Banche popolari, cosa cambia dopo la sentenza della Corte Costituzionale
Isabella Bonotto/ ANSA /
Economia

Banche popolari, cosa cambia dopo la sentenza della Corte Costituzionale

La Consulta ha giudicato legittima la riforma approvata dal governo Renzi. Possibile un risiko tra alcuni istituti

I giudici della Corte Costituzionale hanno deciso: la riforma delle banche popolari approvata dal governo Renzi nel 2015 era legittima. Sono state dunque respinte le istanze di incostituzionalità sollevate di fronte al Consiglio di Stato negli anni scorsi, che hanno congelato per un po’ di tempo il decreto sulle popolari.

Cosa cambia dunque con il pronunciamento della Consulta? Per capirlo bisogna compiere qualche passo a ritroso. Nei primi mesi del 2015, come sa bene chi ha seguito le vicende, il governo Renzi approvò un decreto legge con cui imponeva alle banche popolari più grandi, quelle con un patrimonio sopra gli 8 miliardi di euro, di trasformarsi entro la fine del 2016  in società per azioni (spa).

Voto capitario addio

La riforma interessava in totale 10 banche: Ubi, Banco Popolare, Bpm, Bper, Creval, Popolare di Sondrio, Banca Etruria, Popolare di Vicenza, Veneto Banca e Popolare di Bari, che erano tutte governate conil voto capitario. Si tratta di un sistema in base al quale ogni socio delle banche popolari può esprimere nell'assemblea degli azionisti un solo voto (ogni testa, un voto), indipendentemente dal numero di quote possedute.

Grazie all’esistenza del voto capitario, le banche popolari non sono mai state scalabili, poiché nessun soggetto (e soprattutto nessun'altra banca) ha mai potuto acquisire da solo il controllo diretto della maggioranza dei voti nell'assemblea. La nomina degli amministratori di ogni istituto è sempre avvenuta con un ampio consenso tra tutti gli azionisti.

Dopo l’approvazione del decreto legge del governo Renzi, 8 grandi banche popolari su 10 si sono adeguate alla legge e trasformate dunque in società per azioni divenendo scalabili. Alla fine del 2016, due istituti non avevano però ancora completato l’iter. Uno era la Popolare di Bari e l’altro la Popolare di Sondrio.

Ricorsi e sentenze

Quando gli ultimi passaggi stavano per essere completati, alcuni soci di minoranza della Popolare di Sondrio hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato, sollevando dubbi sulla costituzionalità della riforma per due ragioni: innanzitutto il governo non poteva adottare un decreto legge, poiché non vi era l’urgenza di trasformare le popolari in spa.

Inoltre, secondo chi ha presentato il ricorso, il governo Renzi aveva anche leso i diritti dei soci-risparmiatori delle banche, poiché aveva fissato un tetto massimo per gli indennizzi spettanti a chi decideva di esercitare il diritto di recesso, cioè farsi liquidare le azioni possedute delle vecchie popolari in via ditrasformazione.

Dopo aver richiesto parere della Corte Costituzionale su questi temi, il Consiglio di Stato aveva stabilito appunto di congelare la riforma delle popolari, permettendo così alle banche che non si erano ancora trasformate in spa di mantenere il loro status precedente. Ora che la Consulta ha respinto i ricorsi, dunque, anche la Popolare di Sondrio e quella Bari devono cambiare pelle.

Nuove manovre

Il che, secondo gli analisti, può dare inizio a nuove manovre sulle due banche, che sono diventate scalabili. Gli esperti di Equita Sim per esempio, ritengono che i riflettori del mercato verranno puntati probabilmente sulla Popolare di Sondrio, istituto lombardo con una rete di ben 350 filiali.

Anche se a breve è improbabile via una vera e propria acquisizione, per gli analisti di Equita basta soltanto il fatto che la banca sia diventata scalabile per regalare appeal ai suoi titoli, chepotrebbero rivalutarsi del 10-20%. Le vecchie grandi banche popolari che un tempo erano fortezze inespugnabili, dunque, sono ormai solo un ricordo.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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