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Strage di Nizza, perché il terrorismo non ha religione

Che sia affiliato all'Isis o un lupo solitario, il killer di Nizza ha commesso un atto terroristico. In nome di chi e perché?

Angosciante e disumana. Quella di Nizza è l’ennesima strage che fa gelare il sangue nelle vene. Un terzo delle vittime sono bambini, i più innocenti tra gli innocenti.

L’autore dell’attentato di bambini ne ha tre. Anch’essi innocenti, che però porteranno per sempre impressa a fuoco nel loro nome la colpa di essere gli orfani di un assassino spietato, di un terrorista.

Perché Isis o no, chi è capace di tanta crudeltà, chi, volontariamente, condanna a morte civili inermi, non può che essere considerato tale.

E lasciamo stare Dio e lasciamo stare Allah, perché continuare ad attribuire una religione al terrorismo e a questi atti scellerati è una scorciatoia di comodo, un modo per non analizzare a fondo il problema, che non permette, di conseguenza, di conoscerlo realmente per poterlo poi sradicare.

Nel mondo ci sono le guerre, dove c’è un Paese o una coalizione che dichiara guerra a un altro Paese, dove, in mezzo all’orrore, si capisce chi è contro chi.

Oggi esiste il terrorismo internazionale, con un cervello centrale che non ha una sede, non ha una vera rappresentanza, ha un’identità liquida e in continuo mutamento. Un fenomeno devastante che sta provocando morte e tensione ovunque, e che continua a nutrirsi e fare proseliti.

La logica del “divide et impera” sta avendo la meglio, tutti odiano tutti e tutti si sentono minacciati. Ognuno ha le sue ferite da leccare a causa di questi incessanti attentati.

Tutti hanno paura e identificano il nemico con l’islam e gli immigrati, riducendo il problema a una questione di diversità ideologica e scatenando una guerra tra poveri.

Come se non fosse vero che la maggior parte delle vittime degli attentati terroristici nel mondo sono musulmani e come se non fosse vero che dopo ogni strage di innocenti si scatena un’ondata di odio che prende di mira proprio i fedeli di Allah.

Cosa avrebbero, quindi, da guadagnarci? Oggi nei sermoni del venerdì in molte moschee, anche in Italia, si è tornati a condannare il terrorismo.

Tra i musulmani c’è paura, sia di essere vittime di un attentato, che di essere additati, emarginati e guardati con sospetto. Per i terroristi l’islam è un collante, una bandiera di comodo, un aggregatore, l’unico elemento identificativo delle loro personalità a mezz’aria.

Per fermarli bisogna aprire gli occhi e cambiare strada e strategia. Bisogna farlo cominciando a bloccare le sue fonti di sostentamento e i suoi canali di comunicazione. Lasciando perdere il complottismo, bisogna però prendere atto che siamo di fronte a un progetto di terrore globale che non ha i contorni certi e che per questo è tanto difficile da circoscrivere e fermare.
Oggi le madri mediorientali guardano allibite le immagini e piangono per quei piccoli di Nizza strappati alla vita con tanta crudeltà, senza un perché.

Quelle stesse madri che continuano a vedere morire i propri figli sotto le bombe, stremati dall’assedio, o annegati in mare nel tentativo disperato di una fuga. E la domanda si pone da sola.

Alla loro madre, a colei che ha dato loro la vita, questi criminali, hanno mai pensato? O sono solo tanto accecati dal culto della morte? Di morti, a Nizza, se contano oltre ottanta e ora tutti si chiedono chi saranno le prossime vittime. Si può davvero vivere così?

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BORIS HORVAT/AFP/Getty Images
Il camion del killer di Nizza trivellato di colpi dalla polizia - 15 luglio 2016

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