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Ansa
Calcio

Beppe Sala non vuole il nuovo San Siro: spieghi perché

Il sindaco di Milano annuncia tempi ancora lunghi e Sgarbi minaccia di mettere il vincolo sul vecchio stadio. Milan e Inter alle prese con i ritardi della politica milanese a 40 mesi dalla presentazione del primo progetto - ECCO IL PROGETTO PER IL NUOVO DISTRETTO SAN SIRO

Insaziabile e vorace, la politica milanese si sta mangiando il progetto del nuovo stadio di Milan e Inter costringendo i club e le rispettive proprietà a un'estenuante dialogo tra sordi. Da una parte le esigenze imprenditoriali di chi investe (al momento sempre e solo in perdita) perché Milano conservi un ruolo di primo piano nel calcio italiano, sognando un giorno di tornare a contare davvero in Europa, dall'altro il balletto di veti incrociati, proteste, comitati e altro ancora che da 40 mesi tiene in ostaggio il dossier sull'impianto e sul distretto che lo circonda.

Il simbolo del non fare meneghino, declinato quasi solo verso il progetto dello stadio, ha il volto del sindaco Beppe Sala. A parole sempre favorevole (o comunque mai contrario), nei fatti una sorta di muro di gomma contro cui sbattono regolarmente le speranze di Milan e Inter di avere tempi certi e ragionevoli per mettere in cantiere il proprio investimento. Che nel frattempo, va ricordato, è stato tagliato ed emendato fino a rientrare nei parametri del piano regolatore del Comune stesso (indice 0,35 contro lo 0,51 richiesto nel luglio 2019) con tanto di nota scritta dello stesso Sala risalente alle settimane successive alla sua rielezione a inquilino di Palazzo Marino nell'ormai lontano ottobre 2021. Meno cemento, così da fare contenti quelli del partito del "è solo una speculazione edilizia", più spese, meno incassi. Ma che almeno si procedesse.

Invece no. Da quel giorno, sicuri di dimenticare qualcosa, è successo che la Giunta comunale ha dato l'ok con i nuovi paletti, i club hanno scelto il progetto della Cattedrale (destinato però a fare una brutta fine), sono stati presentati ricorsi al Tar e avviate raccolte firme, approntato un nuovo dossier per il dibattito pubblico che finirà il prossimo 18 novembre e dopo il quale, sulla carta, la strada politica dovrebbe essere di qualche mese prima della progettazione esecutiva e dell'apertura dei cantieri.

Beppe Sala il sindaco del non fare (il nuovo San Siro) ha, però, sparigliato nuovamente le carte annunciando come "in Consiglio comunale, per decidere sullo stadio, penso che andremo fra un annetto" e aggiungendo sconsolato: "Adesso, purtroppo, questa storia dello stadio è talmente tribolata e il mio intendimento è fare un passo alla volta. Il prossimo sarà quello di ricevere, il 18 novembre, il risultato del dibattito pubblico". Una specie di marziano, visto che le due società (e le rispettive proprietà) non sanno più come spiegare che se non si fa in fretta esiste anche l'opzione di portare il miliardo e 300 milioni di investimenti da un'altra parte, lasciando l'area di San Siro vedova della sua funzione primaria e cioè ospitare uno stadio di calcio.

Ha aggiunto Sala: "Ho l’impressione che su un tema del genere, quando si andrà in consiglio ci possa non essere la classica divisione tra centrosinistra e centrodestra. Però questa è la mia impressione ad oggi, tra un anno chissà come saranno le cose", frase che suona come una minaccia visto che a farsi garante della linea politica della sua maggioranza dovrebbe essere proprio il sindaco e dell'ipotesi di abbattere San Siro e fare qualcosa di nuovo si discute ormai da oltre 1.200 giorni.

Siccome su altri temi delicati di Milano tempi e modi sono stati molto più spicci, nonostante proteste e obiezioni, ne discende che il sindaco Sala semplicemente non voglia che Milan e Inter si facciano un nuovo stadio a Milano progettando il futuro. Perché? Forse perché Sala non vuole passare alla storia come il sindaco che ha abbattuto San Siro, anche a costo di rischiare di diventare quello che ha fatto scappare Milan e Inter fuori dai confini della città. Urge che spieghi e chiarisca, al di fuori delle formulette della politica, così che tutto sia più chiaro.

Il tormentone ha obiettivamente stancato. Il dibattito pubblico di queste settimane è - il rischio è aver omesso qualcosa nel conteggio - l'atto numero 23 della telenovela iniziata il 10 luglio 2019. Dentro ci sono passaggi ineludibili e bizzarrie come la richiesta a Milan e Inter di dimostrare chi siano i titolari effettivi delle società (dicembre 2020 e marzo 2021 a proposito delle difficoltà di Suning), il comparire ad orologeria di ipotesi di riutilizzo di San Siro lasciandolo in piedi per concerti o chissà cos'altro, la nostalgia per progetti già bocciati e che tornano al centro del dibattito quando la normalità è che, stando dentro le regole, il committente paga e fa quello che ritiene opportuno. Possibilmente senza doversi sfinire.

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Giovanni Capuano