Boeri: una famiglia con il vizio del successo
L'architetto Cini Boeri nel 1954 con il collega Giò Ponti (Wikimedia Commons).
Costume

Boeri: una famiglia con il vizio del successo

LE SERIE STORICHE DI PANORAMA 

In occasione della scomparsa dell'architetto Cini Boeri, Panorama la ricorda ripubblicando un articolo che aveva dedicato nel 2006 a lei e ai suoi tre figli.

Articolo pubblicato il 29/6/2006


Sandro dirige il più venduto mensile d'Italia. Stefano, architetto, sta per sbarcare in Cina. E Tito, economista, è una star della tv. Storia e segreti di tre ragazzi in gamba e fortunati. Con una madre geniale.

Sandro: «Fantasioso, dolcissimo, distrattissimo, si scordava di dare gli esami all'università». Stefano: «Un vulcano di iniziative. Ha sempre raccontato un po' di bugie, perdifendere la sua autonomia». Tito: «Quieto e appartato, faceva sempre ciòche gli piaceva. Buono ma crapone».

A tratteggiare, con disinvolta franchezza, il profilo dei fratelli Boeri è la madre, l'architetto Cini Boeri. Nessuno meglio di lei conosce questi tre protagonisti dell'intelligencija milanese. Il grande pubblico ha più dimestichezza con Tito, 47 anni, l'economista della Bocconi che s'è imposto come maître à penser catodico con le sue analisi sulla flessibilità.

Ma fra gli addetti ai lavori sono molto apprezzati anche Stefano, 49 anni, architetto, ordinario del Politecnico e direttore della rivista Domus, che si sta affermando come opinion leader in materia di urbanistica. E Sandro, 55 anni, il giornalista scientifico che dirige il mensile di conoscenza Focus: 700.000 copie vendute, un caso editoriale.

Tutti e tre di successo, tutti e tre «gauchiste», tutti e tre con solidi matrimoni, tutti e tre padri di due figli giovani. Anche la sorte è stata benevola con i fratelli Boeri. A partire dalla nascita: la madre Cini era l'allieva di Marco Zanuso, il padre Renato, scomparso nel 1994, un neurologo di vaglia, a lungo direttore dell'Istituto Besta di Milano. Separato da Cini nel 1965, si era poi risposato con Grazia Neri, deus ex machina dell'omonima agenzia fotografica.

Ma gloria di famiglia era già il nonno paterno: Giovanni Battista Boeri, insigne uomo politico della prima metà del Novecento, più volte senatore, morto nel 1956. Liberale con Giovanni Amendola, fuggito in Svizzera dopo uno scontro con Benito Mussolini, era stato tra i fondatori del Partito d'azione. Nati bene, i piccoli Boeri: quando vivevano in casa con la mamma avevano un maggiordomo che serviva il pranzo in guanti bianchi. Eppure, secondo la miglior tradizione della bor ghesia illuminata milanese, hanno sempre adottato un profilo sobrio.

Da ragazzi giravano in eskimo e montgomery (anche se la madre comprava loro giacche di Brigatti), andavano incampeggio con la Dyane (sebbene avessero casa alla Maddalena e a Celerina. in Engadina) e frequentavano un liceo pubblico, il Manzoni. «La loro non era una posa» sottolinea una vecchia amica, «ma una sincera identificazione nello stile di vita e negli ideali dei giovani di quegli anni». Ancor oggi li si incontra in jeans e scarpe da tennis. E i loro sei figli vanno in scuole pubbliche: Manzoni, Berchet, Virgilio.

Già, l'impegno. I Boeri erano e rimangono tre intellettuali engagé. A cavallo fra anni Sessanta e Settanta si erano buttati a capofitto nella grande avventura del movimento studentesco. Sandro, un biondino garbato e leggero, aveva scelto il gruppo del Manifesto. I fratelli minori, due morettini che erano sempre in prima fila, stavano con i puri e duri dell'Mls.

