Iva: perché potrebbero aumentare le aliquote più basse
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Iva: perché potrebbero aumentare le aliquote più basse

Le richieste dell'Europa e la deflazione rendono la misura meno dolorosa per i cittadini ma propizia per le casse dello Stato

E ora potrebbe aumentare di nuovo l’Iva. Questa volta i rincari riguarderebbero le due aliquote agevolate, quelle del 4 e del 10%, che colpirebbero anche i generi alimentari. Potrebbe essere l’ultima, in ordine di tempo, delle sorprese fiscali riservate agli italiani. Parliamo del ventilato rincaro delle aliquote Iva. Questa volta ad essere entrate nel mirino del ministero dell’Economia, non ci sarebbe lo scaglione più alto, quello che proprio circa un anno fa di questi tempi salì dal 21 al 22%. L’intervento infatti si annuncerebbe ben più temibile perché andrebbe a concentrarsi sulle due aliquote agevolate.

E dunque, dopo la bufera fiscale che si è abbattuta sulla casa, presa di mira da un micidiale combinato disposto di Tasi e Imu, ora molti italiani potrebbero dover fare i conti con rincari di beni prima necessità come pane e latte. Sì perché le due aliquote agevolate sopra menzionate, tra gli altri, vanno a coprire proprio i generi alimentari. Una scelta dunque molto impopolare, ma che non è da escludere grazie anche a due circostanze significative:

- un richiamo (l’ennesimo in questa direzione) è arrivato in queste ore direttamente dall’Unione europea. Bruxelles vorrebbe che l’Italia intervenisse sulle aliquote Iva per generare nuovo e fresco gettito da utilizzare eventualmente nelle proprie politiche espansive da tempo annunciate e che finora si sono concretizzate unicamente nei famosi 80 euro. Diciamo pure che in Europa si sentirebbero un po’ più tranquilli se intanto il nostro Paese provvedesse a irrobustire le entrate a fronte di uscite che restano ancora fuori controllo, con un debito pubblico che nei giorni scorsi ha toccato l’ennesimo sconsolante record negativo.

- lo stato di deflazione attuale, con i prezzi che addirittura, cosa che non accadeva dal lontano 1959, sono in discesa. 

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Con un’inflazione negativa insomma, al ministero dell’Economia si stanno convincendo che un intervento sulle aliquote Iva potrebbe passare quasi inosservato e non generare malcontenti sociali. Se questo dunque è lo scenario in cui ci muoviamo, è bene allora andare a verificare quali sono i beni su cui si potrebbero scaricare gli aumenti del’Iva.

Si scopre allora che nella categoria con aliquota al 4%, oltre ai citati pane e latte ci sono anche riso, pasta e farina, formaggi, olio, burro, patate, frutta. E poi ancora libri, giornali, riviste, occhiali, lenti, strumenti e attrezzature terapeutiche. Nella categoria, sempre agevolata, fissata al 10% invece troviamo i biglietti di cinema e teatro, alberghi, pensioni e camping, biglietti aerei, ferroviari, marittimi e autobus.

L’aliquota intermedia si applica anche all’acqua, alla raccolta rifiuti, all’energia elettrica, al gas, e quindi in generale alle bollette casalinghe, e alle medicine. E non mancano infine in questa fasci anche alcuni altri generi alimentari come le uova, il cioccolato, i salumi, il pesce fresco e la carne, l’acqua minerale, il tè, la birra, il caffè e il vino.

Insomma, un menù, è il caso di dire, davvero ricco, che potrebbe però andare di traverso a milioni di italiani. 

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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