Robert Plant: magia e classe agli Arcimboldi di Milano
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Musica

Robert Plant: magia e classe agli Arcimboldi di Milano

Lo splendido concerto dell'ex Led Zeppelin, un artista che ha scelto di cambiare e rinnovarsi per non diventare (come molti colleghi) il pallido clone di se stesso

Ci vuol poco a diventare il clone pallido di se stesso quando si ha alle spalle una storia come la sua. In fondo sarebbe bastato accettare l'idea di rifare i Led Zeppelin negli stadi con Jimmy Page e John Paul Jones. Replicare il proprio mito da anziani, si sa, è uno degli sport preferiti dei rocker d'annata. Ma Robert Plant non è l'artista adatto per questo tipo di revival senza fine, e infatti da almeno vent'anni (fatta eccezione per una riuscita rimpatriata con gli Zep nel dicembre del 2007) ha scelto di costruire intorno a sè un nuovo universo sonoro. Nei dischi solisti e soprattutto in concerto.

Dal vivo Plant propone una visione musicale chiara e nitida, che ieri sera ha raccolto applausi e ovazioni entusiastiche agli Arcimboldi di Milano. Con lui, i Saving Grace, ovvero Oli Jefferson (percussioni), Tony Kelsey (mandolino, baritono e chitarre acustiche), Matt Worley (banjo, chitarre acustiche e baritono, cuatro), e un'eccezionale vocalist e polistrumentista portoghese, Suzi Dian, la complice ideale in uno show, elegante, raffinato e molto, molto intenso.

La scelta di fondo di Robert è tornare alle radici, alla musica che l'ha ispirato da giovane viaggiando tra il folk, il blues del Delta del Mississippi, il gospel e naturalmente il buon vecchio rock. Il tutto realizzato con una coerenza sonora straordinaria che attraversa i brani "traditional" come Gospel Plow, The Cuckoo e Satan e Your Kingdon Must Come Down, riproposta in una versione da brividi. Il momento più alto dell'intero spettacolo. Tanta musica, tanta qualità, tanta passione: è il suono che avvolge ed emoziona in un alternarsi di piani e forti. Un gioco di dinamiche che impreziosisce le versioni di Out in the woods (Leon Russell), Angel dance (Los Lobos) e Chevrolet (Ed e Lonnie Young).

E i Led Zeppelin? Ci sono, ma non per far felici gli inguaribili nostalgici del tempo che fu (durante lo speech tra un brano e l'altro Plant ha ricordato i lacrimogeni e il concerto interrotto al Vigorelli di Milano nel 1971: "It was 197 something..."). Friends, The Rain Song, Gallows Pole e Four sticks, sparse per la scaletta, non sono un siparietto a parte, ma vecchi capolavori riarrangiati e perfettamente inseriti nel contesto del concerto. A chiudere uno splendido momento spiritual gospel sulle armonie di And we bid you goodnight. Perfetto.

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Gianni Poglio