Usa: tra ricatti e compromessi, il Congresso rischia la paralisi
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Usa: tra ricatti e compromessi, il Congresso rischia la paralisi

Nella dialettica congressuale l’etica viene in secondo piano rispetto all’agenda politica. Ma questa linea non è certo un’invenzione di Trump

Con Donald Trump è difficile cercare di ragionare razionalmente. Lo shutdown patito dalla sua presidenza (3 giorni) non è nemmeno paragonabile a quello patito dalla presidenza Obama (16 giorni), eppure ha fatto molto più scalpore.

Ne sta facendo ancora, per la maniera con la quale è stato risolto. Se The Donald non fosse The Donald, probabilmente avrebbe ricevuto un plauso da osservatori e commentatori per la capacità di mediazione messa in campo e la rapida soluzione della crisi.

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Invece, siccome The Donald è sempre più The Donald, è proprio la sua exit strategy che ha destato preoccupazione e ha fatto addirittura parlare qualcuno di ricatto. Ricatto per cosa? Sembra che Trump abbia dovuto fare concessioni ai Democratici sul tema scottante dei Dreamers per ottenere la fine del blocco federale, una misura che (accadde anche con Obama) l’opinione pubblica americana vede col fumo negli occhi.

Ma, se i Dreamers sono stati la materia di scambio per la soluzione della crisi, le ragioni alla base dello shutdown rimangono intatte. Ecco perché Trump, questa la narrazione più diffusa, avrebbe messo sul tavolo della trattativa la cittadinanza per quasi due milioni di clandestini in cambio del fondo per la costruzione dell’ormai celebre muro col Messico. Ecco il ricatto. E’ allora opportuno fare qualche puntualizzazione:

1. Il muro con il Messico esiste già. Per la precisione ne esistono tre: in California, in Texas, in Arizona. Accanto a questi muri artificiali ci sono poi i muri naturali rappresentati dai deserti (come ad esempio il Sonora), dove ogni anno muoiono svariati migranti non solo messicani, ma in arrivo da tutta l’America Latina. Non per nulla questi muri, già oggi, sono noti come i Muri della Vergogna.

2. Trump vuole implementare questo progetto esistente e probabilmente trasformarlo in una barriera di cemento in quei tratti, comunque invalicabili, che oggi sono costruiti "solo" con filo spinato elettrificato e altri materiali. Il fondo da 25 miliardi di dollari serve a questo scopo.

3. E’ un ricatto mettere il Muro sullo stesso piano con la cittadinanza per cosiddetti clandestini, molti dei quali già integrati con l’economia e la società americana? Ricatto è forse dire troppo, certo è una proposta audace, dove l’etica viene in secondo piano rispetto all’agenda politica. Ma questi strumenti non sono un’invenzione di Trump: è come funzionano i rapporti di forza al Congresso Usa da sempre.

4. Trump, infine, dovrà convincere i "suoi" deputati e senatori repubblicani, molti dei quali iper-conservatori, a votare per la legalizzazione dei clandestini. Il passaggio non è scontato e dimostra semmai come, certo con mezzi ideologici assai grezzi, il Presidente stia cercando di far funzionare il Congresso. Ma, come si diceva al principio, Trump rimane Trump, per cui anche se riuscisse a scongiurare l’impasse con una serie di compromessi spericolati e moralmente "sportivi", le sorprese sono sempre dietro l’angolo.

Come spiegherà ora la conferma che, nel giugno scorso, voleva licenziare Robert Mueller e fu stoppato solo dalla minaccia di dimissioni di un’alta figura all’interno della Casa Bianca? Lo spiegherà probabilmente col suo inconfondibile linguaggio e soprattutto con la sua forma mentis, che poi si traduce nel caro e vecchio adagio degli avventurieri: navighiamo a vista. Anche sulla neve di Davos? E perché no guys…

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Alessandro Turci

Alessandro Turci (Sanremo 1970) è documentarista freelance e senior analyst presso Aspenia dove si occupa di politica estera

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