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(Ansa)
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La vita esentasse dei diplomatici italiani

Oltre alla tassazione di fatto zero sullo stipendio vanno aggiunti anche benefici nelle spese quotidiane

Provate ad immaginare che da domani dalla vostra paga sparissero tutte le trattenute. Come vi sentireste? E adesso provate a pensare che tutti gli acquisti personali e per la casa fossero senza iva o imposte varie, insomma, con uno sconto di almeno il 20%. Ebbene secondo le normative internazionali gli ambasciatori e gli agenti diplomatici hanno diritto a tutto questo perché non sono soggetti ad imposte al di fuori dei confini nazionali in cui svolgono la loro attività. Stipendi che a seconda del ruolo ricoperto arrivano anche a 20mila euro al mese lorde per chi svolge il suo lavoro in Italia ma si trasformano immediatamente in nette negli altri stati in cui si è chiamati a ricoprire il ruolo di ambasciatore. Allo stipendio degli ambasciatori si deve anche aggiungere il diritto di abitazione che prevede alloggi molto lussuosi e le spese di rappresentanza che possono arrivare anche a 20mila euro al mese. Ma non finisci qui, tra le varie agevolazioni a cui è soggetto chi intraprende la carriera diplomatica c’è come abbiamo anticipato anche l’esenzione dell’IVA sugli acquisti istituzionali.

Nel dettaglio secondo i dati tabellari del Ministero degli Esteri chi arriva al livello intermedio tra i cinque gradi diplomatici, come ad esempio il consigliere d'ambasciata, può contare su uno stipendio lordo di tredici mensilità di 65.840 euro, che si elevano fino a 133.942 euro all'anno. Mentre per quanto riguarda la base stipendiale per la figura al vertice della carriera diplomatica, come l'ambasciatore di grado o il segretario generale di rappresentanza diplomatica, si parla di 240.000 euro lordi l'anno.

Retribuzioni decisamente superiori ai colleghi europei come nel caso dell’ambasciatore tedesco a Roma che percepisce uno stipendio di circa 124mila euro lordi mensili più un bonus assegnato in base alla zona in cui si viene chiamato a ricoprire l’incarico, in questo caso l’Italia (area "Zonenstufe 1", ossia a basso rischio), di 2.183,56 euro.

«I membri delle rappresentanze diplomatiche estere e delle organizzazioni internazionali godono di benefici fiscali previsti sia dalle norme internazionali che dalla normativa italiana»- commenta l’avvocato Giuseppe Mongiello, dottore commercialista studio Tonucci & partners esperto in diritto tributario

Qual è la norma nello specifico?

«Con riferimento ai redditi percepiti dai dipendenti di ambasciate e consolati italiani all’estero (compresi ambasciatori e consoli) l’art. 49 della Convenzione di Vienna prevede la completa esenzione fiscale dei redditi dei membri delle Ambasciate e dei Consolati, a prescindere dalla nazionalità e dal Paese di residenza.La disciplina internazionale si pone in parziale contrasto con la normativa domestica secondo la quale l’esenzione dall’IRPEF vale solo per i redditi degli ambasciatori, dei diplomatici e degli impiegati (questi ultimi sono a condizione di reciprocità) degli Stati esteri accreditati in Italia che non siano cittadini italiani, né italiani non appartenenti alla Repubblica.In forza di ciò l’Agenzia delle Entrate ha avviato numerose attività di accertamento sui redditi percepiti dai dipendenti delle ambasciate e consolati italiani all’estero, poggiando la ripresa a tassazione sul principio generale sancito dagli artt. 2 e 3 del successivo D.P.R. n. 917/1986 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), secondo cui sono sottoposti a tassazione in Italia i redditi di tutte le persone fisiche residenti o domiciliate nel nostro paese (principio della Word Wide Taxation).Tuttavia, La Costituzione italiana, agli articoli 10 e 11, stabilisce la supremazia delle norme internazionali sulle disposizioni nazionali con esse contrastanti e la conseguente inapplicabilità di queste ultime.Ne deriva che il contrasto tra le due discipline dovrà essere risolto in senso favorevole alla disciplina internazionale, la quale prevede la completa esenzione fiscale».

Quali sono le categorie interessate?

«Tra le categorie di lavoratori interessati dalla disciplina di esenzione vi rientrano ambasciatori, consoli e, più in generale, tutti gli agenti diplomatici.Per quanto riguarda invece il personale non diplomatico impiegato nelle ambasciate e nei consolati (dall’impiegato all’archivista, dall’interprete all’addetto delle pulizie), l’esenzione è ammessa solo a condizioni di reciprocità. Infatti, ai sensi dell’art. 4, co. 2 del DPR n. 601/73 l’esenzione è riconosciuta al personale delle rappresentanze diplomatiche estere in Italia solo ove la medesima esenzione sia riconosciuta anche nell’altro Stato estero ai dipendenti delle rappresentanze diplomatiche italiane»

Secondo lei perché è stata applicata questo tipo di esenzione?

«La ratio della norma è quella di garantire l'effettiva realizzazione degli scopi delle missioni diplomatiche e delle organizzazioni internazionali, favorendo la libertà di espressione e la cooperazione internazionale.L'esenzione fiscale rappresenta un incentivo per i soggetti in questione a svolgere il proprio lavoro nel migliore dei modi, senza condizionamenti esterni ed in totale terzietà e imparzialità».

Ci sono sono state delle polemiche su questo?

«L'equità della disciplina è oggetto da tempo di ampio di dibattito addirittura sfociata in una interrogazione parlamentare (n 05-01715 del 2019).Alcuni ritengono che i membri delle rappresentanze diplomatiche estere e delle organizzazioni internazionali godano di privilegi rispetto ai cittadini comuni.Tuttavia, è importante considerare che l'esenzione fiscale sui redditi percepiti rappresenta uno strumento utile per garantire l'efficace svolgimento delle attività diplomatiche e internazionali».

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Linda Di Benedetto