In Puglia nasce il Fascicolo del Fabbricato
Arriva il nuovo obbligo per i proprietari di case: presentare (e pagare professionisti abilitati per farlo) un libretto-casa con tutte le informazioni sull'immobile. Ma la norma sembra anticostituzionale e la palla passa al Governo
Se c’è una cosa che non manca mai in Italia è la fantasia con cui si inventano balzelli occulti. A farne sfoggio stavolta non è lo Stato ma una regione, la Puglia, che con legge del 20 maggio scorso ha introdotto un nuovo obbligo burocratico per i proprietari di case: il Fascicolo del fabbricato. In parole povere, si tratta di una sorta di libretto-casa che deve contenere "tutte le informazioni riguardanti la situazione progettuale, urbanistica, catastale, strutturale, impiantistica…", ossia elementi che in un modo o nell’altro dovrebbero essere già in possesso dell’amministrazione.
Poiché a stendere un documento del genere non può che essere un professionista, il cui lavoro andrà chiaramente pagato, la definizione di "balzello" non è affatto fuori luogo. Un po’ come avviene da decenni con caf e commercialisti di fronte ai moduli più o meno "lunari" delle dichiarazioni dei redditi. Quanto è ampio il bacino che finisce sotto la tagliola della legge pugliese? L’articolo 3 dice che l’obbligo riguarda solo gli immobili pubblici e privati di nuova costruzione, cosa che metterebbe al riparo la maggior parte dei cittadini. Ma due articoli dopo arriva, a tradimento, la brutta sorpresa: anche chi non rientra in questa categoria, ossia il proprietario di un immobile già esistente, deve redigere una "scheda informativa del fabbricato", ossia il medesimo Fascicolo di fabbricato di cui sopra chiamato con un altro nome, "avvalendosi di tecnici in possesso di idoneo titolo professionale". E siamo di nuovo ai professionisti (ingegneri, architetti, geometri e quant’altro) i cui gruppi di pressione sono indiziati di aver brigato per ottenere la legge.
La motivazione con cui il provvedimento è stato presentato è quella di tutelare la "pubblica e privata incolumità" attraverso un’adeguata conoscenza del patrimonio edilizio a salvaguardia della sicurezza e della qualità delle infrastrutture, nonché del "buongoverno del territorio". Si tratterebbe insomma di prevenire crolli, anche dovuti a fenomeni sismici. Peccato che l’esperienza passata dimostri ampiamente che questi adempimenti si risolvono sempre in pure trafile burocratiche che non aumentano di una virgola la sicurezza effettiva e reale. Un obbligo del genere, ad esempio, era stato introdotto anni fa (salvo poi essere abolito) a Roma, con il paradosso di un edificio crollato proprio poche settimane dopo aver presentato il fatidico libretto di certificazione.
Questa normativa, oltretutto, pone un difficile problema costituzionale, dal momento che la materia dovrebbe essere competenza dello Stato e non delle regioni. Per questo motivo la Corte Costituzionale si è pronunciata più volte in senso sfavorevole su discipline analoghe introdotte da altre regioni. Ora la palla passa al governo, che entro il 26 luglio deve impugnare la legge (come suggerisce caldamente l’associazione di categoria dei proprietari di case, Confedilizia) se vuole cancellarla dall’ordinamento. In questo senso si sarebbe già espresso il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Maurizio Lupi, ma non è detto che vada così. L’ultima parola spetta al Consiglio dei ministri, ossia al presidente Matteo Renzi e al suo braccio destro Graziano Delrio.