​Ficarra e Picone nel film La stranezza
Ficarra e Picone nel film La stranezza
Lifestyle

Ficarra e Picone, personaggi in cerca d’autore

La passione per il teatro (prima di diventare famosi), la sicilianità e l’arte di far ridere che trae sempre spunto dalla vita reale. Il duo comico si racconta a Panorama e svela i retroscena del nuovo film La stranezza, dove sono due «cassamortari» che mettono in scena uno spettacolo insieme a Toni Servillo. Che recita nel ruolo di Luigi Pirandello.

«Il nostro rapporto con il teatro risale a tantissimo tempo fa, ancor prima di conoscerci. Sia io sia Salvo ci siamo avvicinati, in momenti diversi, proprio a una compagnia amatoriale come quella che abbiamo portato in scena in questo film. Così abbiamo imparato ad amarlo e poi tentato di praticarlo. Abbiamo iniziato a portare i nostri spettacoli sui palcoscenici e nelle piazze di varie città, finché gradualmente ci siamo resi conto che recitare poteva essere il nostro mestiere». Valentino Picone ricorda così i primi passi della carriera da attore che si è trasformata man mano in un trionfo nazionalpopolare con la formazione del duo Ficarra e Picone.

L’occasione di parlare del proprio lavoro, del successo e del rapporto con la tradizione siciliana per i due comici palermitani è quella dell’uscita al cinema di La stranezza di Roberto Andò: «Nel film Picone è Onofrio Principato, impresario di onoranze funebri, e io sono il suo impiegato Sebastiano Vella. Entrambi sono piuttosto distratti sul lavoro perché impegnati a fare le prove di una farsa originale che prende spunto dalle vite degli abitanti di Agrigento» continua Ficarra. Siamo nel 1920 e Luigi Pirandello (Toni Servillo) è tornato in Sicilia da Roma per festeggiare l’ottantesimo compleanno del collega Giovanni Verga (Renato Carpentieri), quando viene a sapere che è morta la sua vecchia balia cui era molto affezionato. Perciò si rivolge ai due cassamortari Principato e Vella per organizzarle il funerale, salvo imbattersi in un burocrate che vuole essere corrotto per trovare un loculo libero in tempi brevi. Nell’attesa che il posto per la bara si liberi, lo scrittore - in grave crisi d’ispirazione, tormentato dai suoi personaggi che lo vanno a trovare per chiedergli di trovare una trama - scopre le velleità autoriali dei becchini e decide di andare a vedere le prove del loro spettacolo. «Ricordatevi che siamo dilettanti professionisti, dice Onofrio alla sua compagnia» spiega Ficarra. «La cosa che rapisce Pirandello è la passione di questi due dilettanti in quel che fanno, al punto di dimenticarsi quasi del proprio lavoro». «Si tratta della stessa passione che ha rapito anche noi e Toni Servillo quando Roberto Andò, che conosciamo da moltissimi anni, ci ha raccontato l’idea di questo film costruito attorno alla creazione e alla prima rappresentazione di quello che è considerato un capolavoro della drammaturgia mondiale, ovvero Sei personaggi in cerca d’autore, andato in scena al Teatro Valle di Roma nel 1921» commenta Picone.

Cosa vi ha attratto per convincervi a girare questo film?

Ficarra. Sicuramente l’idea di lavorare con Roberto e con Toni Servillo. Tra noi si è instaurato un rapporto di vera amicizia dietro le quinte, il cui risultato si vede credo anche nel film. E il fatto che parla dello sforzo di creare qualcosa che prima non c’era.

Picone. Proprio così. Questo nuovo lavoro ha al centro Pirandello, ma valica i confini della letteratura o del teatro e parla in modo più generico di ispirazione e della fatica e del lavoro che c’è dietro ogni idea rivoluzionaria.

Qual è il vostro rapporto con Pirandello, Verga e più in generale gli autori siciliani?

Picone. Direi carnale. Il modo di ragionare di Pirandello è fortemente impregnato di sicilianità. Possiamo parlare di lui in modo molto alto, discutere di maschere e teatro nel teatro, però in realtà la sua poetica nasce nelle strade del Sud, dove va in scena ogni giorno una vera e propria rappresentazione.

E con i comici della vostra isola?

Ficarra. Ce ne sono alcuni, per esempio Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che hanno influenzato la nostra giovinezza, oppure Pino Caruso, con cui abbiamo avuto negli anni un rapporto meraviglioso e che sentiamo più vicino a noi come modo di pensare. Siamo rimasti in Sicilia, ci piace parlare della nostra regione, ma compiuti i 30 anni dal debutto possiamo dire di essere andati alla ricerca di una nostra cifra molto personale: usare la comicità come lente di ingrandimento sui vizi e le storture degli italiani.

Voi siete non solo siciliani, ma palermitani. In cosa si riverbera questa indole nella vostra comicità?

Picone. Il palermitano è uno che per natura minimizza tutto, a differenza del catanese che enfatizza. Ed è proprio nel dialogo tra l’enfasi e l’understatement che si innesca il meccanismo comico.

Dove cercate l’ispirazione per i vostri spunti comici?

Ficarra. Solitamente partiamo da un tema che vogliamo affrontare e cerchiamo l’ispirazione negli eventi quotidiani o nelle notizie di cronaca, un po’ come fanno i due personaggi di La stranezza, che nella farsa cercano di denunciare il malaffare sull’assegnazione dei loculi.

Picone. Per esempio quando abbiamo scritto Andiamo a quel paese, in cui due disoccupati scoprono di poter vivere con le pensioni dei conoscenti aprendo un ospizio abusivo, l’idea ci è venuta parlando con alcune persone che lo facevano realmente.

Anche in questo film come in altri, lei, Valentino, ha un ruolo diciamo più serio, e Salvo più scherzoso. Quando avete deciso tra voi questa divisione di «compiti»?

Picone. Fin da quando siamo saliti insieme per la prima volta in scena, abbiamo capito che Salvo, più estroverso, aveva più il gusto della battuta fulminante ed era l’ideale per interpretare il furbo che si arrabatta per trovare una soluzione a tutti i costi, mentre io, più timido, ero perfetto per fare il clown bianco, il tipo giudizioso, che magari lo bacchetta. Per noi sono ruoli talmente naturali che io non potrei mai fare Ficarra e lui non potrebbe fare Picone.

Quali sono i personaggi che vi hanno reso più orgogliosi?

Picone. Siamo nati con i siciliani stanchi stanchi che se ne stavano seduti a parlare del più e del meno e li sentiamo nostri, perché ci hanno lanciato all’inizio della nostra carriera. E appena possiamo in teatro li riproponiamo, anche perché sono due nullafacenti che commentano ciò che accade nel mondo, quindi sono sempre attuali.

Avete anche preso in giro i vizi della politica quando andavate nelle prime tv locali e poi a L’ottavo nano con la Dandini...

Ficarra. Quella trasmissione è di 20 anni fa e non sembra cambiato nulla. Già allora si parlava di una decadenza della politica, col folklore leghista del senatùr in canottiera. Oggi è diventato più difficile prendere in giro i politici, tanto sono comici da soli. Poi, da quando hanno iniziato a usare i social, sono diventati come adolescenti.

Ultima domanda: quando avete intuito il potere della comicità?

Ficarra. Guardando da piccolo le comiche di Stanlio e Ollio.

Picone. Io a scuola, quando qualcuno faceva l’imitazione del professore e non riuscivi proprio a non scoppiare a ridere.

I più letti

avatar-icon

Francesco D'Errico