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Calcio

Le Asl fermano le nazionali (mettendo a rischio il calcio)

Autorizzazioni negate nelle squadre che hanno dei contagi. Dopo il caso Lazio, ecco la stretta delle autorità sanitarie che apre un nuovo fronte per il mondo del pallone

Con il caso Lazio aperto e che promette sviluppi, sia dal punto di vista della giustizia sportiva che dell'iniziativa delle procure italiane, ecco che sul calcio italiano si addensano altre nubi. Le ASL che hanno competenza su Roma, Lazio, Fiorentina, Genoa e Sassuolo, muovendosi con sospetta contemporaneità, hanno deciso di vietare ai tesserati dei club la possibilità di raggiungere le rispettive nazionali. Il motivo? Le squadre in questione presentano casi di positività al loro interno e devono, dunque, rispettare la 'bolla' come da protocollo. Si tratta della forma di isolamento fiduciario che consente ai giocatori di uscire di casa solo per recarsi nel centro sportivo per gli allenamenti e, se necessario, per disputare la partita a patto di risultare negativi.

Nessuna deroga. E anche chi pare orientato al via libera ha stretto le maglie. E' il caso dell'ASL di Milano che gestisce le positività in casa-Inter: chi vuole partire può farlo, ma deve andare in nazionale utilizzando mezzi propri e rispettando così l'isolamento rispetto a terzi. Non un problema per chi da Milano deve arrivare a Coverciano dove si raduna l'Italia (basta mettersi in macchina), un'ostacolo forse insormontabile per i sudamericani.

La presa di posizione delle autorità sanitarie locali ha mandato su tutte le furie l'amministratore delegato nerazzurro, Beppe Marotta. L'Inter, che più di tutte si era spesa per chiedere a gran voce una rimodulazione del calendario delle nazionali, teme ora la beffa di veder partire i suoi giocatori mentre mezza Serie A può trattenerli, gestendo due settimane di 'bolla' o ritiro che sono un vantaggio non da poco in una stagione così compressa e senza momenti per tirare il fiato.

Così arrabbiato da arrivare a chiedere l'intervento del ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora: "Questa situazione è iniqua e porta a un'alterazione della regolarità del campionato". Nel mirino il diverso comportamento delle ASL. La vicenda, però, rischia di essere potenzialmente pericolosissima per la tenuta dell'intero sistema. E' chiaro che vicende come quella della Lazio, su cui indaga la Procura della Federcalcio insieme alla Procura della Repubblica di Avellino, minano alla radice la credibilità di un movimento che ha ottenuto di poter proseguire malgrado la pandemia garantendo il rispetto dei protocolli e delle regole che si è dato.

Può essere che le zone d'ombra emerse nel valzer dei tamponi della Lazio, oltre a far emergere la necessità di rendere più stringenti regole e controlli, abbia fatto venire il sospetto a chi deve vigilare su tutti i cittadini che la situazione fosse fuori controllo. Di sicuro l'effetto dell'intervento a gamba tesa delle ASL sul calcio è dirompente. L'Italia, solo per restare in casa nostra, rischia di trovarsi privata di quasi la metà dei 41 (numero record) convocati dal ct, anche lui in isolamento, Roberto Mancini. E non saranno contente nemmeno le altre federazioni, alcune si giocano le qualificazione al Mondiale del 2022, la Uefa e la Fifa.

Il calcio italiano è un tassello di un ingranaggio più complesso dove tutto funziona se ognuno riesce a garantire la propria parte. I calendari sono eccessivamente saturi e l'ideale sarebbe stato rinunciare a qualcosa in fase di programmazione; invece nessuna ha fatto un passo indietro (amichevoli comprese) e così ci si trova in una situazione in cui ogni crepa rischia di mettere in pericolo la stabilità di tutto il sistema. Come reagiranno gli altri? Chi può assicurare che, così come sono intervenute ora sui viaggi verso le nazionali, le stesse ASL non comincino a obiettare su ogni singolo passaggio dell'applicazione del protocollo, unica ancora che consente al pallone di non fermarsi? Urge una risposta chiara e immediata, qualcosa che ripristini il senso di fiducia alla base dell'autonomia concessa. O così, oppure tornerà lo spauracchio di un calcio messo nelle condizioni di fermarsi nuovamente.

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Giovanni Capuano