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La sciagura del volo Air France 1611: storia della "Ustica francese"

L'11/9/1968 il volo Ajaccio-Nizza si inabissava. I parenti delle vittime sostengono da sempre la tesi del depistaggio per un missile partito per errore. E chiedono di togliere il segreto militare

Esattamente cinquant'anni fa, al largo di Nizza, si consumava una sciagura aerea in cui persero la vita 95 persone. Mentre le indagini ufficiali parlarono di una fatalità, i parenti delle vittime sostennero per decenni la tesi del depistaggio da parte delle Autorità militari francesi, che avrebbero occultato le prove di un errore durante una sessione di tiro dal poligono dell'Ile du Lévant. Una vicenda che per molti versi può ricordare la strage di Ustica del 27 giugno 1980.

Aeroporto di Ajaccio-Campo dell'Oro. Ore 9:02 dell'11 settembre 1968

Il Sud-Aviation Se-210 Caravelle III dell'Air France marche F-BOHB (Hotel-Bravo) attende il via libera della torre di controllo per iniziare il volo verso l'Aeroporto di Nizza-Cote D'Azur. Il volo AF1611 ha imbarcato 89 passeggeri e 6 membri dell'equipaggio per il viaggio di routine stimato in circa 45 minuti.

Il volo procede senza intoppi fino alle ore 9:31 quando il Comandante comunica alla torre di controllo di Nizza di avere un incendio a bordo. Il Caravelle è già in vista della costa e della città quando la torre fa scattare la procedura di emergenza. Un minuto più tardi dalla cabina di pilotaggio il drammatico audio: "On va crasher si ça continue…".

L'ultima eco radar alle 9:33. Poi, nonostante i tentativi di ricontattare il volo AF1611 per altri 4 minuti, il segnale scompare per sempre dai monitor della torre di Nizza.

Hotel-Bravo si era inabissato a circa 22-25 miglia nautiche a Sud della pista 05 dell'Aeroporto Nice-Cote D'Azur.

Le ricerche partirono subito, ostacolate però dalle condizioni del mare e per la visibilità ridotta, sino a quando alcuni  frammenti galleggianti sono individuati da un Constellation SAR poco dopo le 11 del mattino.

Le ricerche dei frammenti del volo AF1611 saranno lunghe e difficoltose, a causa della difficoltà di individuazione dell'esatto punto d'impatto dell'aereo e per l'effetto delle forti correnti marine nel tratto di mare interessato.

Dopo il recupero di frammenti dei propulsori inviati a Parigi e Londra per le analisi radiografiche, le Autorità inquirenti si affrettarono ad escludere categoricamente gli effetti di qualsiasi agente esplosivo all'origine dell'incidente.

L'affermazione rimarrà invariata fino alla relazione finale nel 1972 e all'archiviazione nel 1976.

La tesi degli inquirenti

Sulla base degli esami effettuati sui resti del Caravelle, che sarebbe precipitato integro ad una velocità eccessiva di circa 500-600 nodi (oltre 1.000 km/h) ed in base alle registrazioni effettuate durante la fase finale del volo, le cause dell'incidente sarebbero state individuate nei danni causati da un incendio provocato dalla combustione di un cestino dei rifiuti nella toilette di coda, dovuto verosimilmente dalla combustione di una sigaretta.

Il 21 settembre 1968, appena 10 giorni dopo la sciagura, il settimanale francese "Paris Match" ipotizza per la prima volta la tesi dell'abbattimento a causa di un missile, svelando che nella zona dove l'aereo si inabissò fossero in corso esercitazioni di tiro. Fu allora che i parenti delle vittime cominciarono a fare pressioni per avere chiarezza, a seguito anche delle dichiarazioni di alcuni testimoni presenti quel giorno su imbarcazioni, che avrebbero visto un "lampo" colpire la sagoma del Caravelle prima dello schianto in mare.

La chiusura delle indagini alla metà degli anni '70 non impedirà all'Associazione dei parenti delle vittime di proseguire nella contro-inchiesta, che nel 2009 (a 40 anni dal disastro) arriverà ad una svolta grazie alla dichiarazione spontanea di un testimone-chiave.

Il superteste Michel Laty. L'Esercito ha depistato le indagini

Michel Laty, malato terminale di cancro, segue da vicino il calvario dell'Associazione dei parenti che lottano contro il muro di gomma delle Autorità d'oltralpe. Conscio del poco tempo che gli resta da vivere, decide di parlare. L'11 settembre 1968 Laty era Segretario militare presso lo Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare francese di Tolone. Quella mattina ricevette un telegramma riservatissimo che annunciava il dramma del Caravelle. Fatto strano, poiché solitamente quel tipo di comunicazioni avvenivano tra enti civili. Poco dopo, il testimone avrebbe ricevuto l'ordine di trasmettere la risposta al mittente. Quello che Laty scrisse quel giorno non pareva lasciare dubbi: si spiegava che il volo AF 1611 "si era trovato a transitare nella zona di esercitazioni di tiro terra-aria al posto di un'aereo-esca". Si raccomandava pertanto il mantenimento del più stretto riserbo, ossia il "segreto militare". Il fatto che il Caravelle non fosse esploso in volo fu dovuto al fatto che il presunto missile non sarebbe stato armato di carica esplosiva. Tuttavia, l'impatto con uno dei motori e il danno conseguente avrebbero fatto precipitare il velivolo già in fase di discesa verso l'aeroporto che non raggiungerà mai.

A cinquant'anni dalla tragedia. La verità è (forse) vicina

A nulla valsero, fino alle dichiarazioni di Laty (morto poi alla fine del 2011) le richieste di riapertura delle indagini del 2006 e 2008.

A seguito di una denuncia dell'Associazione parenti nei confronti del Ministero della Difesa per "occultamento aggravato di prove e depistaggio", il 20 marzo 2012 la Procura di Nizza disponeva la riapertura del caso. Nel 2018, dopo un altro interminabile iter, il Giudice Istruttore Alain Chenana dispone la richiesta di desecretazione. I ministeri sono guidati da Edouard Philippe ed quello dell'Interno di Gérard Collomb, il quale ha risposto confermando l'attivazione della Commissione sui segreti della Difesa, che avrà due mesi di tempo per dare una risposta. E, si spera, anche la pace per le vittime ed i loro parenti nel limbo da mezzo secolo.

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Edoardo Frittoli