L'importante è indignarsi
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L'importante è indignarsi

Scusi, dove posso votare? Mi scappa democraticamente da votare ma non trovo la mia cabina segreta. E i pareri sono discordanti. C’è chi pensa che dove sono nata non dovrei votare perché non ci vivo, e che dove vivo non dovrei votare perché non ci sono nata. 

Dovrei indignarmi. Come possiamo vedere, è la cosa più giusta da fare sempre, qualsiasi cosa succeda, in macchina contro i pedoni e sulle strisce contro gli automobilisti, ma sempre indignarsi. Solo che ci vuole tanta energia, movimenti corporei, e prendersi molto sul serio. E io, giusto per non deludere nessuno stereotipo riguardo la gente di sudamerica, sono lenta e pigra e mi prendo sul serio, fortemente, e poi mi butto su qualcosa di morbido, tipo un divano. Fin da bambina mi sono sentita dire che ubbidivo alla legge dello sforzo minore, che trovo, non c’è bisogno neanche di dirlo, una legge meravigliosa. Aspetta. Forse dovevo indignarmi. Non importa. E poi serve anche costanza: non è che puoi indignarti quattro volte sì, e poi perché sei distratta o non ne hai voglia, lasci stare come se niente fosse. E io, non sono costante.

Anche se… anche se… i positivisti, che non sono più degli scienziati, ma quelli che ti insegnano a vivere super bene e carico a pallissima e bella bellissima soprattutto dentro, ristrutturando il modo in cui ti parli cosicché ti imbrogli da solo, mi direbbero che mi sbaglio. Devo cercare una cosa che faccio tutti i giorni. Fammi pensare, proprio tutti tutti…Mi lavo i denti. Ecco, vedi? Non si può dire che non sono costante. Devo solo portare il mio talento (la costanza in questo caso) in altre aree della mia vita più trascurate dei miei pulitissimi denti.

Ma torniamo al nostro problema, altrimenti direte che mi disperdo nella conversazione, evidente segno di un deficit di attenzione da diagnosticare. Non sapevo cosa fare con la tessera elettorale. Farla inquadrare era una opzione. Qualsiasi cosa può diventare un quadro. Ho pensato anche di fare un’istallazione. Appenderla per esempio dentro una nuvola, o farle due piedi che vanno in direzioni contrarie, o sdraiarla sul divano di uno psicanalista. Avrei messo poi dei tavoli lì vicino e avremmo bevuto vino rosso con i miei amici che sarebbero venuti alla presentazione, e avremmo meso delle foto con filtri artistici su instagram, con hashtags, e emoticon scelti con cura, copiando a qualcuno bravo con tanti followers. Ma per organizzare un’istallazione così forte, ci vuole tempo, e soldi, avrei dovuto contattare degli sponsor, mandare i comunicati stampa, fare la previa sui social. A quel punto l’istallazione si sarebbe fatta d’inverno, con questo freddo, ho pensato. E ho invitato gli amici a casa mia.

Poi alla fine non trovando il posto giusto ho iniziato a votare dappertutto. Di qua, di là, nazionali, provinciali, regionali, referendum, mettendo insieme che qui è un diritto e di là anche un dovere. Approfittando anche che ancora posso. Pensa se un giorno per esempio le mamme non potranno più votare perché si scopre che rilasciamo una proteina che inibisce il pensiero collettivo ed è  responsabile dei gruppi whatasapp, oppure devi avere un numero minimo di like sul post del tuo gatto per ricevere la tessera elettorale (e pensa se non hai un gatto), o se ti fanno la verifica prima di entrare nella cabina segreta per vedere se hai letto per intero tutte le proposte elettorali, e rimane la folla fuori dalla scuola, tutta indignata, urlando che anche senza sapere nulla, a meno che uno sia una donna in Città del Vaticano, si può avere una opinione.






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Mercedes Viola