Loris, le bugie di Veronica non dimostrano che sia l'assassina
ANSA/ Marco Costantino
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Loris, le bugie di Veronica non dimostrano che sia l'assassina

Sono molti i punti che non tornano dopo aver letto le carte dei giudici: chi ci garantisce che il bambino fosse in casa? Perché lei viene accusata di omicidio volontario e non premeditato? Qual è il movente?


Loris è stato ucciso tra le 8,48 e le 9,23 del mattino, scrivono i magistrati titolari dell’inchiesta sull’omicidio del bambino di Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa. L’assassina è la mamma anche secondo il giudice per le indagini preliminari, Claudio Maggioni, che ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere e ha descritto Veronica Panarello come una donna dall’ "indole malvagia e priva del più elementare senso di umana pietà". La mamma ha ucciso il figlio con «inusuale brutalità» e con una condotta "incredibilmente cinica".

A carico di Veronica, almeno a leggere gli atti della procura e del giudice di Ragusa, ci sono le risultanze del pedinamento elettronico, che smentiscono la sua versione dei fatti riferiti su quella mattina, e i racconti della mamma e la sorella, che disegnano un profilo psicologico di potenziale assassina.


I punti che non tornano

Ma i punti che non tornano rispetto alla ricostruzione dell’accusa sono ancora tanti. Proviamo a metterli in fila. Loris muore tra le 8,48 e le 9,23, nell’arco di tempo in cui la mamma si trova in casa dopo aver parcheggiato la macchina all’interno del garage. L’ultima traccia del bambino è una immagine sfocata ripresa da una telecamera in cui si vede una sagoma, senza zaino in spalla, tornare indietro verso casa e che il suo papà, Davide, ha definito "compatibile" con quella di Loris. In buona sostanza, l’uomo non ha certezza assoluta che possa essere il figlio. Ma prendiamo per buona questa risultanza investigativa, facciamo finta che sia davvero lui. Cosa ci racconta questa immagine? Che il bambino non va a scuola con la mamma, come da lei raccontato, e che torna in direzione di casa. Senza chiavi.

Chi ci garantisce che Loris sia effettivamente entrato in casa? Come facciamo a escludere l’ipotesi che il bambino sia andato da tutt’altra parte, magari da solo o in compagnia di qualcuno che conosceva? Chissà, può anche darsi che gli inquirenti abbiano a disposizione qualche altro elemento a noi sconosciuto, una traccia, una testimonianza, ma per il momento noi sappiamo soltanto che Veronica è entrata e poi uscita di casa. Fra l’altro, secondo i magistrati, la donna, di corporatura minuta, avrebbe ucciso il bambino di otto anni, se lo sarebbe caricato in spalla, lo avrebbe trascinato fin sotto il garage condominiale e caricato nel bagagliaio dell’auto. Senza che nessuno abbia visto e sentito qualcosa, senza una traccia, almeno fino a oggi, che la inchiodi in modo diretto alla morte del figlio.

Omicidio volontario?

Altro elemento cardine nella ricostruzione fatta dalla procura e rafforzata dall’ordinanza del giudice. La macchina nera di Veronica viene ripresa alle 8,33 nella strada di campagna che conduce al vecchio mulino, dove poi verrà ritrovato il corpo di Loris. Ma il bambino, secondo gli inquirenti, a quell’ora è a casa, da solo e sicuramente vivo. Detto che non si capisce su quali basi si ricavi questa certezza, prendiamola per buona e andiamo avanti con il racconto degli investigatori. La telecamera riprende la macchina di Veronica infilarsi in quella stradina per uscirne due minuti dopo, per poi tornare a casa, dove un’altra telecamera la vede infilare la macchina nel garage alle 8,47 per uscire di nuovo alle 9,23. In quel lasso di tempo la donna avrebbe ucciso il figlio, che sarebbe nel bagagliaio quando la macchina esce e si dirige di nuovo verso il vecchio mulino. La telecamera della strada poderale riprende ancora la sua auto alle 9,25. L’immagine successiva la mostra sulla strada provinciale numero 120. Per attraversare quel tratto di strade ci vogliono 5 minuti e mezzo, mentre lei ne impiega 11. Quelli che mancano, scrive il gip, “sono serviti per gettare nel canale il corpo del figlio”.

Dov'è il movente?

I giudici ci stanno dicendo che la donna avrebbe studiato prima il posto dove occultare il cadavere, poi sarebbe tornata a casa, avrebbe ammazzato il bambino a sangue freddo e sarebbe tornata di corsa a gettare il corpo nel canalone. Però la accusano di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Perché il capo di imputazione nei confronti di Veronica Panerello non è quello più coerente con questa ricostruzione, ovvero l’omicidio premeditato? Forse perché se accusi una donna di aver progettato e realizzato un assassinio così efferato poi devi individuare e ricostruire un movente forte e credibile?

Perché Veronica avrebbe programmato e ucciso il figlio? Per quale motivo? A leggere le carte della procura e del giudice il movente non c’è. Esiste una concausa determinante, ovvero “il fragile quadro psicologico della donna non disgiunto da un vissuto personale di profondo disagio nei rapporti con la famiglia di origine”. Il malessere di bambina e adolescente, così come raccontato dalla mamma e dalla sorella, che diventa atto d’accusa. Peccato che dal momento in cui Veronica lascia la sua famiglia per ricostruirsi una vita, nessuno racconti fatti in linea con quelli narrati dalla mamma e dalla sorella. Anzi, Veronica viene descritta come una mamma affettuosa, attenta, una persona equilibrata.

Eppure i giudici prendono per buona la versione della sorella, la quale, intervista da giornali e televisioni si dice certa che Veronica sia l’assassina. Certa. Su quali basi? Su quali elementi di fatto la donna costruisce questa sua sicurezza? Sulle sue sensazioni. Tanto basta per ritenerla attendibile quando descrive la sorella come una strega assassina.

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ANSA/ Marco Costantino

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Carmelo Abbate