati ridotti così come le assunzioni di operai per i cantieri. E anche in questo caso mentre la Lega cerca di spingere per l'accelerazione, il Movimento 5 stelle rema nella direzione opposta e la stessa dinamica si ripete anche per la cosiddetta Gronda di Genova, la rete autostradale che, da Genova, dovrebbe rivoluzionare la viabilità nel nord Italia.

Le Grandi Opere del Sud

E poi andando verso Sud messe in discussione sono anche l'Alta velocità tra Napoli e Bari (costo previsto 5,8 miliardi) e la linea Palermo-Messina-Catania (6 miliardi), ma anche la dorsale adriatica tra Bari e Pescara (1,3 miliardi).

La carenza infrastrutturale del meridione d'Italia potrebbe far sì che, tra un colpo al cerchio e uno alla botte, il Governo decida di procedere al compimento di queste opere a scapito di altre che potrebbero rimanere solo sulla carta come la linea ad alta velocità tra Verona e Brescia, il collegamento autostradale Tirreno-Brennero, il rafforzamento della rete intorno a Firenze o l'austostrada del basso Lazio.

La partita è sempre più complessa e gli equilibri in gioco sono tanti così come i soldi e i posti di lavoro in ballo. A guardare le carte sul tavolo della partita delle Grandi Opere si capisce che è qui che si gioca davvero la tenuta di un Governo che, a fronte dei tanti slogan lanciati un po' da tutti nelle più disparate direzioni, si ritrova ora a fare i conti con una realtà dei fatti che è molto più articolata di quella urlata dai microfoni dei palchi elettoriali.

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Barbara Massaro