Larry Page: ecco i tre errori del business
Economia

Larry Page: ecco i tre errori del business

Troppa attenzione alla concorrenza, poca innovazione e poca commercializzazione portano le imprese al declino

Per Larry Page, ceo non ancora 40enne di Google, il business non ha capito nulla e continua a operare secondo regole che non tengono conto del fatto che i tempi, con l’avvento del digitale, siano cambiati. Risultato: i manager continuano a commettere tre errori che si potrebbero evitare, come spiega in un’ampia intervista rilasciata a Wired .

Il primo errore: “C’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nel modo in cui gestiamo le nostre imprese. Basta leggere i giornali, per rendersene conto: si parla sempre di concorrenza”, fa notare Page. Ma la realtà non è un evento sportivo. “Questa è la ragione per cui le imprese a poco a poco si inaridiscono e muoiono. Se cercano di fare semplicemente un po’ meglio di quello che fanno gli altri o di quello che hanno fatto fino a poco prima, la loro strategia diventa presto obsoleta, soprattutto in ambito tecnologico, dove le cose non procedono per miglioramenti incrementali”.

Gmail è un esempio: “Se avessi invitato chi lavora per Google a concentrarsi soltanto su variabili incrementali Gmail, che oggi offre cento volte lo spazio dei concorrenti, non esisterebbe. Il suo lancio, infatti, è stato un salto quantico e non qualcosa a cui siamo arrivati per piccoli miglioramenti alla portata di un motore di ricerca”. Gmail nella galassia Google non è un caso isolato: ci sono anche Google Translator, il traduttore digitale e Google Fiber , il servizio che fornisce ai cittadini di Kansas City una velocità di connessione cento volte più veloce della banda larga attuale.

Il secondo errore da evitare, secondo il co-fondatore di Google, è quello di dedicarsi esclusivamente al proprio business. La storia di Google insegna quanto sia importante, ogni x numero di anni, occuparsi di qualcosa di veramente straordinario. E’ seguendo questo principio che è nato Google X , il laboratorio dei progetti futuristici, come l’auto che si guida da sola o Google Glass, il sistema di computer indossabile. “Il modello di Apple, che si dedica a un numero limitato di cose, non funziona per me. Io vedo dappertutto opportunità per migliorare la vita delle persone attraverso la tecnologia. Google attacca lo 0,1% di queste possibilità, tutte le aziende tecnologiche insieme attaccano l’1%, ma il 99% del territorio è ancora inesplorato”. Secondo Page, anche l’atteggiamento degli investitori è troppo conservatore: “Le cose pazze che facciamo: Youtube, Chrome, Android non sono cose pazze, sono le cose più eccitanti. Perchè se non si fanno cose pazze, vuole dire che si stanno facendo le cose sbagliate”.

L’innovazione, però, non è tutto. Qui, infatti, sta il terzo errore: nella mancanza di una strategia commerciale. “Il centro di ricerca Parc voluto da Xerox era dotato di un incredibile team di ricercatori che ha inventato molti strumenti dei computer moderni – ricorda Page -, ma non dedicavano abbastanza attenzione alla commercializzazione”. Insomma: servono le idee, ma serve la capacità di trasformarle in un business. Dopo aver investito 12,5 miliardi di dollari nell’acquisizione di Motorola Mobility , Page guarda nuovamente in alto e dall’osservazione del diffondersi del virus dell’influenza attraverso il servizio di monitoraggio dell'influenza attraverso Google Flu Trend , il giovane imprenditore ha deciso di pagare di tasca propria la vaccinazione per tutti i bambini dell’area di San Francisco. Quando si dice pensare in grande.

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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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