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ANSA/SIMONE SCHIAVON
Economia

Perché Trump impone dazi su pannelli solari e lavatrici

Alla base c’è sempre la politica dell’America First, l’America prima di tutti, ma anche la ricerca di consenso popolare in una fase di difficoltà

Il presidente americano Donald Trump non smentisce se stesso. Appena risolto il problema dello shutdown che aveva provocato il blocco delle attività dell’amministrazione pubblica statunitense con conseguente inevitabile appannamento della sua immagine, prova subito a riconquistare consensi annunciando l’istituzione di dazi doganali su pannelli solari e lavatrici importate dall’estero.

Una decisione, presa sulla scia della politica dell’America First, ovvero l’America prima di tutti, che ha subito scatenato però le proteste in particolare di Cina e Corea del Sud, tra i maggiori fornitori agli Usa di questi beni. Ma vediamo nel dettaglio come si è arrivati a questa scelta e quali saranno le conseguenze.

Difesa di imprese e lavoratori

L’intento dichiarato del numero della Casa Bianca è quello di proteggere le imprese americane che operano nei due settori merceologici investiti dai nuovi dazi.

Tutto nasce infatti dalle proteste di due aziende a stelle e strisce, la Suniva e la SolarWorld Usa, produttori di celle e moduli fotovoltaici, finite sul lastrico, a loro dire, proprio a causa della concorrenza di prodotti stranieri provenienti in particolare da Cina e Corea del Sud.

L’imposizione di dazi, sempre secondo le imprese americano, potrebbe portare alla creazione di 100mila posti di lavoro, niente di meglio per accreditare ancora di più l’ormai famosa politica dell’America First messa in campo da tempo proprio da Trump.

Tariffe per le lavatrici

Entrando nel merito del provvedimento, i dazi che colpiranno le lavatrici prodotte all’estero saranno all’inizio ben del 50%, dureranno per sei anni e andranno nel tempo a scalare.

In particolare nel primo anno, ci sarà un dazio del 20% sulle prime 1,2 milioni di lavatrici e del citato 50% su quelle successive. Poi le percentuali andranno a scalare e dal terzo anno, scenderanno al 16% sul primo milione e duecentomila prodotti e al 40% sui successivi.

Dazi per i pannelli

Per i pannelli solari è stato architettato allo stesso modo un sistema di tassazione aggiuntiva che andrà a scalare nel corso degli anni, che in questo caso saranno complessivamente pari a quattro.

In questo caso la percentuale iniziale sarà pari al 30%, con un decremento che porterà il dazio dell’ultimo anno a quota 15%. Da notare che anche in questo caso esiste una sorta di franchigia iniziale, visto che sui primi 2,5 gigawatt di celle solari importati non scatterà nessuna tassazione aggiuntiva.

Le proteste

Come accennato non mancano però le voci in disaccordo con questi provvedimenti. Ci sono innanzitutto Cina e Corea del Sud che non ci stanno e hanno già deciso di investire della cosa l’Organizzazione mondiale del commercio, che potrebbe decidere di considerare illeciti i nuovi dazi voluti da Trump.

Inoltre, posizioni polemiche ci sono anche nel fronte degli installatori di pannelli solari americani, i quali temono che, l’imposizione dei dazi, possa portare ad un aumento dei prezzi dei prodotti e conseguentemente ad una forte crisi del settore. Staremo vedere se Trump riuscirà a tenere il punto o sarà costretto ad un’altra fragorosa marcia indietro.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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