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(Ansa)
Musica

Ghali, il rappresentante della nuova generazione di italiani che piace negli Usa

Il New York Times ha dedicato un lungo articolo al rapper di Baggio, figlio di immigrati tunisini, che ha dato voce a una nuova generazione di italiani, facendosi apprezzare a livello internazionale

«Mare o mare, non ti agitare/ Mi raccomando, portalo in salvo/ Ahi ahi ahi, mare o mare, ti prego non ti agitare o annego/ Mi raccomando che arriva, portalo in salvo a riva». Con queste parole Ghali, uno dei nostri rapper più apprezzati anche all’estero, ha raccontato il dramma dell’immigrazione in Mamma, canzone del 2017 in cui l’artista di Baggio cantava di come il Mediterraneo fosse un genitore per i popoli, pregandolo di essere clemente con le vite che si affidano a lui per cercare un futuro migliore.

Rap e impegno sociale sono le due attività a cui si è dedicato maggiormente negli ultimi anni il rapper milanese, nato da genitori tunisini, fino a diventare il portavoce degli italiani di seconda generazione, che hanno trovato in lui un modello di integrazione e di riscatto da seguire.

Il prestigioso New York Times, uno dei quotidiani più letti al mondo, ha dedicato a Ghali (che in arabo vuol dire “prezioso”) un lungo articolo, a firma Alia Malek, dal titolo emblematico “Può un rapper far cambiare idea all'Italia sui migranti?”. L’articolo è arricchito da un reportage fotografico di Andrea Frazzetta, che ha documentato il suo addestramento, come volontariato, per imparare a eseguire salvataggi in mare.

Ghali ha donato una “rescue boat”, di nome Bayna, che significa “vederci chiaro”, come la canzone contenuta nel suo nuovo album Sensazione Ultra, oltra a farsi promotore di una raccolta fondi mirata al completo rinnovamento delle dotazioni di sicurezza della Mare Jonio, la nave di Mediterranea Saving Humans. «Questi volontari stanno salvando i miei amici, le loro famiglie, i miei fratelli. Provo gratitudine. I miei fratelli che salvano i miei altri fratelli», dichiara nell’articolo il rapper.

Ghali porta avanti da sempre, nella sua musica, un discorso culturale per favorire l’inclusione dei migranti: in Cara Italia cantava «Quando mi dicono vai a casa/ Rispondo sono già qua» e in Ora d’Aria denunciava il razzismo presente nelle istituzioni del nostro paese. Nell’articolo vengono citate alcune considerazioni del giornalista musicale Andrea Bertolucci, secondo il quale Ghali «ha dato finalmente voce a una comunità che non ha mai avuto una rappresentanza politica, sociale, religiosa e nemmeno linguistica», grazie anche ai «riferimenti culturali comuni a molti giovani di seconda generazione, l’innovativa miscelazione – o addirittura “contaminazione” – della lingua italiana con l’arabo, il francese, lo spagnolo e l’inglese, creando un territorio di rivendicazione linguistica per coloro che , come lui, si sentiva escluso dai diritti di cittadinanza e di integrazione».

Ghali tifa Milan, ama la moda italiana, di cui è stato anche testimonial su alcuni magazine, ha prestato il suo volto per importanti campagne pubblicitarie, ha partecipato al Festival di Sanremo, ma non ha mai reciso i legami con la sua gente di Baggio, periferia milanese in cui tanti italiani di seconda generazione sono cresciuti. L’artista ha raccontato di essere diventato italiano a tutti gli effetti al compimento dei 18 anni e di quanto sia stata importante sua madre, arrivata dalla Tunisia quando aveva appena 20 anni, per la sua carriera. Non solo lo ha cresciuto praticamente da sola, poiché suo padre è stato spesso in carcere prima di tornare definitivamente in Tunisia, ma nel 2003 lo ha portato al cinema a vedere 8 Mile, il film semiautobiografico interpretato dalla superstar del rap Eminen: una sorta di folgorazione, per il piccolo Ghali, che capisce cosa vuole fare da grande e, soprattutto, come uscire dalla periferia attraverso l’arte della parola, senza farsi ammaliare dalle sirene dei soldi facili della microcriminalità.

Grazie a un suo amico tunisino, Ghali divora la musica di Joe Cassano e capisce le potenzialità del rap italiano contaminato con le influenze arabe, che diventa il suo marchio di fabbrica, facendolo diventare, nel giro di pochi anni, un artista in grado di vincere numerosi dischi di platino e di farsi conoscere fuori dai confini dell’Italia grazie alle sue rime ironiche e taglienti. «Il rap ha dato un senso a tutto», afferma l’artista di Baggio. «Nessuno potrebbe impedirmi di dire quello che penso».

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Gabriele Antonucci