Usa-Ue, l'accordo commerciale e i vantaggi per l'Italia
Economia

Usa-Ue, l'accordo commerciale e i vantaggi per l'Italia

Aumento dell'interscambio nel breve periodo, crescita e benessere nel lungo

Dall'Irlanda del Nord arriva la notizia che Stati Uniti e Unione Europea hanno confemato l'interessa a lavorare insieme alla definizione di un accordo commerciale transatlantico, grazie al quale potrebbe essere creato un asse in grado di controllare la metà degli scambi commerciali mondiali. Non è certo la prima volta che si parla di un accordo di questo tipo: già a febbraio, il Presidente americano Barack Obama aveva sottolineato nel suo discorso sullo Stato dell'Unione che gli Stati Uniti avrebbero aperto "negoziati per una partnership sul commercio e l'investimento transatlantico con l'Unione Europea", nella convinzione che un "commercio libero ed equo attraverso l'Atlantico" avrebbe sostenuto milioni di posti di lavoro in America.

E' indubbio che un eventuale accordo commerciale Usa-Ue darebbe vita alla più grande piattaforma commerciale del mondo, così come è evidente che l'interesse dell'Occidente a ridurre le barriere doganali e a facilitare il trasferimento di merci e investimenti in generale sia funzionale al raggiungimento di un altro obiettivo: quello di contrastare l'espansione degli emergenti

Questi ultimi si sono affermati sui mercati globali grazie a politiche di prezzo che hanno reso le loro produzioni particolarmente convenienti. Ebbene, in una congiuntura particolarmente negativa come quella attuale, Bruxelles e Washington sembrano essere d'accordo sul fatto che grazie alla cooperazione, che in questo caso renderebbe le importazioni all'interno della nuova area transatlantica molto più economiche, possa essere possibile uscire prima dalla crisi puntando sull'interscambio commerciale, che andrebbe a sua volta a stimolare la produzione industriale sia negli Stati Uniti sia in Europa.

Anche se l'accordo commerciale transatlantico ha già raccolto l'entusiasmo di molti, e in particolare di Francia e Inghilterra, che già pontificano sulle sue implicazioni a livello di crescita e benessere (il portavoce del Primo Ministro inglese David Cameron che un accordo di questo tipo porterebbe agli Stati Uniti benefici quantificabili in 134 miliardi di dollari, che salirebbero a 157 in Europa), sbilanciandosi quindi a raccomandare a Washington e Bruxelles di chiudere l'accordo quanto prima, auspicabilmente entro la fine del 2014, queste cifre restano oggi poco attendibili.

Se sulla carta l'accordo potrebbe rivelarsi particolarmente conveniente anche per l'Italia, perché permetterebbe al paese sia di diversificare le proprie importazioni sia di espandere i mercati di riferimento per le esportazioni, l'analista politico e strategico Alessandro Politi ha spiegato a Panorama.it che gli accordi di libero commercio possono effettivamente offrire agli stati che ne vengono coinvolti delle ottime opportunità,ma per essere efficaci devono essere negoziati con calma. "L'esperienza passata ci ha insegnato che questi accordi possono avere implicazioni negative non previste. Un esempio: il Messico è entrato nel Nafta (Accordo nordamericano per il libero scambio, ndr), ma ha fatto una brutta fine. Di chi è stata la colpa? Del Messico? Del Nafta? Degli altri stati membri?". L'esempio messicano è uno dei tanti che secondo Politi dovrebbero indurci a riflettere su quello che davvero significa lavorare ad un accordo di libero scambio. "Oggi più che mai è fondamentale per il buon esito di qualsiasi negoziato soffermarsi a valutarne con attenzione gli effetti di breve e lungo periodo. Puntando su un unico aspetto conveniente si richia di rimanere travolti dalle altre conseguenze dervanti dall'accordo, sottovalutate nella fase della contrattazione. Una possibilità che diventa ancora più pericolosa se inquadrata in un contesto di crisi economica destinto a perpetuarsi almeno fino al 2018". Le opportunità per l'Italia, così come per gli altri paesi europei, quindi, esistono. Ma un negoziato rapido e concentrato sulla necessità di abbattere dazi e tariffe potrebbe nascondere problemi che potrebbero iniziare a farsi sentire già in un'ottica di medio periodo.  

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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