La preside che sembra scandinava. E invece è del Cilento
Maria De Biase, dirigente dell'Istituto comprensivo Santa Marina di Policastro Bussentino (Salerno).
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La preside che sembra scandinava. E invece è del Cilento

Parola di preside

Panorama ha deciso di chiedere ai presidi delle scuole italiane come stanno reinventando i propri istituti in vista di settembre. Una missione complessa, in cui rischiano in prima persona, da cui dipende il futuro del Paese.

  • Parla Maria De Biase, dirigente dell'Istituto comprensivo Santa Marina di Policastro Bussentino (Salerno): «Potenzieremo la didattica all'aperto, che pratichiamo già da anni».

«Io ho iniziato a fare didattica all'aperto a fine anni Ottanta, ben prima del Covid. A maggior ragione la farò quest'autunno. Ma anche in inverno, nelle giornate soleggiate». Maria De Biase non lavora in una scuola scandinava. È la dirigente dell'Istituto comprensivo Santa Marina di Policastro Bussentino, nel cuore del Cilento, estremo Sud della Campania: 500 allievi, distribuiti su due Comuni e otto plessi, dalla scuola dell'infanzia alla scuola media. Quest'energica donna ha introdotto nella sua scuola plastic-free gli orti sinergici, la mensa a km zero, le merendine bio, il compostaggio, ma ha anche bandito il monouso, lanciato una linea di saponi a base di olio esausto e creato un'orchestra con strumenti ricavati da rifiuti: latte, bidoni, tubi... Un vulcano di iniziative che hanno portato Maria De Biase a essere premiata dal Parlamento europeo e da Italia nostra, oltre che a fare audizioni alla Camera e al Senato. Panorama l'ha intervistata per capire come sta rispondendo alla sfida del Covid.


Lezione sulla spiaggia della scuola dell'infanzia di Policastro.



Dottoressa De Biase, come si sta muovendo in vista dell'anno scolastico 2020-2021?

«Io penso che a settembre non sarà possibile tornare a scuola con lo stesso schema di prima. Soprattutto nei nostri piccoli centri, abbiamo la possibilità di un cambiamento vero e profondo. Dovremo imparare a utilizzare gli spazi esterni di cui quasi tutte le nostre scuole dispongono. Spazi che dovranno essere allestiti e attrezzati con strutture leggere, ecosostenibili, realizzate senza appesantire, imbruttire, inquinare, cementificare. Penso a materiali di recupero, ma anche a materiali naturali, come pietre, paglia, legno, canne, alberi, cespugli».

Concretamente, lei cosa sta facendo?

«Anzitutto sto potenziando la cosiddetta outdoor education. Il nostro territorio si trova all'interno del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, il cui presidente ha stanziato 2.000 euro per ogni scuola che allestirà spazi per la didattica all'aperto. Io ho risposto al bando e, usando anche i fondi ministeriali, sto lavorando con un bio-architetto per allestire gli spazi esterni. Ho già piantato salici piangenti e mi sto dotando di teli ombreggianti per creare aule didattiche decentrate, da dedicare alla lettura e all'educazione artistica. Dalle nostre parti c'è bel tempo e clima mite fino ad autunno inoltrato. Quindi gli alunni, a turno, potranno vivere il loro tempo scuola in parte all'aperto, in spazi attrezzati e sicuri, e in parte in aula. La didattica all'esterno è fondamentale, in particolare nella scuola dell'infanzia: come si fa a garantire il distanziamento con bambini di tre anni?».

Ma voi non vi limiterete a fare lezioni in giardino, vero?

«No. Prevederemo anche, a turno, passeggiate, escursioni, trekking, pedalate... Già prima del Covid, per esempio, a Policastro portavamo spesso i ragazzi in spiaggia. Qui nel Cilento, come in tante altre località, l'ambiente circostante permette una miriade di attività da realizzare all'aperto, godendo di paesaggi naturali di ineguagliabile bellezza, che offrono tutto quello che serve ai ragazzi, dopo mesi di chiusura, per recuperare in termini di salute, serenità, socialità e bellezza».


Una scuola media di Policastro in canoa sul fiume Bussento.


E quando arriverà il freddo?

«Dovremo stare dentro. In questo momento mi sto occupando proprio degli spazi interni. Le linee guida per il contenimento del Covid prevedono un distanziamento di un metro delle ormai famose "rime buccali" e un fabbisogno di 2,40 metri quadri per ogni alunno. Allora io cosa faccio ? Prendo l'area di ogni aula e la divido per 2,40, così ho il numero complessivo di alunni che può contenere. Noi dirigenti ci siamo trasformati in geometri, sempre con il metro in mano».

E riuscirà a tenere a scuola tutti gli alunni?

«Sì, con piccoli interventi edilizi dalle spese contenute. I Comuni dovranno costruire qualche bagnetto, chiudere una porta, aprirne un'altra, abbattere qualche tramezzo... Noi così risolveremo il problema. Per le scuole che non hanno sufficienti spazi interni, già ad aprile avevo ipotizzato di ricorrere a chiese, cinema, teatri, case canoniche, musei, biblioteche, palestre, monasteri: edifici che potrebbero rendersi disponibili ad accogliere, in maniera strutturata e organizzata, le classi e i loro docenti. Mi ha fatto paicere vedere che la mia proposta è stata accolta anche dal ministro. Se diventasse realtà, si realizzerebbe finalmente quell'educazione diffusa, innovativa, inclusiva, esperienziale e attiva che tanti pedagogisti auspicano».

Sarebbe un cambio di passo radicale.

«Certo: uscire, a turno, dai confini di scuole e aule, provando a vivere l'extramoenia, con le sue magie e i suoi stimoli. I nostri piccoli paesi ne sarebbero vivificati e riattivati. Immagino l'impatto positivo che avrebbero i piccoli centri storici, ormai pressoché disabitati, se fossero invasi da scolaresche allegre e vocianti. E penso a quanto sarebbero felici gli anziani se potessero collaborare con i ragazzi per qualche ora al giorno».


Saponette prodotte con olio esausto ed essenze raccolte nella macchia mediterranea a Casaletto Spartano.


Tornando alla scuola tradizionale, c'è anche la questione banchi.

«Sì. Dobbiamo fornire a tutti gli alunni banchi monoposto. Io ne avevo comprati tanti: li usavo per creare spazi modulari, flessibili e innovativi, ma adesso si rivelano indispensabili per garantire il distanziamento. Rispetto al fabbisogno totale, al momento ne ho circa il 70% circa. Per il restante 30% ho fatto richiesta al ministero. Mi hanno assicurato che nella prima settimana di settembre arriveranno. Se non arriveranno, utilizzerò i banchi biposto per un solo alunno».

E per il resto, che programmi ha?

«Vorrei potenziare in tutti i plessi anche l'educazione alimentare e quella ambientale. Uno dei miei timori però, è che le misure anti-Covid possano annullare le buone pratiche ambientali che abbiamo attivato in questi anni. Il rischio è che vengano reintrodotte le stoviglie monouso. Si parla anche di lunch-box... Tuttavia penso che, se saremo abbastanza coraggiosi e visionari, dalla brutta storia della pandemia ne potrebbe nascere una davvero bella. I nostri alunni sono il nostro futuro, ma sono soprattutto il nostro presente. E loro, con la loro vitalità e la loro ingombrante presenza, potrebbero rendere migliore la vita di tutti noi».


La seconda vita degli oggetti di scarto nella scuola primaria di Casaletto Spartano.

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Elisabetta Burba