L'album del giorno: U2, The Joshua Tree
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L'album del giorno: U2, The Joshua Tree

Il capolavoro della band irlandese, trascinato dai singoli I still haven't found what I'm looking for, Where the streets have no name e With or without you, affonda le radici nel rock, nel blues e nel gospel americano

Alcuni album sembrano benedetti da un'aura di magia, grazie alla quale tutti gli elementi si incastrano alla perfezione in un puzzle sonoro policromo, nitido e senza sbavature. Pensiamo a The dark side of the moon dei Pink Floyd, ad Abbey Road dei Beatles, a Pet Sounds dei Beach Boys e al più moderno The Joshua Tree degli U2, l'indiscusso capolavoro del gruppo irlandese. Boy del 1980, October del 1981, War del 1983, Under a blood red sky del 1983 e soprattutto The unforgettable fire del 1984 hanno segnato una lenta, ma inesorabile crescita della band guidata da Bono Vox, in cui il songwriting sempre più personale del suo leader è supportato da un suono, frutto dell'alchimia tra la chitarra liquida di The Edge con la solida sezione ritmica di Clayton e Mullen Jr, sempre più caratteristico e a fuoco. Tutte tappe di avvicinamento a quel fatidico 9 marzo 1987, data di uscita nei negozi di The Joshua Tree, che proietta la band irlandese in una realtà del tutto nuova, fatta di stadi da football ribollenti di entusiasmo, dei dischi di platino a cadenza settimanale e delle copertine sulle più importanti riviste internazionali. La Gran Bretagna viene velocemente contagiata da una vera e propria "U2 mania", una lucida follia collettiva che non era stata così virulenta dai tempi d'oro dei Beatles. Non è un caso che nell'iconica copertina si veda dietro la band un suggestivo Yucca Brevifolia, comunemente detto albero di Joshua, perché il disco affonda le sue radici nel rock, nel blues e nel gospel, nonostante spinga sull'acceleratore dello sperimentalismo europeo grazie all'apporto creativo dei produttori Brian Eno e Daniel Lanois e al sound cinematico della sei corde di The Edge.

U2 - I Still Haven't Found What I'm Looking For (Official Video)www.youtube.com


La foto della copertina è stata scatta da Anton Corbjin lungo la Route 190 in California. "La scelta del deserto mi sembrò naturale in un anno che ancora oggi ricordo come molto difficile per me. Ero in crisi con mia moglie e morì un carissimo amico" ha raccontato Bono dopo l'uscita del disco. Evocativo, politico, profondamente americano nei suoi richiami al rock, al blues e al gospel, l'album, che ha venduto 28 milioni di copie nel mondo(di cui 1 solo in Italia) e che ha vinto il Grammy Award come migliore album dell'anno nel 1988, è ambizioso nel suono quanto nei temi: l'amore, la perdita, la fede, i sogni spezzati e la ricerca dell'oblio. In The Joshua Tree troviamo brani cupi e disperati come l'aspra Exit, Mothers of the disappeared, dedicata da Bono alle madri di tutti i desaparecidos, Bullet the blue sky, in cui The Edge, un vero mago nel creare spazi sonori sterminati con l'uso del delay, simula il suono delle bombe sganciate sopra El Salvador, e Running to stand still, una ballad sommessa sulla dipendenza da eroina resa ancora più toccante dal suono della chitarra slide. L'intensa One Tree Hill è dedicata al roadie Greg Carroll, morto un anno prima per incidente, mentre in Trip Through Your Wires è evidente l'influenza musicale americana, tra slide e armonica a bocca alla Dylan. Non mancano, però, canzoni più accessibili e radiofoniche, ma ispiratissime e all'insegna della ricerca spirituale, come il gospel dalle tinte folk di I still haven't found what I'm looking for, il magnifico inno all'uguaglianza razziale e civile di Where the streets have no name (che ha una delle intro più memorabili nella storia del rock) e With or without you, una struggente canzone d'amore, non si sa se rivolta a una lei o a direttamente Dio, che esalta le doti vocali e interpretative di Bono. In God's country è indimenticabile il riff di chitarra, mentre Red Hill Mining Town è caratterizzata da una bellezza semplice e composta, grazie anche ai suoi cori angelici. "L'America è la terra promessa per molti irlandesi", ha sottolineato Bono a "Rolling Stone"."Io sono solo uno di una lunga serie di irlandesi che hanno affrontato il viaggio". Un viaggio attraverso il quale gli U2 sono arrivati al cuore di milioni di persone in tutto il mondo.

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Gabriele Antonucci