L'uomo che ha smascherato il bio-bluff
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Economia

L'uomo che ha smascherato il bio-bluff

Ha fatto crollare il castello di carte di Bio-on. E ha svelato le frodi di 8 aziende quotate in giro per il mondo. Intervista esclusiva al gestore Gabriel Grego

Ha fatto crollare il castello di carte costruito dalla Bio-On. Ha svelato le acquisizioni fittizie della canadese Aphria, facendone scendere il valore di borsa del 43 per cento. Grazie a lui sono state scoperte le frodi della greca Folli Follie, finita in liquidazione dopo aver raggiunto una capitalizzazione di 1,4 miliardi di euro. Ha colpito e affondato la greca Globo e l’israeliana Ability. Ma non è un investigatore: è un investitore un po’ particolare. Si chiama Gabriele Grego e con il suo fondo Quintessential va a caccia di truffatori che si nascondono nelle pieghe dei listini di borsa. Non solo per guadagnarci, come rivela in questa intervista esclusiva.


Di lei si sa davvero poco: può raccontare la sua storia?
Ho 44 anni. Sono nato a Roma e ho vissuto in Italia fino ai 19 anni, soprattutto a Milano dove ho frequentato il liceo scientifico. Dopo la maturità mi sono trasferito negli Stati Uniti e lì mi sono laureato in Economia alla Tufts University in Massachusetts. Dopo una prima breve esperienza di lavoro a Londra per un fondo hedge, ho deciso che non volevo passare i miei vent’anni davanti ad un computer e ho mollato tutto per trasferirmi in Israele. Lì ho prestato servizio militare in un reparto speciale della brigata dei paracadutisti, da volontario perché avevo superato l’età della leva obbligatoria, come immaginerà un’esperienza molto formativa. Dopo il servizio militare sono tornato in Italia dove ho fatto l’Mba all’Università Bocconi, avevo circa 27 anni. E poi mi sono trasferito a New York, dove attualmente vivo.  


Quando ha iniziato a occuparsi di finanza?
Ho comprato la mia prima bluechip a 14 anni. Una sera a cena a casa mia c’erano due colleghi di mio padre (lavorava in una banca d’affari) e uno disse: secondo me lo yen salirà alle stelle. Chiesi a mio padre di investire i miei (pochissimi) risparmi in azioni giapponesi…. Era il 1989 e lo yen crollò insieme al mio investimento che andò in fumo. Da lì capì che le decisioni d’investimento vanno prese sulla base di valutazioni razionali e sull’analisi dei dati, mai sulla scia di un’intuizione o di un’emozione o peggio ascoltando qualcuno senza verificare.


La sua società ha sede a New York: quando è nata e che cosa fa esattamente? 
Il fondo Quintessential è nato nel 2013 ed è molto snello: siamo in cinque: tre persone basate a New York e due in Israele. Ci occupiamo di investimenti con una strategia di gestione attivista (cioè usando la propria quota in un’azienda per fare pubblicamente pressione sul management, ndr). Svolgiamo internamente tutta l’attività di analisi con due persone dedicate, ma se necessario ampliamo l’organico, soprattutto quando lavoriamo su situazioni delicate e importanti.


Opera solo con investimenti al ribasso?
No, facciamo anche investimenti al rialzo, sempre adottando una strategia d’investimento attivista. Il nostro obiettivo è quello di promuovere un cambiamento nelle società in cui operiamo.


Visto da fuori, sembra quasi che il suo obiettivo sia non solo fare soldi ma anche smascherare i truffatori che si aggirano sul mercato: è un'impressione vera o troppo romantica?
Sono molto contento che qualcuno se ne sia accorto. Io non lo dico mai perché di solito la gente non ci crede, anzi mi chiama ipocrita. Ma in realtà questo è il mio driver principale. Ho sempre avuto una spinta idealista a combattere quello che percepisco essere un’ingiustizia. Nell’esercito, ad esempio, mi sono reso conto che il singolo è solo una piccola rotellina in un organismo enorme ed è molto difficile sentire di fare la differenza dal punto di vista individuale. Invece, paradossalmente, nel mondo del business si riesce ad avere un impatto e una leva molto più forte. Quello che mi motiva innanzitutto è proprio questo: portare trasparenza e combattere le ingiustizie. Ovviamente non ci dispiace l’aspetto del guadagno, però è secondario.
 

