Quando Queen Elizabeth divenne il bersaglio dei Sex Pistols
Emi
Musica

Quando Queen Elizabeth divenne il bersaglio dei Sex Pistols

Nell'Inghilterra depressa degli anni Settanta i Sex Pistols sconvolsero la nazione con un brano dissacrante e provocatorio: l'attacco più duro di sempre alla monarchia e alla regina

C'è una canzone God Save The Queen, che non ha nulla a che fare con l'inno inglese, che fotografa gli anni Settanta in Inghilterra. Anni duri di disoccupazione e crisi economica. Un disagio musicalmente intercettato dal punk. Un suono e un approccio anti-sistema che tra i suoi bersagli preferiti aveva ovviamente individuato la Regina e la monarchia come istituzione simbolo del vecchio mondo. Così quando i Sex Pistols, icone assolute del punk made in England, pubblicarono il 45 giri di God Save The Queen, l'Inghilterra rimase scioccata.

Al trionfo nelle classifiche seguirono infinite polemiche per il testo della canzone che accostava la Regina e la monarchia ad un regine fascista. Il brano venne pubblicato nel 1977 in prossimità del Silver Jubilee che festeggiava i 25 anni di regno di Elisabetta.

Nel giorno del Giubileo i Sex Pistols tentarono di eseguire live il brano a bordo di un barcone sul Tamigi, ma il mini show venne interrotto dalla polizia che arrestò undici presone. God Save The Queen venne poi censurata dalla BBC e bandita da molte catene di negozi di dischi.

"No future in England's dreaming" urlava sgraziato nel brano il frontman dei Pistols, Johnny Rotten. E forse anche per questo God Save The Queen non raggiunse mai il primo posto nella classifica ufficiale dei singoli. Una leggenda metropolitana dice che al brano "venne impedito" di conquistare la prima posizione perché troppo controverso ed offensivo. Se sia vero o no non lo sapremo mai. Di sicuro con quel brano i Sex Pistols fecero qualcosa che nessun aveva mai osato prima. Ma sul "no future" delle Regina, il tempo ha dimostrato che si erano proprio sbagliati...

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Gianni Poglio