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Come un gatto in tangenziale, al cinema - La recensione

Paola Cortellesi e Antonio Albanese protagonisti di una esilarante commedia di Riccardo Milani sull’incontro-scontro fra due opposti ambienti sociali

Che coppia Paola Cortellesi e Antonio Albanese in Come un gatto in tangenziale (in sala dal 28 dicembre, durata 98’). Sodalizio già sperimentato, è vero, in Mamma o papà? da Riccardo Milani il quale, d’altra parte, è lo stesso regista del film di oggi;  ma qua capace di superarsi in una commedia spassosa in ogni segmento, spesso esilarante, giocata su ottimi tempi comici, sulla qualità di battute e gag, in definitiva sull’intero costrutto narrativo capace di valorizzare al meglio la sceneggiatura (di Furio Andreotti e Giulia Calenda oltre gli stessi Cortellesi e Milani) incrementandone ritmi e sostanze umoristiche.

Sullo sfondo l’eterno “Indovina chi viene a cena?”

Si ride molto, dunque. Da subito. Cioè da quando Giovanni (Albanese) scopre che sua figlia Agnese (Alice Maselli), poco più che ragazzina, s’è fidanzata con Alessio (Simone De Bianchi) un coetaneo tutto teschi , tatuaggi e chiodi che, a guardarlo, sarebbe quasi da evitare anche se poi si rivela in tutto diverso da quel che pare. Si dirà: c’è da poco ridere. Invece i meccanismi della commedia si attivano al meglio perché i due ragazzi, appesi al canovaccio dell’eterno krameriano Indovina chi viene a cena? rappresentano mondi, persone e culture agli antipodi gli uni degli altri.

Un colpo di mazza da baseball sul parabrezza

Succede così che, proprio all’inizio, Monica (Cortellesi) mandi in frantumi il parabrezza di Giovanni con una mazza da baseball. Lui, testa d’uovo di fama, campione del politically correct e teorico internazionale dell’integrazione, sta seguendo e spiando terrorizzato in macchina l’incedere di sua figlia e del ragazzetto di foggia coatta proveniente da Bastogi, il quartiere più malfamato di Roma (“Scampia, gli dicono, al confronto è come i Parioli”); lei, preoccupata per motivi analoghi a quelli di Giovanni, seppure da opposte prospettive sociali, sta facendo lo stesso e quando s’accorge del pedinamento paterno interviene a modo suo per sedare sul nascere quell’insano pasticcio.

“Lassate ogni speranza o voi k’entrate… “

Milani costruisce il suo ottavo film su un bizzarro crepitante incontro-scontro di mondi e di persone, di ricchi e di poveri. La Roma di un centro storico agiato e intellettuale e la periferia scheggiata, volgare e degradata (sul muro di cemento annerito che circonda Bastogi e accoglie i visitatori campeggia minacciosa la scritta “Lassate ogni speranza o voi k’entrate”…); la spiaggia libera e fracassona  di Coccia di Morto traboccante di corpi sudati e accatastati l’uno sull’altro e l’appartata silente Capalbio; la buona educazione e la zoticaggine; il sussurro e lo strillo; il sorriso discreto e lo sghignazzo sgangherato; il circolo del polo e i calci alla palla in un cortile scrostato.

Due attori squisitamente complici sulla scena

In definitiva la complicata costruzione di un percorso comune che, se si realizzasse, durerebbe quanto presagisce il titolo, il tempo di vita d’un gatto su una tangenziale rombante sferragliante di gomme, metalli e motori. Troppo diversi i due àmbiti. E non è detto, suggerisce poi la storia, che il loro meglio e il loro peggio corrispondano all’evidenza dei fatti e della loro percezione secondo il “senso comune”. Sta di fatto, comunque, che proprio dalle contrapposizioni, secondo i migliori codici della commedia, nascano le pagine più brillanti del film; specie quella, ovviamente, fra Cortellesi e Albanese, squisitamente complici nel darsi reciprocamente la spalla nei passaggi più sàpidi.

E i furti a raffica diventano “shopping compulsivo”

Accompagnati e guarniti, i due protagonisti, da una cospicua messe di personaggi in linea con gli ambienti d’appartenenza: tra i molti, Luce (Sonia Bergamasco), la moglie quasi separata e snobissima di Giovanni che vive in Provenza e coltiva lavanda per le sue essenze; due enormi gemelle che vivono in casa di Monica, parlano in coro e praticano furti a raffica trasformati nel loro gergo in shopping compulsivo ; Sergio (Claudio Amendola), minaccioso marito di Monica che affiora dopo anni dal carcere mostrando, se possibile, di essere peggiorato da quando venne arrestato per avere strappato la milza a una tale che lo ostacolava.

E pensare che costoro, inclusi i due fidanzatini, si ritrovano tutti insieme in una sorta di allucinante pranzo ufficiale nella casa di Bastogi dove, verosimilmente, le cose non si concludono nei modi auspicati.

Ma quelle distanze non sono poi siderali

D’altra parte i problemi maggiori appartengono ai “grandi”. Perché Agnese ed Alessio, giovanissimi e senza troppe sovrastrutture, badano solo all’amore e ad un punto d’incontro che escluda ogni differenza.  Mentre, a forza di stuzzicarsi,  la sostanza comica della rivalità è tenuta sempre viva da Monica e Giovanni, autori d’una sfida – che artisticamente diventa un bel coro a due voci - sempre sollazzevole, guarnito da elementi in perfetta sintonia umoristica con la coppia di eccellenti protagonisti: i quali, alla fine, potrebbero scoprire che le loro distanze non sono poi siderali.

Addirittura aprendosi ad un possibile esito sentimentale in coda ad un racconto di salubre divertimento in grado anche d’imporsi con un umorismo che, sotto l’immediatezza a volte rustica di dialoghi e gag, vive d’una sua meditata finezza.

Per saperne di più

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Vision Distribution, Ufficio stampa film Daniela Staffa, Arianna Monteverdi, Ufficio stampa Wildside, Ufficio stampa Vision Distribution, foto © Claudio Iannone
Paola Cortellesi, eccellente e spassosa recitazione nella parte di Monica

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Claudio Trionfera

Giornalista, critico cinematografico, operatore culturale, autore di libri e saggi sul cinema, è stato responsabile di comunicazione per Medusa Film e per la Mostra del cinema di Venezia

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