Oscar Giannino e il carico fiscale eccessivo
Economia

Oscar Giannino e il carico fiscale eccessivo

Cosa fare per competere con le potenze economiche europee? Cominicamo dalle tasse sul lavoro...

Che cosa dovrebbe fare l’Italia, per competere fiscalmente col Regno Unito, scelto da Fiat-Chrysler come sede tributaria della sua holding (attenti: non delle sue attività reali in Italia, che continueranno a pagare le tasse qui da noi)? Cominciamo dal cuneo fiscale. In Italia l’aliquota implicita sul lavoro nel 2011 (usiamo questo dato per l’ultima comparazione Ocse disponibile) era del 42,3 per cento, composta dalla somma annuale di 10,7 per cento di Pil a carico dei datori di lavoro, e di un 8,4 a carico dei lavoratori. Nel Regno Unito, l’aliquota implicita era del 26 per cento, con il 3,9 per cento del pil annualmente pagato dalle imprese, e il 10,1 a carico invece dei lavoratori. Non solo come vedete c’è un differenziale complessivo del 16,3 come aliquota.

Il punto è che le imprese con sede nel Regno Unito pagano solo poco più di un terzo di contributi, rispetto a quelle italiane. E se guardiamo agli anni dal 1995 al 2012, gli oneri contributivi nel nostro Paese versati allo Stato sono saliti di 2,2 punti di pil da parte delle imprese e dello 0,7 per cento da parte dei lavoratori, in Gran Bretagna solo dello 0,6 per le imprese, mentre sono diminuiti dello 0,1 da parte dei lavoratori.

Poiché sulle imprese italiane si sommano poi agli oneri l’Ires, l’Irap e l’Imu modificata, il Total tax rate italiano sul reddito commerciale d’impresa giunge al 65,8 per cento (dati 2012). In Gran Bretagna ci si ferma al 34: la bellezza di 31,8 punti in meno. Se poi guardiamo agli adempimenti fiscali comparati dalla Banca Mondiale nel suo report "Paying Taxes 2014", in Italia alle imprese servono in media 269 ore l’anno per pagare le imposte (in area Ocse stanno peggio solo Giappone e Portogallo), nel Regno Unito bastano 110 ore.

In realtà, a questo bisogna aggiungere poi la comparazione tra le imposte "tipiche" delle holding finanziarie, rispetto a quelle delle ordinarie attività di impresa. Ma anche in questo campo, tanto su imposizione dei dividendi, quanto su minor proporzionalità rispetto all’aumento di capitalizzazione, quanto infine alla Tobin tax che colpisce le transazioni finanziarie (che l’Italia ha improvvidamente adottato mentre Londra giustamente se ne guarda bene) è inutile dire che l’Italia perde il confronto con Londra su tutti e tre i terreni. Buon lavoro, caro governo Letta.

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