Nagorno-Karabakh
(Ansa)
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Si riaccende la tensione nel Nagorno-Karabakh con le solite tattiche e bugie

Mascherate come operazioni anti-terrorismo i fucili sono tornati in azione in una regione dove la pace sembra lontana

L'Azerbaigian ha annunciato questa mattina che le forze armate hanno lanciato «una serie di attività antiterrorismo locali nella regione del Nagorno-Karabakh per disarmare le forze armene». L'Azerbaigian ha dato il via all'operazione dopo aver reso noto che sei dei suoi cittadini erano stati uccisi negli scorsi giorni dalle mine terrestri in due diversi episodi e dopo aver dato la colpa a «gruppi armati armeni illegali» che però nessuno conosce. L’operazione è apertamente sostenuta dalla Turchia con il ministro della Difesa Yaşar Güler che dopo aver parlato con l’omologo azero Zakir Hasanov ha affermato: «La Turchia è dalla parte dell’Azerbaigian, oggi come sempre». Gli armeni hanno smentito le accuse, hanno denunciato le violenze commesse dagli azeri e hanno ribadito «di non avere personale militare in Karabakh e che le nostre priorità sono puramente umanitarie». Il ministero della Difesa azero ha fatto sapere di avere informato Russia e Turchia dell'operazione e a questo proposito il portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha accusato l'Armenia «di avere creato un terreno fertile per la politica ostile dell'Occidente contro la Russia». Questo dopo che Erevan ha condotto esercitazioni militari con gli Usa. Poi Zakharova ha aggiunto: «Sappiamo cosa è necessario fare per risolvere la situazione: attuare tutto ciò che abbiamo concordato, non esacerbare la situazione, lavorare per attenuarla e risolverla in modo da mettere fine allo spargimento di sangue». Mentre l'ambasciatore armeno Edmon Marukyan ha chiesto agli Stati Uniti di mediare nella situazione del Karabakh. Nonostante gli azeri abbiano detto «di avere già colpito strutture militari e sistemi d'armi» con artiglieria, droni e razzi, gli azeri hanno affermato «di mirare solo a obiettivi militari legittimi e non a infrastrutture civili». Mentre scriviamo il Commissario per i diritti umani nel Nagorno-Karabakh ha affermato che a Stepanakert (Khankendi per gli azeri) ci sono vittime tra la popolazione civile.

Per il generale di Corpo d’Armata Giorgio Battisti «dopo quasi due da un incerto ‘cessate il fuoco’ del novembre 2020 sono ripresi i combattimenti tra Armenia e Azerbaigian per il controllo dell’enclave armena del Nagorno Karabakh. Un conflitto, segnato da profondi contrasti storici, etnici e religiosi, che si combatte da anni nell’indifferenza della comunità internazionale e dove, come spesso accade oggi, le principali vittime del confronto militare sono le popolazioni civili locali. Non sempre vengono rispettati infatti i principi ‘cardinali’ del diritto internazionale umanitario, quali la distinzione degli obiettivi da colpire, l’umanità e la limitazione dei mezzi e dei metodi di combattimento. Dalle prime immagini che circolano in ambito internazionale sarebbe stata bombardata la città di Stepanakert, ‘capitale’ del Nagorno Karabakh abitata da cittadini (cristiani) di nazionalità armena». Abbiamo raggiunto l’ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, Tsovinar Hambardzumyan che ci ha detto: «Oggi l’Azerbaijan ha avviato un massiccio attacco non provocato contro il Nagorno-Karabakh, colpendo città e civili su larga scala. Dopo aver imposto un blocco totale, per circa 9 mesi, ai 120.000 armeni sottoponendo la popolazione alla fame e sofferenze morali e psicologiche, ora l’Azerbaijan li sta prendendo deliberatamente di mira per eliminarli. Questa aggressione non provocata nel Nagorno-Karabakh può essere descritta solo come atrocità di massa. L’Azerbaigian sta ignorando completamente tutti gli sforzi precedenti per stabilizzare la situazione e i relativi appelli internazionali. Mentre la comunità internazionale chiede all'Azerbaigian l’immediata apertura del corridoio di Lachin e propone un meccanismo di dialogo tra Stepanakert e Baku, quest’ultimo inizia un attacco di aggressione contro la popolazione.

Come prima di ogni attacco, anche questa volta, l’Azerbaigian ha iniziato una propaganda diffondendo false notizie e incolpando le forze armene per aver attaccato le postazioni dell’Azerbaigian. Queste fake news sono state puntualmente smentite sia dall’Armenia che dal Nagorno-Karabakh sapendo che in questo modo l’Azerbaigian prepara una nuova aggressione». Pochi giorni fa il Primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha dichiarato apertamente che l’Azerbaigian sta schierando le forze armate sul confine con l’Armenia e introno al Nagorno-Karabakh, ma questo messaggio di allarme è caduto nel vuoto. Gli appelli della comunità internazionale non hanno prodotto nessun risultato. Ilham Aliyev ha ignorato tutti gli avvertimenti e tutti gli appelli della comunità internazionale. Tutto questo rischia di portare inevitabilmente a ulteriori numerose tragedie umane. In questa situazione è necessario dare un forte messaggio politico di condanna da parte della comunità internazionale e di adottare immediate sanzioni al paese che sta ignorando la stessa comunità internazionale».

E adesso chi aiuterà la piccola e cristiana Armenia aggredita dall’Azerbaigian musulmano che ha la Turchia dalla sua parte e che può contare sul fatto che i russi si girano da un'altra parte? Chi in Occidente avrà il coraggio di fare qualcosa per fermare l’ennesimo massacro azero a parte dire le solite banalità? Leggendo quanto scritto su X dal ministro degli Esteri italiani Antonio Tajani, Roma ha fatto la sua scelta: «Alla luce delle tensioni in atto, a New York ho voluto incontrare il ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov sottolineando la necessità di dialogo e moderazione per trovare una soluzione diplomatica nel Nagorno-Karabakh. L'Azerbaigian è un partner importante: lavoriamo insieme anche contro i trafficanti di esseri umani». Una parola sugli armeni massacrati avrebbe almeno salvato le apparenze.

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Stefano Piazza