Era scritto che i tre fratelli abbracciassero l'utopia rivoluzionaria: i genitori, che avevano avuto come testimone di nozze Ferruccio Parri, si erano conosciuti ai tempi della lotta di liberazione. Il padre era un capopartigiano della brigata Stefanoni di Giustizia e libertà, la madre una giovane sfollata che aiutava i ribelli accendendo falò per indicare agli aerei americani dove sganciare i paracadute carichi di armi. Con uno di questi, di un bel colore rosso, Cini si fece un abito. Meglio di Rossella O'Hara, che s'e ra accontentata di un paio di tende.

Un vero personaggio «la Cini»: la madre era maestra, il padre fabbriciere (ossia amministratore) della Basilica di Sant'Ambrogio. Ma non era il suo genitore naturale: il padre biologico era un avvocato. Non ne ha mai fatto mistero e lo ha raccontato nel libro Cini Boeri, architetto e designer (SilvanaEditoriale): «Questo secondo padre, la cui vera identità ho conosciuto solo nell'adolescenza (...) rappresentò per me sempre un grande turbamento». Outing ammirevole per una donna di 82 anni.

Ma Maria Cristina (questo il vero nome) è sempre stata un'apripista. Il giorno in cui discusse la tesi, fuori dal Politecnico l'aspettava il primogenito Sandro, in carrozzina. Poi divenne, con Gae Aulenti, l'unica architetto donna di fama internazionale della sua generazione. Un po' radical, molto chic, Cini è stata a lungo iscritta al Pci. Ancor oggi è molto impegnata. E accusa il figlio Tito, l'economista, di essere «di destra», suscitando l'ilarità degli amici. «È stato Tito a trascinare nella visibilità pubblica anche gli altri due» commenta un'amica di famiglia.

A lanciare Tito Boeri è stato, suo malgrado, l'ex vicepremier Giulio Tremonti. A metà novembre 2005 il professore della Bocconi incontrò il ministro dell'Economia nella trasmissione di Raitre Economix, cui collaborava con la sua rivista online (www.lavoce.info). Infastidito dalle obiezioni di Boeri, Tremonti lo trattò aspramente. Scoppiò un finimondo che ha fatto schizzare le sue quotazioni.

Fino a quel momento, Tito era uno stimato accademico con dottorato alla New York University che aveva lavorato all'Ocse e dirigeva la Fondazione Rodolfo De Benedetti, il centro studi dell'Ingegnere. Dopo è diventato molto presente sia nei talk show sia sui giornali. Questa sovraesposizione ha rafforzato la malevolenza di qualche collega che lo accusa di essere, più che un economista, «un policy-maker che tira la volata a De Benedetti».

Meno visibilità per gli altri due fratelli. Sandro è adorato da amici e colleghi. «Essere direttore del più venduto mensile italiano non lo ha reso né inavvicinabile né arrogante» racconta un ex giornalista della Gruner+Jahr. Anche Stefano, che a inizio luglio varerà l'edizione cinese di Domus, gode di buona stampa. «Con il suo sguardo largo e internazionale è uno dei più bravi urbanisti della sua generazione» commenta Marco De Michelis, preside della facoltà di design e arte dell'Università di Venezia. «Suo grande merito è aver tirato fuori l'urbanistica da una condizione di disciplina isolata».

L'unico rimprovero che gli muovono gli amici sognatori di un tempo è di essersi fatto un po' fagocitare dal «sistema». Interista sfegatato, negli ultimi anni è diventato amico di Massimo Moratti, il patron nerazzurro. E si è creato un po' di agganci nel mondo politico.

A sinistra, secondo la tradizione di famiglia. Una famiglia di peso che, nella cerchia degli amici, non è mai stata esente da bonarie prese in giro. Quando un compagno di ginnasio andò la prima volta a pranzo da Stefano Boeri, e vide il maggiordomo, tornò a casa e intimò al padre, un giudice: «Quando Stefano verrà a pranzo, dato che non abbiamo il maggiordomo, provvederai tu a servire in tavola con i guanti bianchi».

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Elisabetta Burba