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Ansa
Calcio

La guerra che spacca la Lega Serie A

Il ruolo di Lotito, il fronte contro il presidente della Figc Gravina e i veleni che attraversano il palazzo dei presidenti del calcio italiano a caccia di una nuova guida dopo le dimissioni di Dal Pino - IL GOVERNO RIAPRE TUTTO TRANNE GLI STADI

I maligni sostengono che da qualche giorno Claudio Lotito si sia di fatto trasferito in un hotel del centro di Milano, a due passi dal cuore del potere calcistico italiano del quale aspira a tornare a essere gran cerimoniere. Le dimissioni dell'ormai ex presidente della Lega Serie A, Paolo Dal Pino, hanno improvvisamente riaperto i giochi. Lui se n'è andato negli Stati Uniti anticipando di qualche tempo una decisione già presa, di sicuro non insensibile all'ultima trappola piazzata da parte dell'assemblea che amministrava e che ha creato non pochi scossoni tra i palazzi di Milano e Roma.

La lettera con cui una parte dei club andava alla guerra con il presidente della Figc, Gabriele Gravina, sul tema statuto e quorum non poteva rimanere senza conseguenze. Così è stato e così, nel pieno della crisi pandemica e con (in teoria) la priorità di presentarsi dal Governo con un fronte compatto per chiedere riaperture e ristori, la Serie A si è riprecipitata nel solito clima di eterna campagna elettorale.

Tutti contro tutti e il già citato Lotito a capo del partito degli anti-Gravina, sperando di far saltare la minaccia di commissariamento e l'ipotesi di riforma della governance. Il primo nome circolato come successore di Dal Pino, certamente non inviso a Lotito - anzi - pare essersi bruciato in fretta sull'altare di un vecchio video in versione Kill Bill con tanto di spada samurai. Il pretesto perfetto per chi non voleva che Gaetano Blandini, direttore generale della SIAE, già consigliere indipendente della Lega e molto vicino al numero uno laziale, potesse trovare i 14 voti necessari per essere eletto.

Caduto Blandini, però, la partita è rimasta aperta. Lo scenario è complesso e viene così letto da chi ruota intorno agli uffici della Lega in via Rosellini: le ipotesi che avanzano (Roberto Romei avvocato della Sampdoria oppure Luca Percassi dall'Atalanta, da poco vice presidente) presentano tutte delle criticità. Il sospetto è che si tratti o di figure deboli, oppure che le loro chance di ascesa al trono che è stato di Dal Pino si scontrino con aspetti politici e normativi di non poco conto.

Ad esempio, se il nome fosse davvero quello di Percassi si dovrebbe passare per una modifica del già citato Statuto con autorizzazione della Federcalcio, cioè di Gravina che è visto come il fumo da una parte dei club, restii a ridurre il potere di veto incrociato che oggi blocca tutte le decisioni fondamentali, ma non da tutti. Tanto che qualcuno iscritto al partito dei lotitiani avrebbe garantito di essere indisponibile, ad esempio, a votare un candidato poco presentabile come immagine.

Cosa succederà? Si comincia lunedì 7 febbraio e in teoria entro il 15 bisogna approvare le modiche statutarie per evitare il commissariamento da parte della Figc. Che resta alla finestra e non cambia posizione, convinta che serva uno snellimento deciso nelle regole di funzionamento dell'assemblea più litigiosa d'Italia. Le dimissioni (molto indotte) di Dal Pino potrebbero, in realtà, fornire un assist prezioso a Gravina: se il fronte di Lotito e dei resistenti non riuscisse a fare il blitz con un nuovo presidente, e i nemici del laziale magari bloccare tutto facendo venire meno il numero legale, la necessità di un intervento dall'alto diventerebbe così plastica da spazzare via tutte le perplessità.

Intrecci di politica che agitano le ore di vigilia della prima chiamata elettorale. Certo, il calcio italiano avrebbe bisogno di tutto tranne che di un'altra guerra santa per questioni di equilibri interni; i presidenti, però, non sembrano sensibili nemmeno al richiamo di una battaglia per il ritorno alla normalità che dovrebbe fare da collante per tutti.

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Giovanni Capuano