Joe Biden
(Ansa)
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La crisi della supply chain è un problema per Biden

I principali porti americani sono ingolfati, manca lo spazio nei magazzini e si registra carenza di camionisti: un mix esplosivo di problemi, che minaccia la stagione natalizia e sta incrementando l'inflazione. L'ennesimo grattacapo per una Casa Bianca sempre più in difficoltà

È una grave crisi di approvvigionamento quella che stanno affrontando gli Stati Uniti. Da quando la pandemia si è fatta meno pressante, gli acquisti oltreatlantico hanno registrato un significativo incremento. Il problema è che si sono verificate delle congestioni in due dei principali porti americani: Los Angeles e Long Beach che rappresentano il punto d'ingresso per il 40% delle merci importate negli Stati Uniti.

Alla base di questa situazione risiede innanzitutto il fatto che gli americani incontrino delle difficoltà a svolgere operazioni di scarico portuale ventiquattr'ore su ventiquattro sette giorni su sette. Inoltre, come se non bastasse, si registrano sempre più problemi di spazio nei magazzini, mentre – soprattutto negli ultimi mesi – si è verificata una carenza di autisti per i camion: un problema, questo, dettato non solo dagli strascichi della pandemia ma anche, come riferito a settembre dal Financial Times, dalle regole più stringenti in materia di test antidroga e alcool.

Nel frattempo, le conseguenze si sono già fatte sentire. Gli intoppi nella supply chain hanno colpito infatti alcune grandi aziende, come Ikea, Nike e Costco. Tra l'altro, come sottolineato nelle scorse ore da Bloomberg News, i vari Stati americani stanno affrontando problematiche differenti, per quanto ovviamente interconnesse. California, Nevada, Arizona, New York e le aree della Rust Belt soffrono di una carenza di chip. Texas, Florida e Pennsylvania, dal canto loro, registrano problemi in termini di approvvigionamento di cibo. Utah e Nebraska, infine, si stanno ritrovando con un'insufficienza di automobili.

È quindi in tal senso che, lo scorso 13 ottobre, la Casa Bianca ha reso noto che i colossi Walmart, FedEx e UPS intensificheranno i loro sforzi per risolvere questi problemi. Non è comunque affatto scontato che tali impegni possano da soli alleviare gli ingenti nodi che abbiamo visto. Nonostante le timide rassicurazioni arrivate dalla portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, il quadro complessivo appare tutt'altro che roseo. Come infatti riferito da The Hill, lo stesso segretario ai Trasporti, Pete Buttigieg, ha ammesso che i problemi in essere della supply chain siano da considerarsi "a lungo termine". "Mentre la ripresa economica globale continua a prendere vigore, ciò che è sempre più evidente è come sarà ostacolata dalle interruzioni della catena di approvvigionamento che ora si stanno manifestando ad ogni angolo", ha inoltre dichiarato, lo scorso 11 ottobre, Moody's Analytics, concentrandosi soprattutto sulla carenza di camionisti.

Si tratta, come è facile intuire, di un grattacapo rilevante per il presidente americano, Joe Biden. Non solo perché questa situazione incombe minacciosamente sulla stagione degli acquisti natalizi, ma anche perché la carenza di merci sta facendo salire significativamente i prezzi, portando conseguentemente a un ulteriore aumento dell'inflazione (che ha di recente raggiunto i massimi da tredici anni a questa parte). Si tratta di due temi profondamente spinosi: due temi su cui i repubblicani sono pronti a dare battaglia in vista delle elezioni di metà mandato che si terranno nel novembre del 2022. È chiaro che questa crisi non rappresenti soltanto una minaccia alla già traballante popolarità di Biden. Ma, più nello specifico, aggrava i nodi politici che attanagliano il presidente americano. Un presidente che, oltre alla crisi afghana, deve fare i conti con un'agenda programmatica impantanatasi al Congresso. Un presidente che, con l'ingorgo della supply chain, rischia adesso di ritrovarsi nell'ennesimo vicolo cieco.

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Stefano Graziosi