Banca Etruria e Popolare di Vicenza, perché Bankitalia è tornata nel mirino
Franco Silvi/Ansa
Economia

Banca Etruria e Popolare di Vicenza, perché Bankitalia è tornata nel mirino

L’authority guidata da Ignazio Visco è accusata di aver erroneamente caldeggiato la fusione tra l’istituto toscano e quello veneto

Neanche il tempo di festeggiare la sua recente riconferma e Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, è tornato di nuovo al centro delle polemiche, seppur per vie traverse. A riportarcelo è stato Roberto Rossi, procuratore capo di Arezzo, che è stato convocato dalla commissione parlamentare d’inchiesta sui dissesti bancari degli ultimi anni. 

La ricostruzione del procuratore

Di fronte a deputati e senatori Rossi ha parlato di Banca Etruria, uno degli istituti di credito regionali finiti in dissesto alla fine del 2015 in un mare di polemiche, visto che la carica di vice-presidente della società era ricoperta da Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena, figura di spicco del Pd di Renzi e attuale sottosegretario alla presidenza del consiglio.  

Visco è dunque tornato suo malgrado sulla scena perché il procuratore Rossi, che sul dissesto di Banca Etruria ha indagato a lungo, ha ricostruito tutta la vicenda avvalorando la tesi del segretario del Pd, che imputa a Bankitalia la colpa di non aver fatto molto per risolvere i problemi di Banca Etruria, rischiando piuttosto di aggravarli.

Nello specifico, il magistrato ha detto che tra il 2012 e il 2014, quando già Banca Etruria era commissariata e sull’orlo del crack, la Banca d’Italia spinse per farla finire nell’orbita della Popolare di Vicenza, che nel 2014 era disposta a comprarla al prezzo di 1 euro per azione, quasi il 25% in più rispetto al valore corrente di borsa. 

Anche Vicenza sull’orlo del crack

L’istituto veneto era però un acquirente poco affidabile, pesantemente malmesso e, sin dal 2012, oggetto di ispezioni della Banca d’Italia, che rilevò una serie di fatti gravi: organi dirigenti inadeguati, crediti sofferenti in abbondanza e addirittura le cosiddette operazioni baciate, cioè la concessione di prestiti a chi aderiva a una serie di aumenti di capitale tappa-buchi, una pratica che in una banca sana è una vera e propria eresia. 

Perché l’authority guidata da Ignazio Visco, viste le  risultanze dei suoi ispettori, caldeggiava una fusione tra Banca Etruria e la Popolare di Vicenza? Dal canto suo, Bankitalia ha già da tempo replicato che non ci fu nessuna spinta verso la fusione tra l’istituto veneto e quello toscano. Non a caso, l’operazione saltò perché i vertici di Banca Etruria rifiutarono l’offerta degli aspiranti compratori vicentini, che si erano mossi in autonomia.

Chi ha ragione tra il procuratore Rossi e Bankitalia? E’ l’interrogativo che ripropostosi il 30 novembre su cui la commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche dovrebbe fare un po’ di chiarezza, prima che finisca la legislatura.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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