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(Ansa)
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Caccia all'Uomo e al fantasma del «patriarcato»

Nelle analisi dopo l'omicidio di Giulia Cecchettin si sentono considerazioni che non hanno senso

«È la scia salviniana… Ogni uomo ha sentito in questi giorni l’esigenza di dire: «Attenzione, io No. Attenzione io posso assolvermi». Quel no talk man è parte integrante della nostra cultura, della cultura dello stupro, che ha insegnato agli uomini ad assolversi nel caso in cui non arrivino ad uccidere una donna. Quello che determina le responsabilità di una categoria intera è il gene di appartenenza. Non conta che un uomo uccida una donna; non conta che un uomo stupri una donna; il problema è che la cultura patriarcale viene inserita nel biberon dei maschi, da quando nascono. ed in questo senso li costruiscono ad esercitare un potere da cui non si possono sottrarre…».

Valeria Forte (sottopanciata come Scrittrice) ha detto queste testuali parole ieri sera nello studio di Quarta Repubblica. Si parlava ovviamente dell’omicidio di Giulia Cecchettin da parte del suo ex fidanzato, Filippo Turetta e l’analisi della ospite è chiara e semplice: è colpa degli uomini, dell’uomo, per ragioni genetiche e di biberon. Davanti a considerazioni così nette cerco sempre di fare per prima cosa mea culpa, di vedere se il gene del male atavico maschile giri anche nelle mie cellule. Ho ripensato alla cultura della mia famiglia e, allargando il tiro, del mio paese. Certo, una, due generazioni fa il maschio dominava, e molto più di oggi. Di conseguenza, mi sono detto, chissà quanti erano i femminicidi negli anni 40 o 50. MI aspettavo dati da strage sociale; invece no. Erano meno, molto meno, ma molto meno. Mi sono poi guardato attorno; ho pensato ai più evoluti e moderni paesi del nord Europa, quelli a cui guardiamo come modello di modernità soprattutto per i diritti civili. Anche in questo caso la considerazione conseguente è stata: “beh, da loro i femminicidi si conteranno sulle dita di una mano”. No. Il tasso di omicidi che vedono come vittime delle donne è superiore rispetto al dato italiano. In Europa siamo tra gli ultimi, dopo di noi solo due paesi e anche nel mondo, tra le grandi nazioni del G20 siamo tra quelli dove la situazione è migliore che altrove.

Il patriarcato sicuramente ha lasciato un’impronta ma ora le cose sono cambiate. L’uomo, il maschio, non è più quello di una volta e per fortuna non lo sono nemmeno le donne. L’uomo, il suo gene, non è il colpevole della morte di Giulia. Il colpevole è Filippo. Punto. Che poi ci sia ancora molta strada da fare è evidente, ma generalizzare ad un gene è assurdo.

Ps. A proposito di patriarcato, questa cultura e modello di società che secondo Valeria Forte sarebbe l’origine di tutti i mali… bene. ieri, sempre in tv, nella sua trasmissione “Otto e Mezzo” la conduttrice, Lilli Gruber ha detto che in Italia «c'è una forte cultura patriarcale che questa destra destra al potere non sta contrastando tanto». La Presidente del consiglio, cresciuta senza padre e che da poco è tornata single, ha postato una foto con quella che è la sua famiglia: nonna, mamma e figlia. Di geni maschili nemmeno l’ombra. Giulia e la sua morte meritano più serietà, competenza, se non il silenzio.

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Andrea Soglio