Spagna: spese folli in tempi di crisi
Perché Grecia e Spagna sull'orlo del baratro hanno società sportive spendaccione
Dalle battute sul rigore della Grecia a quelle sul girone dei pericolanti (ovviamente il nostro, dove siamo in compagnia di Irlanda e Spagna). Era inevitabile che, visti i tempi, gli Europei di calcio ci portassero in dote una ricca serie di metafore politiche ed economiche.
Ma all’indomani dell’incontro tra azzurri e furie rosse, proprio mentre sui giornali le pagelle di Cassano e Iniesta si alternano alla notizia del pacchetto di aiuti da 100 miliardi che Bruxelles concederà alle banche iberiche, è lecito porsi qualche domanda in più.
Una soprattutto: come fa il calcio spagnolo ad essere ancora il più bello, ricco, sfavillante (e dunque, almeno fino a ieri, il più temuto) del mondo se è figlio di un sistema indebitatissimo e di un sistema-Paese dove investimenti e consumi sono crollati in maniera ben più drastica che da noi?
La risposta è piuttosto complessa, ma un dato è certo e riguarda i conti economici. Se squadre come Barcellona e Real Madrid dettano legge sul campo, infatti, a livello finanziario non se la passano certo bene. Tanto che, anche se pochi lo sanno, la loro leadership pallonara è tra le principali cause della spirale in cui, tra mancanza di liquidità e asset tossici, sono precipitati gli istituti di credito del Paese. Finora, però, il particolare status giuridico dei club, la loro popolarità e il valore degli asset (giocatori in testa) ha evitato il peggio. Ecco qualche numero per chiarire meglio il quadro.
A livello patroniale la situazione del calcio professionistico italiano e di quello spagnolo è piuttosto simile: i debiti complessivi del nostro pallone, al termine della scorsa stagione, ammontavano a 4,8 miliardi di euro, quelli iberici a 4,9. Ma se quelli accumulati dai team italiani sono quasi tutti verso terzi (con le banche a farsi semplici garanti) e in piccola parte verso il fisco, al di là dei Pirenei la situazione è ben diversa.
Qui l’80% dell’esposizione delle squadre, pari dunque a circa 4 miliardi, si registra nei confronti degli
istituti di credito. Che nonostante la crisi, anche negli ultimi anni hanno generosamente finanziato ricapitalizzazioni, coperto buchi e persino aiutato i club nell’acquisto di calciatori.
La crisi di Bankia (nata nel 2010 dalla fusione di 7 casse e parzialmente nazionalizzata lo scorso maggio quando stava per dichiarare default) è emblematica: a dispetto di un buco da 19 miliardi di euro, ha appena concesso al Barcellona un finanziamento per la sua prossima campagna acquisti. Ma lo stesso hanno fatto, per la verità, anche Caja Madrid e Bancaja, che tra il 2009 e il 2010 hanno generosamente pompato contanti, a tasso d’interesse agevolato, nei forzieri di Real e Valencia. Squadre oggi gravate da debiti rispettivamente per 590 e 400 milioni.
Non è tutto, perché ad agosto 2011, in piena tempesta finanziaria, gli stessi istituti si sono rivolti per un prestito ponte alla Bce, utilizzando come garanzia obbligazioni ad alto rendimento emesse verso terzi, a loro volta garantite, tra le altre cose, dal patrimonio delle squadre che si erano rivolte a loro. Un po’ contorto, ma semplificando è come se Cristiano Ronaldo e David Villa fossero diventati un bond ad alto rischio.
Seconda domanda: ma se le principali squadre spagnole sono in default tecnico e le banche che le finanziano versano nelle stesse condizioni, come fanno a proporre ingaggi che noi non possiamo più permetterci? In questo caso la risposta va cercata nel particolare status fiscale e finanziario di cui godono i team.
Primo: a Madrid e dintorni l’aliquota fiscale sui redditi più alti è al 52%, contro il 57% italiano: significa in pratica che a parità di investimento, un team iberico è in grado di assicurare ai suoi calciatori stipendi leggermente più alti. Fino a pochi mesi fa, inoltre, bonus e premi erano totalmente detassati. Provvedimento che è stato cancellato di recente, anche se verrà comunque mantenuto in caso di vittoria di Iniesta e compagni all’Europeo, grazie alla «complicità» di Polonia e Ucraina (dove restano detassati) che riceveranno i bonifici dalla Federcalcio spagnola. Secondo: molte squadre spagnole sono società ad azionariato diffuso, con uno status in parte simile a quello delle nostre cooperative, che permette di detassare una parte degli investimenti e di fare sì che ogni acquisto effettuato dalle decine di migliaia di soci-tifosi (dagli abbonamenti all’acquisto di merchandising) concorra alla ricpaitalizzazione. Terzo: ai club è stata concessa una dilazione di 8 anni per rientrare dei debiti entro il 2020, a partire dalla stagione 2014-15.
Si potrebbe obiettare che la situazione resti comunque critica: abbiamo già detto del Real le cui esposizioni ammontano a 590 milioni, ma anche il Barcellona con 578 non scherza.
Anche in questo caso, però, i numeri vanno letti, e soprattutto interpretati, in maniera adeguata. Lo ha fatto Swiss Ramble, uno dei blog più autorevoli in questo campo. Secondo la sua analisi, queste cifre comprendono infatti anche la rateizzazione degli acquisti dei giocatori (Il Real ha rate da pagare per 126 milioni, il Barcellona per 75) che sono spesso molto lunghe e, come abbiamo visto, godono di tassi favorevoli.
Inoltre, il famoso fair play finanziario in vigore da quest’anno basa i propri conteggi sul metodo denominato Ias, che fa riferimento principalmente ai debiti finanziari e bancari. Utilizzando questa chiave di lettura, i debiti lordi delle due squadre scenderebbero a 146 milioni per il Real Madrid e 150 per il Barcellona. Vale a dire che sarebbero minori rispetto a quelli di molti top club europei, italiani compresi.
Inoltre, per il Barcellona, c'è un fattore particolarmente importante da tenere presente, quando si mettono in fila i debiti complessivi. Infatti, i giocatori nati e cresciuti nelle giovanili del club, non sono contabilizzati nel capitale del club come di solito si fa quando si acquista un giocatore (si divide il valore dell'acquisto per il numero di anni di contratto e si detrae quel valore dal totale per ogni anno che passa fino alla scadenza del contratto). Provate a calcolare quale patrimonio attivo potrebbe avere il Barcellona se fossero valutati tra gli attivi di bilancio anche Messi, Puyol, Xavi, Iniesta e Pedro. Questo calcolo, evidentemente, le banche e i creditori lo hanno fatto.