Matteo Renzi alla Knesset, con Benjamin Netanyahu
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Accordo sul nucleare iraniano, Israele ha le mani legate

Tel Aviv non ha gradito l’abbraccio USA all’Iran: la paura è sulle clausole che tutelano Teheran dall’occhio indiscreto degli ispettori AIEA

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Nei giorni della visita del premier italiano Matteo Renzi in Israele, emergono nuovi elementi riguardo l’accordo sul nucleare iraniano raggiunto dall’Iran e dalle potenze mondiali il 14 luglio. Il primo chiama direttamente in causa Benjamin Netanyahu, il quale per necessità ha dovuto cambiare tattica nel confronto con Teheran. Il primo ministro israeliano ha infatti rinunciato al tentativo di convincere la maggioranza dei legislatori degli Stati Uniti a votare pollice verso sull’accordo, fatto che avrebbe avuto quale contromossa legislativa il veto presidenziale, come peraltro già annunciato dallo stesso presidente Barack Obama.

Essendo le possibilità di successo di Netanyahu molto scarse in partenza, Israele ha turato il naso in sede ONU e così l’accordo è stato poi speditamente approvato all’unanimità sia dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sia dall’Unione Europea lunedì 20 luglio 2015. La tenacia israeliana è però nota al mondo e, infatti, il premier Netanyahu non ha alcuna intenzione di fare altre concessioni o passi indietro.

 

Secondo fonti ben accreditate, citate anche dal sito israeliano Debkafile, il governo di Tel Aviv prevede adesso di supportare l’iniziativa di alcuni deputati che intendono presentare al Congresso degli Stati Uniti una proposta di legge che specifichi nel dettaglio quali sanzioni eventuali verranno comminate all’Iran d’ora in avanti e quale durata avranno, in caso di difformità rispetto all’accordo firmato. Il Congresso USA dovrebbe cioè specificare, attraverso questa legge, i confini precisi entro i quali l’Iran si potrà muovere e oltre i quali non potrà andare, pena nuove ammende.

 

L’ANALISI: I DETTAGLI DELL’ACCORDO SUL NUCLEARE IRANIANO

 

Di particolare interesse, per Tel Aviv, sono però altri accordi. E cioè i contratti bilaterali che le singole potenze hanno siglato parallelamente alla storica intesa; in particolare, gli allegati segreti che l’amministrazione USA ha firmato con Teheran, che non saranno rivelati pubblicamente. Sul banco deli imputati, è finito l’accordo con l’AIEA (l’International Atomic Energy Agency che agisce per conto delle Nazioni Unite), il quale, a detta di Netanyahu, è stato redatto in termini “estremamente economici” e “abbastanza generici”, tali da lasciare a Teheran eccessivi spazi di manovra e la libertà di violarlo senza incorrere in ulteriori sanzioni. Nello specifico, sono le regole che riguardano il monitoraggio degli impianti nucleari iraniani da parte degli ispettori internazionali che Tel Aviv reputa troppo blande e vaghe.

Non è tutto. Il 23 giugno scorso, prima della storica firma tra Iran e P5+1, il Majlis (l’Assemblea consultiva islamica, ovvero il parlamento iraniano) aveva votato per vietare agli ispettori AIEA l’accesso ai siti militari e lo svolgimento d’indagini sugli scienziati iraniani, come parte di un qualunque accordo futuro con le potenze mondiali sul programma nucleare di Teheran. La legge è stata approvata a stragrande maggioranza, con un totale di 199 deputati sui 213 presenti (in totale sono 290 i parlamentari iraniani). A seguito di questo voto, il 12 luglio, due giorni prima della firma di Vienna, ha preso corpo anche il “Nuclear Achievements Act”, voluto dal presidente Hassan Rouhani per regolamentare la questione nucleare. In quell’atto, è stata riaffermata la piena accettazione della legge parlamentare del 23 giugno.

 Insomma, Israele punta il dito direttamente contro gli USA e l’AIEA, rei di aver firmato un pessimo accordo che, insieme ai suoi allegati segreti e alle leggi nazionali, potrebbe offrire all’Iran la concreta possibilità di continuare a condurre attività segrete che l’intelligence degli Stati Uniti non sarebbe tenuta a controllare. Anzi, esiste persino una clausola specifica nel corpo principale dell’accordo (capitolo 10, pagina 142), che implica l’impegno da parte di Washington e degli altri firmatari ad adoperarsi per “salvaguardare gli impianti nucleari iraniani contro attacchi terroristici, e tentativi di danneggiamento o di sabotaggio esterni”.

 Come a dire che Israele avrebbe le mani legate nel tentare di boicottare (come già avvenuto in passato) gli ulteriori passi in avanti di Teheran in materia di energia atomica. Il governo Netanyahu è dunque spalle al muro, ma c’è da credere che la “partita nucleare” non sia finita qui.

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Luciano Tirinnanzi