Bruciare i corpi per cancellare le tracce. Le storie di don Pippo e Lamiae
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Bruciare i corpi per cancellare le tracce. Le storie di don Pippo e Lamiae

Da Siracusa a Pistoia l'efferatezza di un gruppo di bulli e un amore respinto sono finiti con le fiamme appiccate sui corpi delle loro vittime

Omicidi e aggressioni brutali senza una spiegazione. Ammesso che per tanta violenza ce ne possa essere una. Giuseppe Scarso a Siracusa e Lamiae Chriqi a Pistoia sono stati uniti dalla stessa terribile sorte: arsi vivi.

Mentre Lamiae, 28 anni di origini marocchine stava cercando di sfuggire alla avances di un pachistano, Giuseppe, un anziano di 80 anni, cercava di difendersi da un gruppo di giovani che avevano deciso di pestarlo a sangue e poi darlo alle fiamme.

Giuseppe Scarso, conosciuto da tutti come don Pippo, sta ancora lottando tra la vita e la morte, la donna marocchina, invece, è morta.

Due storie con moventi diversi ma entrambe finite tra le fiamme appiccate da soggetti che non solo volevano uccidere ma anche cancellare ogni traccia.

Con pervicacia e cattiveria sadica, infatti, agendo come in ''arancia meccanica'' due o quattro criminali hanno picchiato e poi dato fuoco cospargendolo di alcol l’ottantenne siciliano che viveva da solo in una casa al pianterreno in Ronco II una traversa di via Servi di Maria a Siracusa.

Gli investigatori dopo giorni di ricerche, analisi di filmati e risultati di rilievi scientifici sembra stiano chiudendo il cerchio attorno ad un gruppetto di ventenni.

Un gruppo di bulli

La svolta dopo la visione dei filmati dei due impianti di videosorveglianza di un vicino e del magazzino di un esercizio commerciale che si trovano su due vie perpendicolari adiacenti alla casa. La polizia ha acquisito anche altre riprese di un supermercato e di un panificio della zona e avrebbe finalmente individuato gli aggressori.

Sembra che ad agire questa volta siano stati dei giovani di 20-25 anni anche se Scarso, in passato, era stato preso di mira da ragazzini adolescenti di 12-16 anni.
L'ottantenne, infatti, è stato bruciato dopo due tentativi andati a vuoto nel giro di 48 ore.

Bruciato dopo tre tentativi

Nel primo tentativo qualcuno era riuscito ad aprire la porta dell'abitazione dell’uomo, al pianterreno, avevano gettato del liquido infiammabile e avevano fuoco al pavimento. L'anziano però era riuscito a spegnere le fiamme. Il giorno dopo la vittima, insieme al fratello, aveva denunciato l'episodio ai carabinieri.

Ma il giorno successivo, poco prima della mezzanotte, tre persone incappucciate sono entrate nuovamente nell'appartamento, gettando liquido infiammabile sul petto e sull'orecchio dell'anziano, che se l'era cavata con lievi ustioni. Adesso invece, versa in gravissime condizioni nel centro grandi ustioni dell’ospedale Cannizzaro di Catania.

Un amore non corrisposto

Da Sud a Nord. Questa volta, la voglia di uccidere una donna che aveva detto “no” ad un uomo che la stava corteggiando. E’ successo a Pistoia. Lamiae Chriqi è morta bruciata nella sua casa sulle colline pistoiesi, intrappolata in un bagno dove aveva cercato rifugio dall'uomo che aveva respinto. Al suo ennesimo rifiuto, l’uomo ha appiccato il fuoco usando una bombola del gas.

A ricostruire quello che all'inizio era sembrato un tragico rogo accidentale è stata la squadra mobile di Pistoia che poche ore dopo l’accaduto ha fermato un richiedente asilo pachistano, Hussain Afzal, reo confesso, dopo un lungo interrogatorio, durante il quale non ha voluto dire niente sul movente.

Omicidio e incendio doloso le accuse contestate all'uomo, un anno più grande della vittima di cui era amico, così come del marito della vittima: si erano conosciuti e si frequentavano dopo essersi ritrovati a vivere dirimpetto nella frazione di Sammomme'. La coppia abitava in un appartamento, il pachistano, nell'albergo Arcobaleno che accoglie un'ottantina di richiedenti asilo.

Tante bugie smentite dai migranti

E sono stati proprio i migranti che hanno contribuito alle indagini portando alla svolta. Il pachistano, per la polizia, aveva cercato di crearsi un alibi, intervenendo tra i primi soccorritori e allertando il marito di Lamiae.

L’assassino aveva persino raccontato che nelle ore nelle quali la donna stava morendo tra le fiemme, lui era stato nell'albergo, a letto. La verità smentita dagli altri ospiti.

Lamiae, quando sono arrivati i soccorritori, è stata trovata priva di vita nel bagno, al seminterrato della casa, dove si era chiusa a chiave. La stanza aveva solo una finestrella di appena 20 centimetri, troppo pochi per poter essere una via di fuga.

Per provocare l’incendio, davanti alla porta, Afzal aveva portato una bombola del gas, tagliato il tubo con un coltello e aperto la valvola. Poi aveva dato fuoco a un foglio di giornale e lo aveva lanciato a terra.

Una morte assurda, l’ennesimo femminicidio. Gli investigatori, infatti, sono convinti che l’assassino fosse invaghito della vittima, abbia tentato un approccio e il rifiuto avrebbe scatenato la sua furia. Sulla mano della vittima sarebbero state rilevate anche delle ferite da taglio. Per gli inquirenti non è ancora chiaro se le abbia inferte il pachistano e se la donna sia scappata in bagno per sfuggire ai colpi.

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Nadia Francalacci