Trap e la difesa della scuola italiana: "Non siamo così scarsi"
L'ex ct della nazionale contesta la lista (senza italiani) dei 20 difensori più forti al mondo secondo la Fifa
Per lui, passato alla storia come uno degli allenatori più difensivi di sempre (anche se la definizione non gli piace e ama ricordare di aver fatto giocare la Juventus con Bettega, Tardelli, Rossi, Platini, Boniek e Cabrini, primo terzino di spinta dopo Facchetti), leggere che nessun difensore italiano merita una nomination tra i primi 20 del mondo deve suonare come bestemmia. Giovanni Trapattoni non ha mandato giù la lettura della lista pubblicata dalla Fifa e dalla quale uscirà il pacchetto arretrato della squadra del 2014. Nessun azzurro, nemmeno come nominations di bandiera. Nulla di nulla e la cosa risponde a una logica, se è vero che nell'anno del mondiale quasi tutto dipende dal comportamento di una nazionale nel mese più importante della stagione. Dunque, non ci sono uomini che hanno condiviso il fallimento azzurro in Brasile, mentre troviamo tre tedeschi (Boateng, Hummels e Lahm), due argentini (Zabaleta e Mascherano) e cinque brasiliani (David Luiz, Filipe Luis, Dani Alves, Marcelo e Thiago Silva). Mancano gli olandesi, ma solo guardando alle semifinaliste mondiali ce ne sono dieci su venti: la metà.
Il resto è la fotografia dei rapporti di forza del calcio europeo, dove comandano Germania, Spagna e Inghilterra e trascinano con sé il resto dell'elenco. Troviamo cinque del Real Madrid, quattro del Barcellona, tre del Bayern Monaco e due di Chelsea e Manchester City. Uniche eccezioni: Atletico Madrid (Godin), Borussia Dortmund (il già citato Hummels) e il Paris Saint German dei brasiliani Thiago Silva e David Luiz. "Lasciar fuori gente come Chiellini e Ranocchia non è giusto" ha detto Trapattoni, spiegando che "non è vero che in Italia non ci sono difensori di livello, ma è vero che stiamo pagando il cambio generazionale".
Il Trap può avere ragione, compreso quando parla di "criteri geopolitici" nella compilazione dei premi di fine anno. E in questa materia siamo certamente oggi meno forti che in passato. Però la domanda andrebbe posta prima di tutto ai colleghi, a partire da Prandelli che Ranocchia lo ha rispedito a casa dopo avergli fatto fare la riserva ai 23 del Brasile. Non saremo i più scarsi, insomma, ma di sicuro attraversiamo un periodo poco florido e il fatto che la causa sia la difficoltà ad abituarsi alla zona, come sempre il Trap ha spiegato, non è una consolazione. La rivoluzione copernicana di Arrigo Sacchi data ormai trent'anni. La zona abbiamo cominciato a praticarla lì e pure bene, considerati i risultati. Solo che allora i nostri si chiamavano Baresi, Costacurta e Maldini che poi sono diventati Cannavaro, Materazzi, Nesta. Oggi siamo arrivato a Chiellini e Ranocchia. L'involuzione della specie.