Led Zeppelin: Houses of the Holy, 50 anni dopo
(Ansa)
Musica

Led Zeppelin: Houses of the Holy, 50 anni dopo, è sempre una gioia per le orecchie

Pubblicato il 28 marzo del 1973, l'album, caratterizzato dalla discussa copertina realizzata dallo Studio Hipgnosis, è uno dei più interessanti e sorprendenti dal punto di vista dello stile musicale

Sono passati quarantatré anni dalla tragica morte di John “Bonzo” Bonham, che ha provocato lo scioglimento dei Led Zeppelin, il più importante e influente gruppo hard rock di sempre. Il mito del Dirigibile non è mai tramontato, ma, anzi, è cresciuto ad ogni nuova ristampa da parte del chitarrista-manager Jimmy Page, come ha dimostrato l’entusiasmo che ha accompagnato le versioni rimasterizzate ed estese degli album della band.

Ormai sono sempre più scarse le possibilità di una loro reunion, dopo la ormai lontana parentesi del Celebration Day di Londra nel 2007, ma è Robert Plant, definito da Rolling Stone “il più grande cantante solista di tutti i tempi”, a perpetuare il mito Zep nei suoi concerti insieme ai Saving Grace (il suo tour farà 7 tappe in Italia quest'estate, tra la fine di agosto e l'inizio di settembre). Se è vero che buona parte del loro mito è stato edificato sui primi quattro, straordinari album, contrassegnati ciascuno da un numero romano, il loro quinto lavoro, Houses of the Holy, pubblicato cinquant'anni fa, il 28 marzo 1973, è uno dei più interessanti e sorprendenti dal punto di vista dello stile musicale.

Oltre che per le canzoni, Houses of the Holy è famoso anche per la discussa copertina, realizzata dal leggendario Studio Hipgnosis a cui si devono le cover degli album dei Pink Floyd. La foto di Aubrey Powell, ispirata al libro Angelo custode di Arthur C. Clarke, ritrae i piccoli Samantha e Stefan Gates, rispettivamente di 7 e 5 anni, completamente nudi e riprodotti in undici pose diverse presso la scogliera del Giant’s Causeway nell’Irlanda del Nord. L'album inizia alla grande con l'epica The song remains the same, concepita inizialmente da Page come ouverture strumentale, con una raffica impressionante di arpeggi e accordi realizzati con una Fender elettrica a dodici corde, a cui poi Plant aggiunse un testo, intitolandola in un primo momento, The Plumpton and Worcester Races. The song remains the same, incentrata sul tema del viaggio e sull'assunto che "ricevi quello che dai", è stato uno dei brani più amati dal vivo dai fan degli Zep, tanto da dare il nome al celebre docufilm sulla band.

La magnifica ballad The Rain Song fu una risposta indiretta a George Harrison dei Beatles, che aveva sottolineato come i Led Zeppelin non avessero mai realizzato una canzone lenta: se fate attenzione, nei primi due accordi del brano viene citata proprio Something di Harrison. Mentre Page realizzò l'arrangiamento completo della melodia nel suo rinnovato studio casalingo, John Paul Jones cucì, con abilità sartoriale, una sinfonia d'archi attraverso il mellotron. Intitolata originariamente Many Many Times, Over the hills and far away è un gioioso brano rock-blues con un testo dal sapore hippie sopra la ritmica inscalfibile del duo Bonham-Jones, mentre Page è esemplare nei suoi intrecci acustici e nei suoi cambi di ritmo.

Il torrenziale funky-rock di The Crunge, nato quasi per gioco durante una jam session, è un pezzo che parodiava lo stile caratteristico di canto di James Brown (storpiando il suo celebre "Take it to the bridge"), creando allora un frattura insanabile tra i fan di Mr.Dynamite e quelli degli Zep, "due secoli l'un contro l'altro armati". Sulla scia di Over the hills and far away, anche Dancing Days, utilizzata come primo brano promozionale di Houses of the Holy, è un brano sorprendentemente solare e gioioso, che racconta di infinite serate estive in cui "è bello essere vivi". La vibrazioni positive continuano con gli inediti(per la band inglese) ritmi in levare della reggaeggiante D'Yer Mak'Er, frutto del genio ritmico di Bonzo, probabilmente influenzato dal successo crescente di Bob Marley, che nel 1973 aveva pubblicato il memorabile album Catch a fire.

L'atmosfera cambia completamente con la cupa e minacciosa No quarter, un vero e proprio viaggio musicale di sette minuti (amatissimo dal vivo) nel quale si può apprezzare tutto l'amore di John Paul Jones per il jazz nell'assolo centrale di pianoforte, mentre la voce di Plant è leggermente effettata, per aumentare il senso di mistero del brano, una delle migliori produzioni in studio della loro discografia.

L'album si chiude con un brano tipicamente Zep come The Ocean (il riferimento è al pubblico sempre più oceanico ai loro concerti), con un riff da antologia di Page, che si chiude con un finale dal sapore doo-wop da applausi. L'album ottenne allora recensioni contrastanti, ma ciò non impedì al 33 giri di entrare al primo posto nella classifica inglese e di rimanere per quaranta settimane tra gli album più venduti in Usa. In Houses of the Holy i Led Zeppelin non hanno seguito un comodo sentiero hard rock, ma hanno dimostrato di saper suonare qualsiasi genere con la stessa fantasia e con la stessa potenza di sempre.

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Gabriele Antonucci