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(Ansa)
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Schiaffo a Biden, in Virginia vincono i repubblicani

Il candidato repubblicano Glenn Youngkin ha conquistato la poltrona di governatore. Una doccia fredda per i democratici, che vedono un futuro sempre più problematico

Vittoria repubblicana in Virginia: Glenn Youngkin sarà infatti il nuovo governatore dello Stato. Il candidato dell'elefantino ha ottenuto il 50,7% dei voti contro il 48,6% del contendente democratico, Terry McAuliffe. Si tratta di un risultato fortemente significativo, data l'elevata affluenza e la storica problematicità politica della Virginia per i repubblicani. Ricordiamo infatti che, a livello di elezioni presidenziali, questo Stato abbia votato a favore dell'Asinello ripetutamente dal 2008. Tutto questo, mentre –fatta eccezione per il quadriennio 2010-2014– era dal 2002 che il cosiddetto Old Domion State non eleggeva un governatore repubblicano.

I democratici, insomma, hanno di fatto perso in casa, in una competizione elettorale che avrà indubbiamente delle ripercussioni a livello nazionale. Innanzitutto, va ricordato che la campagna elettorale abbia visto intervenire e scendere in campo i big dei principali partiti: Donald Trump aveva dato il proprio endorsement a Youngkin, mentre Barack Obama aveva tenuto recentemente un comizio a Richmond per sostenere McAuliffe. In secondo luogo, lo scontro tra i due candidati virginiani ha visto affrontare vari temi di rilevanza nazionale: dall'aborto all'indottrinamento scolastico, passando per la gestione pandemica.

In terzo luogo, va rammentato che sia stato proprio McAuliffe a dare maggiore forza alle questioni di carattere nazionale: il candidato democratico ha infatti cercato di far leva sulla storica freddezza che l'elettorato virginiano aveva in passato mostrato verso Trump e, in tal senso, ha cercato di additare Youngkin come un pericoloso trumpista, sperando di replicare quella "chiamata alle armi" che permise a Joe Biden di vincere d'un soffio le presidenziali dell'anno scorso. Purtroppo per i dem, questa strategia stavolta è fallita. La santa alleanza anti-trumpista aveva infatti già mostrato i propri limiti a livello nazionale in questi mesi: una santa alleanza che ha portato al potere uno Partito democratico spaccato e un presidente, Biden, che –nonostante la maggioranza al Congresso– si sta ritrovando con un'agenda parlamentare fondamentalmente impantanata.

Un altro aspetto da considerare nei risultati virginiani sta nel fatto che, in campagna elettorale, McAuliffe avesse sostenuto che "i genitori dovrebbero dire alle scuole cosa dovrebbero insegnare": una posizione, questa, in linea con le correnti più radicali dell'Asinello, ma che ha evidentemente irritato gli elettori meno ideologizzati. Anche qui ci troviamo davanti a un campanello d'allarme: l'estremismo di determinate idee rischia infatti di portare i dem sempre più su posizioni barricadiere e controproducenti. Ulteriore fronte problematico sembra essersi rivelato poi quello delle minoranze etniche: secondo quanto riportato da Politico a pochi giorni dal voto, pare che infatti l'elettorato afroamericano avesse mostrato segni di freddezza nei confronti di McAuliffe.

Youngkin, dal canto suo, è andato bene nelle aree suburbane, ha conquistato le aree rurali e ha conseguito un buon risultato tra gli elettori indipendenti. La forza della sua strategia è stata duplice: privilegiare le questioni locali (pur senza eludere quelle nazionali) e, al contempo, impostare un rapporto efficace con Trump, riconoscendo la sua leadership, ma evitando di coinvolgerlo troppo direttamente in un'area problematica come la Virginia. Fermo restando che le contee che avevano votato per l'allora presidente repubblicano (come Roanoke e Bedford) hanno compattamente sostenuto Youngkin in queste elezioni. Un segnale importante anche nei confronti dei repubblicani anti-trumpisti.

Insomma, il campanello d'allarme per l'Asinello è di indubbia rilevanza: il partito sta infatti iniziando a perdere terreno. Un dato, questo, notevolmente inquietante in vista delle elezioni di metà mandato del prossimo anno. I risultati virginiani sono d'altronde una doccia fredda anche per lo stesso Biden, che aveva sostenuto attivamente McAuliffe. Se parlare di avviso di sfratto per il presidente è forse eccessivo, la doccia fredda della Virginia non promette comunque per lui nulla di buono. Questi risultati mettono infatti per l'ennesima volta in mostra un partito –quello democratico– litigioso al suo interno, sempre più velleitario e senza uno straccio di visione unitaria. I democratici hanno perso in Virginia perché senza contatto con la realtà territoriale. Hanno perso perché hanno scelto ancora una volta di demonizzare gli avversari. Hanno perso perché hanno dato per scontato il sostegno di alcuni settori dell'elettorato che invece, alla prova dell'urna, li hanno alla fine abbandonati. E, in tutto questo, le pesanti contraddizioni che già da tempo dilaniano l'Asinello rischiano adesso di esplodere ulteriormente.

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Stefano Graziosi