Krugman
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Economia

Krugman, un'illusione il collasso italiano

Il Nobel dell'economia sostiene che potrebbe essere un abbaglio statistico. E invita a rivedere l'austerità imposta da Monti

Forse non è poi così vero che siamo il fanalino di coda della produttività. Del resto sappiamo fare tante cose belle che piacciono nel mondo. E poi non ha senso associarci alla Grecia. Tutto sommato, abbiamo uno Stato più leggero della Francia. Non sono questi i maldestri tentativi di consolazione di un accademico locale prestato all’esercito della salvezza CrescItalia. Ma le riflessioni dubbiose di un Nobel dell’economia che arrivano impreviste a lenire le ferite dell’orgoglio economico nazionale. Con una spiegazione a sorpresa.

Paul Krugman, 59 anni, economista di Princenton insignito del massimo riconoscimento alla sapienza nel 2008, nel suo blog sul New York Times, The conscience of a liberal, da qualche giorno si domanda “qual è il problema dell’Italia?”. Oggi si è dato una prima, sorprendente risposta: il misterioso collasso della produttività italiana potrebbe essere un’illusione statistica. Sì, proprio così un abbaglio di numeri, grafici, tabelle e istogrammi. È una possibilità da prendere in considerazione quando c’è qualcosa di stonato in un quadro socioeconomico, consiglia il barbuto professore. Che argomenta: l’Italia, con le sue leggi larghe ma deboli, ha una grande tradizione di lavoro nero, che essendo “nero” non viene fotografato dalle statistiche, non contribuisce al Pil ma al calo della produttività sì.

La spiegazione piace a Krugman perché, dice, “dà senso” ad alcune incongruenze nella misurazione dei costi italiani della competitività. Lui per esempio le nota in un grafico della Fondo Monetario internazionale dove rileva una forte divergenza tra l’andamento del costo del lavoro, che suggerisce una sopravvalutazione, e gli altri parametri (export, prezzi all’ingrosso, prezzi al consumo). Il sospetto: una forte sottovalutazione della produttività. Anche l’andamento della bilancia dei pagamenti conforta questa ipotesi. L’Italia non ha mai avuto un deficit nello stile spagnolo.

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Il grafico del Fmi cui si riferisce Paul Krugman
in cui riscontra un divergenza tra andamento del costo del lavoro (riga viola)
e gli altri parametri: export (riga blu),
prezzi all'ingrosso (riga rossa) e prezzi al consumo (riga verde).

Questo non vuol dire che vada tutto bene, avverte Krugman, perché l’Italia ha ancora mercati poco efficienti, monopoli che vivono di rendita, e un ritardo nell’uso delle tecnologie. Ma non è quel “basket case” (pattumiera? casino?) che i numeri farebbero pensare. E quindi bisogna chiedersi se il programma di austerità deve essere così duro come il governo Monti (che lui non cita) propone e dispone. "Una scelta diversa è possibile", come dice il titolo del libro scritto dall’imprenditore Ernesto Preatoni. Che il Nobel è accorso a presentare a Milano (sempre oggi). Una strana coppia per un possibile partito dell’alternativa antidepressiva.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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