Hard Brexit, le conseguenze economiche dell'uscita di Londra dall'Ue
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Economia

Hard Brexit, le conseguenze economiche dell'uscita di Londra dall'Ue

La premier britannica Theresa May ostenta sicurezza e manda in soffitta i trattati comunitari. Ma per il pil di Londra ci sono segni di indebolimento

Altro che Brexit morbida, compromessi e mediazioni. Ieri la premier britannica Theresa May ha preannunciato una Hard Brexit, un'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea senza se e senza ma, mandando in soffitta gran parte dei trattati comunitari. Niente più unione doganale, introduzione di controlli serrati sull'immigrazione e fine dei contributi inglesi al bilancio delle istituzioni di Bruxelles.

Ecco ciò che si prospetta nei prossimi anni per la Gran Bretagna. A ben guardare, ci vorrà un po' di tempo per vedere queste cose trasformarsi in realtà. Prima ci saranno infatti almeno due anni di trattative in cui Londra e Bruxelles stabiliranno nel dettaglio come regolare i loro rapporti. Poi, a partire dal 2019, inizieranno i cambiamenti veri e Londra sarà fuori dall'Ue a tutti gli effetti.

Quali saranno le conseguenze economiche della Hard Brexit? Anche se oggi c'è un po'più di chiarezza rispetto a quanta non ve ne fosse nei giorni successivi al referendum del 23 giugno scorso, gli economisti sembrano ancora un po' spiazzati e non si cimentano in troppe previsioni. Il diavolo, si sa, si annida nei dettagli.

E i dettagli di questa ormai irreversibile Hard Brexit sono ancora tutti da scrivere. "Anche se il discorso del premier May era pieno di speranze e ottimismo", commenta a caldo Mitul Patel, analista della casa di investimenti Henderson, "il percorso che porta alla Brexit resta accidentato".

Previsioni difficili

Patel ricorda che le previsioni economiche del tesoro britannico, elaborate lo scorso anno, stimavano che l'uscita dall'Ue sarebbe costata al Regno Unito circa il 7,5% del pil nell'arco di 15 anni, in termini di mancata crescita economica.

In realtà, per l'esperto di Henderson è difficile fare previsioni esatte sul futuro anche se non mancano i segnali di indebolimento dell'economia britannica, visto che i consumi deludono, i salari non riescono a tenere il passo dell'inflazione mentre gli investimenti potrebbero essere ostacolati dall'incertezza sul prossimo accordo di libero scambio tra Gran Bretagna e Ue, che la May vorrebbe firmare ma che avrà comunque bisogno di un lungo periodo transitorio per entrare a regime.

La May sarà pure sembrata una nuova Thatcher, insomma, ma molti punti interrogativi restano ancora senza risposta, nonostante il decisionismo mostrato ieri dal premier inglese. La pensa più o meno così anche Azad Zangana, senior european economist e strategist della casa di gestione britannica Schroders.

Zangana sottolinea come il ricorso all'articolo 50 dei trattati europei (quello che avvia le trattative sull'uscita di un paese dall'UE) "non darà molta chiarezza in più, dato che servirà comunque un accordo di transizione che potenzialmente potrebbe durare dai quattro ai cinque anni".

Più che agli scenari sull'economia britannica, però, la businescommunity internazionale sembra essere interessata a capire piuttosto cosa accadrà al di fuori dei confini del Regno Unito, cioè in Europa. Un paese come l'Italia, per esempio, ogni anno vende in Gran Bretagna beni e servizi che valgono nel complesso oltre 24 miliardi di euro e rappresentano il 5% dell'export nazionale.

Che succederà se un giorno torneranno le barriere doganali tra il Regno Unito e il Vecchio Continente? Tempo fa, subito dopo il referendum sulla Brexit, gli esperti di Sace, società a controllo pubblico specializzata nelle assicurazioni sui crediti commerciali all'estero, ha stimato un potenziale costo per l'export nazionale tra 200 e 500 milioni di euro annui.

Azzeccare le previsioni, però, al momento sembra quasi un terno al lotto. Prima bisognerà vedere come la May condurrà le trattative con Bruxelles. La premier britannica ha invitato i leader del Vecchio Continente a non avere verso il Regno Unito un atteggiamento punitivo perchè, in ogni caso, il suo paese farà di tutto per restare una nazione attraente per gli investimenti e i commerci internazionali. Solo il tempo dirà se Theresa sarà all'altezza del suo compito.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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