Ciclismo: chiude per sempre il Museo del Ghisallo?
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Ciclismo: chiude per sempre il Museo del Ghisallo?

Aperto nel 2006, ha la più grande collezione di maglie rosa del mondo, ma anche 900 mila euro di passivo tra appelli a vuoto e iniziative mancate...

di Sergio Meda Sportivamentemag

Inaugurato nel 2006, rischia già la chiusura il Museo del Ciclismo di Magreglio, nel Comasco, posto in cima alla salita storica del Giro di Lombardia, il Ghisallo, a un passo dalla Madonna venerata dai ciclisti che è chiamata a proteggere. Trenta metri, non di più, dividono le due costruzioni, entrambe figlie della devozione. La prima pullula di ex-voto, maglie e bici donate dai campioni, il secondo ospita la più grande collezione di maglie rosa al mondo (52, un paio in lista d’attesa, grazie a un intelligente progetto Gazzetta, “Giro for Ghisallo”), oltre a cimeli ciclistici importantissimi, bici storiche e celebri, accessori, giornali, libri, riviste.

Il Museo si deve alla volontà di Fiorenzo Magni, ben spalleggiato da Candido Cannavò, storico (per longevità) direttore della Gazzetta. Negli ultimi vent’anni della loro vita ne hanno perorato la causa, convincendo la Regione Lombardia, la Cariplo, la Provincia di Como, il Comune di Magreglio, la stessa Gazzetta, ad accollarsi i 4 milioni di euro del costo dell’impianto. A colmarlo di preziosità hanno provveduto i privati, semplici appassionati, campioni ed ex-campioni. Con gesti di liberalità.

Ora la situazione economica del Museo del Ghisallo è precipitata perché, nonostante le larghe contribuzioni di Magni e della sua famiglia (mezzo milione di euro in questi anni per tamponare il passivo), gli oneri con le banche ne pregiudicano l’esistenza. Chi sa, riferisce che i ricavi dei biglietti, in larga parte provenienti da frequentatori stranieri, oltre a piccole iniziative e donazioni, ammontano a 100 mila euro l’anno mentre le spese, con il carico angosciante degli oneri finanziari, sono esattamente il triplo. L’anno in corso prevede quindi un deficit vicino ai 200 mila euro, destinato a crescere se non ci sono giuste contrarie. Negli scorsi mesi ci sono state difficoltà a pagare persino gli stipendi dei pochi dipendenti, da tempo ridotti per contenere le spese. Ieri, domenica 3 novembre, il Museo ha chiuso per i prossimi cinque mesi (un non senso che dura da almeno quattro anni, nel tentativo di contenere i costi) ma si teme che il 1° aprile 2014 i battenti non riapriranno.

Fine di un sogno, a un anno e poco più dalla morte di Fiorenzo Magni? Non è detto. C’è chi, in Regione Lombardia, si è mosso per perorare la salvaguardia del Museo. Il consigliere regionale Fabio Pizzul (cognome che ricorda Bruno, il papà), si è mosso pochissimi giorni fa con un’interrogazione ad Antonio Rossi, assessore regionale allo Sport, affinché la Giunta offra il supporto economico necessario alla continuità del Museo, i cui debiti, riferiscono i bene informati, procedono spediti verso i 900 mila euro.

Le note dolenti ci sono, gli errori e le omissioni pure. Su designazione dello stesso Fiorenzo Magni, il continuatore del Museo avrebbe dovuto essere Angelo Zomegnan, direttore del Giro d’Italia per sei anni (dal 2006 al 2011), già vicedirettore della Gazzetta dello Sport, di recente edificatore e grande capo del Mondiale di Toscana con base a Firenze. Zomegnan ha assunto, a suo dire, il ruolo di traghettatore del Museo verso l’equilibrio dei conti, per poi passare la mano. Come a dire un presidente pro tempore della Fondazione del Museo, l’organo che lo sovrintende, con il compito di risanare la situazione, una specie di Enrico Bondi provvidenziale commissario straordinario di Parmalat. Animato delle migliori intenzioni, Zomegnan ha proposto in Consiglio, a inizio 2013, un piano con ben 50 iniziative per l’anno in corso, a partire da una Gran Fondo del Ghisallo in grado di dare una sistemata ai conti, con un robusto innesto di liquidità. E poi investitori e sponsor, joint ventures di ogni tipo.

Peccato che nulla o quasi sia accaduto, tanto che di recente tre consiglieri della Fondazione hanno dato le dimissioni. Soprattutto non c’è stata traccia della Gran Fondo, malgrado Zomegnan l’avesse pubblicizzata con una serie di tweet sin dalla scorsa Epifania. Era in programma il 5 ottobre scorso. Abbiamo conservato il primo messaggio, perché bene augurante. Diceva “-260 alla Gran Fondo”. Settimane dopo, di giorni ne mancavano 205. Poi fine dei tweet e inizio dell’oblio con gente che chiedeva quando e perché. Restano così solo le domande e il bilancio disastrato. Cose che il Ghisallo, e il suo Museo, non meritano.

Sergio Meda, autore di questo articolo, è direttore del sito Sportivamentemag, magazine on line che tutela lo sport e le sue regole, proponendo  storie e riflessioni.

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