Quanti schiavi lavorano per te nel mondo? Te lo dice un test
Slavery Footprint
Economia

Quanti schiavi lavorano per te nel mondo? Te lo dice un test

Un'associazione no profit americana ha creato un test online che ci dice quanto costano in termini di lavoro forzato le nostre abitudini di consumo

Tutti sappiamo cos'è l'impronta ecologica e siamo più o meno consapevoli che il nostro comportamento di consumatori ha effetti sull'ambiente che ci circonda. Ma c'è un'altra impronta di cui dovremmo imparare a tenere conto: la slavery footprint, l'impronta di schiavitù. Ogni giorno, milioni di persone in tutto il mondo sono ridotte in schiavitù per finire negli ingranaggi dei meccanismi di produzione globale. Il bello è che, secondo le statistiche, questa forza lavoro impiega probabilmente più schiavi oggi che in qualsiasi altro momento della storia e alcuni di loro stanno probabilmente lavorando per noi, proprio in questo momento. A nostra insaputa.

Quanti schiavi? Per scoprirlo c'è il test online della Slavery Footprint, l'associazione no-profit fondata nel 2011 a Oakland in California da Justin Dillon, per monitorare e combattere la tratta di persone nel mondo. E' un test rapido e interattivo, che stima quanto pesano le nostre abitudini di spesa nel contesto del lavoro forzato. Quello che mangiamo, i nostri vestiti e tutto l'hi-tech che ci circonda può contribuire alle nuove forme di schiavismo secondo Slavery Footprint. E la nostra impronta in tal senso "rappresenta il numero di lavoratori forzati coinvolti nella creazione e produzione dei prodotti che acquistate".

Il test è in inglese, richiede solo pochi minuti e utilizza alcune domande chiave utili a fare una stima del numero di lavoratori forzati necessari per sostenere le nostre abitudini di consumo. La metodologia usata è spiegata in dettaglio sul sito: le statistiche sono state formulate dai ricercatori esaminando l'utilizzo medio schiavitù per più di 400 prodotti famosi. In base ai luoghi dove viene estratto, coltivato o prodotto, il test assegna un punteggio a ciò che consumiamo. E un algoritmo stabilisce il numero minimo di schiavi (lavoratori forzati) coinvolti nella produzione.

Se il risultato è credibile? A favore di Slavery Footprint c'è il premio ricevuto nel 2012 dal quotidiano inglese The Guardian per l'innovazione digitale. Contro ci sono invece le critiche dalla rivista Forbes per l'inesattezza di alcuni dati riportati dal sito. Giudicate voi stessi.

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Eugenio Spagnuolo