Come fate a individuare le aziende dove c'è qualcosa che non torna? Al mondo di quotate ce ne sono migliaia....
Alla base di questa attività c’è un software progettato per indicarci delle «bandiere rosse» nelle aziende: possono essere piccoli alert che singolarmente non hanno molto peso ma messi insieme sono rilevanti, come per esempio le discrepanze tra flussi di cassa e utili, l’utilizzo di società di revisione secondarie o il cambio frequente delle stesse. Analizziamo poi il background di direttori e amministratori. Ci sono poi persone che, sapendo che facciamo questo tipo di attività, ci danno delle idee: molto spesso sono fondi non interessati a una campagna pubblica o che non hanno le capacità investigative necessarie.

I casi di aziende «colpite e affondate» da Quintessential si contano sulle dita di due mani: ce ne sono altre su cui avete puntato e poi si sono rivelate degli obiettivi sbagliati, cioè erano in effetti aziende serie?
Sinora tutte le nostre campagne sono state rese pubbliche e hanno centrato l’obiettivo. Prima di Bio-on, che è l’ottava operazione, quattro società si sono rilevate frodi complete, mentre nelle altre quattro il titolo è collassato ma la società è sopravvissuta. Aphria, ad esempio, è sopravvissuta perché aveva abbastanza liquidità per superare il momento difficile ma il prezzo è inferiore al minimo raggiunto dopo il nostro intervento, il board è stato completamente sostituito ed è in corso una class action contro gli amministratori.


Nel caso di Bio-On non avete fatto altro che analizzare bilanci pubblici, cioè documenti disponibili al mercato: che cosa ha attirato la vostra attenzione?
Sono essenzialmente tre gli aspetti che hanno attirato la nostra attenzione: la discrepanza tra il rapporto utile-fatturato in crescita esponenziale e mancanza prolungata negli anni di generazione di cassa; il cambio di revisore prima dello scadere dei nove anni, come indicato dalla legge; e infine, l’enorme quantità di comunicati stampa trionfali per annunciare progetti che non si sono mai realizzati. Non è corretto affermare che nessuno si è accorto di cosa stava succedendo. Penso ad esempio alla società The Analyst che tra gennaio e febbraio ha pubblicato un report su Bio-On che notava alcune delle incongruenze messe in evidenza anche da noi. Il punto è che queste voci sono sempre state di minoranza.


Perché secondo lei nessuno si è accorto di niente?
Sicuramente i revisori hanno una responsabilità enorme, sia in questo caso, sia negli altri che ho visto. Soprattutto quando si tratta di un revisore come Ey che è un brand molto forte. Nella fattispecie di Bio-On ci sono molte responsabilità che gli inquirenti accerteranno. Se posso permettermi, anche da parte dei media c’è stata una mancanza di spirito critico.


Che cosa consiglia a un risparmiatore per evitare di finire in trappole come quella di Bio-On?
Se l’investitore ha delle competenze specifiche che gli permettono di effettuare una «due diligence» indipendente, quindi, in pratica, di leggere un bilancio e di fare una critica efficace sul titolo, ovviamente consigliamo di esercitare scetticismo e di decidere sempre in base a delle analisi fatte dall’individuo stesso, senza affidarsi a terzi. Sicuramente non dalla stampa, sicuramente non dalle banche d’affari che fanno uscire questi report che spesso sono in conflitto d’interesse. Se invece non si hanno competenze specifiche è meglio stare lontani dai mercati troppo speculativi e diversificare gli investimenti.


Siete già al lavoro su nuovi casi in Italia?
Sì, stiamo guardando diverse società, non solo in Italia e non solo come investitori al ribasso, ma anche operazioni potenziali per creare valore. Si tratta di realtà industriali interessanti dove magari c’è da fare solo qualche intervento sulla gestione

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Guido Fontanelli