Cibo: i "vizi" che ci fanno bene
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Cibo: i "vizi" che ci fanno bene

Grassi animali, latte intero, formaggi, cioccolato, alcol. Ci hanno detto che facevano male, invece oggi scopriamo che...

Travolti da una valanga di saggi che incitano al digiuno, invitano a diffidare di glutine, lattosio, glucosio, ripudiano il consumo di carne e diffondono la religione del Light e dello Zero, un libro come The good vices, accompagnato dal gioioso sottotitolo «From beer to sex, the surprising truth about what’s actually good for you» (dalla birra al sesso, la sorprendente verità su cosa vi fa davvero bene), ha immediatamente attirato la nostra attenzione. Scoprire che l’autore, il medico americano Harry Ofgang, naturopata con 40 anni di esperienza, incoraggia il ragionevole consumo di una serie di «vizi» senza farci sentire in colpa o mandarci in apprensione, ci è sembrato un messaggio di tale buon senso da essere, in quest’epoca di nevrosi nutrizioniste, quasi sovversivo.

I vizi di cui Ofgang (insieme al figlio Erik, giornalista scientifico) tesse l’elogio sono proprio quelli da cui, innumerevoli volte, ci è stato detto di tenerci alla larga. L’alcol fa male, il cioccolato ingrassa, il pane intossica, il formaggio è nemico del cuore, il caffé mette agitazione... e la carne poi, quella è quasi demoniaca. Intendiamoci, Ofgang non incita a insane abbuffate di selvaggina sanguinolenta o di «chantilly» industriale, è pur sempre un medico; ma sostiene, dati e studi alla mano, che molti di questi alimenti sono da rivalutare. E, forse, mai avrebbero dovuto essere messi all’indice.

«Se il vostro dottore vi dicesse che è ok mangiare un po’ di cioccolato e cibi grassi, bere qualche bicchiere di birra o vino, e farsi fino a cinque tazzine di caffé al giorno, comincereste a diffidare della sua serietà. Ma, di fatto, starebbe semplimente facendo qualcosa che pochi professionisti della salute fanno: consigliare i pazienti basandosi sulla scienza più aggiornata» afferma Ofgang nella prefazione al libro.

Nel suo studio, molti tra i pazienti più anziani e in forma, invecchiati con grazia, come si dice, erano proprio quelli che nella quotidiana routine si concedevano «vizi»; che condivano i pasti con burro, li accompagnavano con vino, amavano i formaggi... Sarà stato un caso?

Secondo il medico americano, gran parte dei consigli che oggi seguiamo, soprattutto in campo alimentare, sono basati su vecchie convinzioni piuttosto che sulle ultime ricerche: seguire diete spartane, nutrirci di integratori, sfiancarci di esercizi come fossimo atleti olimpionici. Soprattutto siamo abituati a preoccuparci, a prevenire il reale e l’immaginario, a spendere in alimenti che, forti del segno «meno» (meno questo, meno quello) promettono «di più» (più salute e lunga vita).

Certi vizi, ovviamente, tali rimangono: il fumo, il consumo eccessivo di zuccheri e sale (qui non c’è riscatto), il sovrappeso legato a un’ostinata sedentarietà. Ma su molte altre cose, rilassiamoci. Alle soglie del mese delle feste, in alto i calici dunque, con la felice consapevolezza che  polifenoli e antiossidanti dell’alcol lottano insieme a noi. In ufficio, potremo concederci dalle tre e alle cinque pause caffé sapendo che in quella tazzina ci sono sostanze intenzionate a proteggerci dall’invecchiamento cerebrale. Siete contrari ai pettegolezzi che quasi sempre accompagnano questi intermezzi? Male. Altri studi, non citati da Ofgang ma degni di validità, dimostrano che gossip e piccole malignità hanno una preziosa funzione sociale. I «discorsi valutativi che riguardano persone non presenti» (l’insuperabile definizione di alcuni ricercatori) sono una forma di coesione che pacifica e previene i conflitti.

Una delle ultime crociate nutrizioniste, smontata di recente ma ancora salda nell’opinione pubblica, è quella sui grassi animali. Bersaglio di contumelie e accuse, sospettati di aumentare il rischio di morte, infine assolti qualche anno fa da una metanalisi del British Medical Journal.

Andrea Poli, presidente della Nutrition Foundation of Italy, concorda sulla riabilitazione di molti cibi. «Su Lancet è uscito l’anno scorso uno studio sui 15 errori alimentari che pesano sulla salute. Ebbene, i consumi insufficienti di cibi con effetti favorevoli contano molto di più dei consumi in eccesso dei cibi che si suppone facciano male. Che infatti sono in fondo all’elenco». In altre parole, quello che non mangiamo abbastanza, cereali integrali, frutta e verdura, ha un impatto negativo sul benessere assai più pesante di qualche «vizio» in tavola.

Tra gli alimenti che aizzano i nostri (infondati) sospetti c’è il latte intero, o il latte tout court, sostituito da una schiera di rivali molto glamour a base di avena, riso, farro, cocco... «Eppure dati granitici dimostrano come i grassi saturi della filiera del latte non fanno male. Anche perché noi non mangiamo saturi ma alimenti, dove queste sostanze sono combinate con altre che hanno effetti favorevoli» continua Poli. «Se elimino i formaggi, lo yogurt o il latte perdo il calcio, i probiotici e piccoli peptidi che riducono la pressione. Negli studi osservazionali si è visto che chi mangia regolarmente questi alimenti sta meglio di chi non ne consuma» sostiene Poli.

Non bastasse, uno studio italiano appena uscito sull’American Journal of Clinical Nutrition (45 mila partecipanti)  proprio sul rapporto fra  derivati del latte e salute, conclude, a sorpresa, che: chi consuma tra 160 e 200 millilitri al giorno di latte intero ha, rispetto a chi non ne beve, un rischio ridotto di un terzo di malattie cardiovascolari, tumori e, in generale, di tutte le cause di mortalità. In chi lo beve scremato, la riduzione è solo di un sesto.

E accompagnamo pure latticini e formaggi con il vino. Una revisione del legame tra alcol e malattie, pubblicata da Poli e altri esperti, mostra che i bevitori moderati di vino vivono di più non solo di chi ne consuma in eccesso, ma anche degli astemi. «Chi beve un drink al giorno, vino o birra, è in media più longevo. Ma è un concetto che si riesce difficilmente a proporre perché l’accusa di essere dalla parte delle aziende è sempre incombente» commenta Poli. «Va da sé che questo discorso non vale per gli adolescenti, che dovrebbero evitare l’alcool in toto»

L’elogio dei «buoni vizi» non è, avverte il saggio di Ofgang, il via libera a un’insensata anarchia alimentare. Ma ha l’effetto di un anti-ansia sulle tante nevrosi che ci portiamo in tavola. Godersi la vita, senza etichette nutrizionali e mentali, alla fine la allunga. Più che cercare il significato dell’esistenza, scherza Ofgang (ammesso che ne abbia uno), dovremmo dare significato alle nostre giornate. «La trama è nota: non possiamo evitare di lasciare questa terra quando verrà il momento. Quello che possiamo fare è divertirci e vivere bene, finché ce n’è. Lasciando perdere tutto quello che rende l’esistenza più rigida, più restrittiva, e molto più noiosa». n

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Daniela Mattalia