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Il salto di qualità criminale e culturale delle baby gang nordafricane

Quanto accaduto a Peschiera in una serata denominata «Questa è Africa» significa il rifiuto verso la cultura dell'accoglienza italiana

Quanto è successo a Peschiera del Garda, presa d'assalto da gang di ragazzi di famiglie nordafricane che hanno messo a ferro e fuoco la cittadina sul Lago di Garda molestando diverse ragazze sui treni, segna un vero unicum, anzi, un cambio di passo criminale e culturale. Nel giorno della Festa della Repubblica in centinaia si sono riuniti per quello che doveva essere un evento di musica Trap dal titolo “Questa è Africa” degenerato invece in una maxi rissa, con furti, aggressioni e molestie.

Un fenomeno quello delle baby gang che solitamente riguarda giovani di origini sudamericana o italiana mentre in questo caso ha visto come protagonisti ragazzi nordafricani che si sono riversati nella località turistica compiendo atti di violenza nei confronti di chiunque si trovasse a passare di lì. Solo l’intervento della polizia in tenuta antisommossa e diverse "cariche” hanno fermato la rissa e molti ragazzi sono stati portati dalla polizia in caserma per essere identificati. Una scena molto simile a quella accaduta nella città di Milano a Capodanno e su cui la politica e le istituzioni nelle ultime 48 ore hanno aperto un dibattito molto animato.

«Fino a ieri questo genere di fatti non aveva mai avuto un grosso impatto sulla gestione dell’ordine pubblico. Prima di questo episodio le baby gang erano responsabili di bullismo e schiamazzi, ma non mi ricordo di nessun confronto con accoltellamenti tra bande»-ci spiega Franco Zucchelli segretario provinciale Mosap e ispettore del I reparto mobile di Roma.

Cosa si può fare per arginare questo fenomeno?

«Finite le restrizioni della Pandemia è ripartito tutto troppo velocemente amplificando i fenomeni sociali. Ci sono troppi ragazzi in strada spesso in condizioni alterate da sostanze stupefacenti. Quindi secondo me più che reprimere il fenomeno delle baby gang con gli interventi delle forze dell’ordine, il problema andrebbe affrontato dal punto di vista sociale, partendo dalle scuole dove inizia tutto. Queste bande nascono iniziando bullizzare i loro compagni a scuola, poi si vedono fuori e cominciano a commettere reati. Rubano per poter comprare scarpe alla moda e telefoni di ultima generazione. Ma una delle loro principali attività è il controllo del territorio dove si affrontano con calci e pugni. Ad esempio a Milano le baby gang ci sono da molto tempo e sono ben organizzate».

Che ne pensa delle baby gang che hanno terrorizzato Peschiera del Garda?

«Come le dicevo è un caso anomalo e soprattutto mi sembra strano che siano nord africani perché solitamente sono quasi tutti sono sudamericani e italiani, come a Roma e Milano, tra cui anche molte baby gang femminili. Comunque è una problematica di ordine pubblico per cui i questori stanno organizzando servizi straordinari di contrasto alla Movida. C’è poi da dire che questo fenomeno si è evoluto tantissimo a causa dei social e potrebbe crescere ulteriormente».

Cosa rischiano questi minori?

«Solo i maggiori di 16 anni sono penalmente imputabili. Tra i 14 e i 16, non rispondono penalmente dei reati che commettono e di questo ne sono perfettamente consapevoli. Ma ripeto oltre che sul principio di imputabilità bisognerebbe lavorare anche a livello psicologico riguardo il malessere diffuso tra questi ragazzi. Un disagio poi amplificato dall’uso di droghe, alcool e psicofarmaci, che dopo la pandemia vengono prescritti con estrema facilità».

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Linda Di Benedetto