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Il governatore Andrew Cuomo alla parata del Columbus day il 14 ottobre 2019 a New York (Getty Images).

Politica

Con Biden gli italiani in America diventano immigrati «non graditi»

Moltissimi nostri connazionali negli Stati Uniti sono in un limbo. Anche se lavorano e pagano le tasse, la nuova amministrazione Usa per mesi non ha rilasciato i visti di rientro, con la motivazione della pandemia. Intanto i turisti americani sono accolti in Europa a braccia aperte…

Quando il 7 novembre dell'anno scorso Joe Biden vinse le elezioni, gli «expat» italiani, ostacolati dalle stringenti regole d'immigrazione dell'amministrazione Trump, tirarono un sospiro di sollievo. Il presidente si apprestava a entrare alla Casa Bianca con la promessa «di ridare dignità» al ruolo degli immigrati negli Stati Uniti. Poi, però, è arrivato il 2021. E a pagare il conto del Travel ban tra Stati Uniti e Unione Europea, imposto a causa della pandemia dall'amministrazione democratica, sono stati proprio loro: centinaia di immigrati italiani con regolari visti di lavoro, migliaia in tutta Europa, costretti a rimanere bloccati fuori dal Paese a causa della chiusura dei confini.
«Ho lasciato New York nell'agosto del 2020 con le mie pratiche di rinnovo di visto già approvate: quel volo è stata la mia condanna» racconta Sofia Di Cristoforo, regista torinese. «Arrivata all'appuntamento in ambasciata a Roma non mi è stato stampato il visto a causa del Travel Ban, che allora era di Trump». E che poi è diventato di Biden. La sua pratica è ancora in sospeso, in Italia: «Vivo a New York dal 2014, dove pago le tasse: essere stata trattata peggio di una turista è un duro colpo».


Di Cristoforo
è una della sessantina di residenti italiani negli Stati Uniti che Panorama ha contattato per questo articolo. Sono artisti, imprenditori, investitori. Alcuni, per timore di ritorsioni sulle loro pratiche, hanno condiviso pseudonimi. Per loro, possessori di visti E-2 (investitori), H1-B (talenti speciali), O-1 (artisti), G-5 (personale che lavora per famiglie nel corpo diplomatico), l'iter migratorio segue due parti. Prima si prepara il caso all'agenzia federale americana che si occupa di immigrazione, la U.S. citizenship and immigration services (Uscis). Poi, a caso approvato, l'iter per il visto sul passaporto rilasciato da ambasciate e consolati.

Di Cristoforo e migliaia di altri in tutt'Europa si sono ritrovati in un cortocircuito: approvati dalla prima per i loro meriti, rifiutati dai secondi a causa del Travel ban di Biden, che ha vietato l'ingresso negli Stati Uniti a tutti coloro che sono passati per l'area Schengen nei 14 giorni precedenti all'entrata, con l'eccezione di cittadini americani, possessori di Green Card, studenti e giornalisti. «Bastava concedere esenzioni automatiche a coloro che hanno un visto di lavoro, ma ho la sensazione che la pandemia non c'entri nulla da tempo e questo blocco sia stato usato per altre ragioni» dice Luca Danti, 45 anni, ceo di RML Steel Industries. Danti ha avuto il problema opposto: possessore di visto E-2 e a capo di un'azienda che produce strutture per reti 5G, fosse uscito dal Paese sarebbe rimasto bloccato in Italia. «Do lavoro a una ventina di americani e ho sempre rispettato le regole perché mi considero un ospite: non aver avuto il diritto nemmeno di tornare a casa una volta, nonostante i documenti in ordine, è stata una mancanza di rispetto» spiega da San Diego, in California, dove vive dal 2018.

Di Cristoforo e Danti non sono soli. C'è Silvia Conti, docente di linguistica in un'università di New York, dove vive dal 2015, che ha visto molti suoi studenti entrare e uscire dal Paese nel corso degli ultimi sei mesi perché non colpiti dal Travel Ban. Lei, insegnante che negli Usa paga le tasse, non è potuta tornare in Italia neanche da vaccinata. C'è Lucia Vidal, governante di una famiglia diplomatica a Washington, da 11 anni negli Stati Uniti, impossibilitata a rientrarvi da 16 mesi, nonostante il rinnovo di visto approvato. Ci sono expat che non vedono le famiglie, i partner, da ormai un anno e mezzo e ancora oggi non hanno la possibilità di partecipare a un funerale di un loro caro, nemmeno se vaccinati.

Si sentono presi in giro dal fatto che i turisti dei Paesi del Sud America, dove il numero di vaccinazioni è inferiore all'Europa, sono sempre potuti entrare liberamente. O che gli americani, da qualche settimana, possano viaggiare per piacere a Roma o a Milano muniti di semplice tampone negativo. «Ma la responsabilità è stata anche dei Paesi Ue che hanno agito solo ora con l'arrivo dell'estate, per il bisogno di turisti americani» dice Celía Belin, esperta di relazioni tra Stati Uniti e Unione Europea di Brookings Institution. «Chi ha un visto però si suda un diritto e investe migliaia di dollari: che l'amministrazione Biden non lo abbia riconosciuto in questi mesi mi sgomenta».

Del problema si è parlato poco, anche perché l'amministrazione democratica sta affrontando una grave crisi migratoria al confine con il Messico. Tra l'arrivo di migliaia di minori non accompagnati dal Centro America e l'accoglienza dei richiedenti asilo in centri sovraffollati, il neopresidente si è trovato tra più fuochi. Da un lato ha aumentato il tetto del numero dei rifugiati e facilitato alcune pratiche migratorie, abolendo per esempio la cosiddetta «remain» in Messico, che ha costretto per due anni i richiedenti asilo ad attendere il loro giorno in corte fuori dagli Stati Uniti, una norma promossa da Trump e considerata brutale persino da molti dei suoi elettori in Texas e Arizona.

Dall'altro lato, Biden ha mostrato il pugno duro con chi ha visti europei e faticato a garantire condizioni umanitarie dignitose all'interno degli stessi centri di confine. Mentre la sua vice Kamala Harris ha intimato ai migranti dal Centro America di non presentarsi illegalmente, aggiungendo che «esistono vie legali per l' accesso al Paese». Chi dall'Europa ha investito su quelle vie, però, è stato beffato. «I nostri expat contribuiscono allo sviluppo degli Stati Uniti, pur non avendo la cittadinanza, come ogni altro americano impegnato in settori vitali» commenta Fucsia Nissoli Fitzgerald, deputata di Forza Italia e rappresentante degli italiani all'estero negli Stati Uniti, che in queste settimane si è fatta portavoce delle loro istanze.

Il dipartimento di Stato Usa dal canto suo, in una mail a Panorama, ha assicurato che il segretario di Stato Antony Blinken ha l'intenzione di «continuare a lavorare con i partner europei per trovare soluzioni comuni e porre fine alla pandemia». Mentre c'è chi considera il problema di oggi come un'opportunità per capire la direzione dell'immigrazione di domani. «Credo che questa pandemia porterà la società americana a ripensare alle modalità con cui certi visti vengano concessi o meno, già dalla fonte» dice Alberto Milani, presidente della Camera di commercio italo-americana di New York. «Si deve accettare che la logistica delle persone e delle merci sia cambiata per sempre: senza tale premessa non si capiranno molte delle scelte future».

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