Dopo i Mondiali il Qatar diventa meta per le famiglie
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Dopo i Mondiali il Qatar diventa meta per le famiglie

Viaggio nella nuova Doha, città ad alto tasso di italianità

Su un'isola interamente artificiale, che copre un'area di 14 chilometri quadrati e che è collegata alla terraferma tramite un ponte, tutta palazzoni tinti con i toni della sabbia e tirati su a formare un cerchio, si incrociano parecchi italiani. «Un po' perché qui sono concentrati tutti i marchi più prestigiosi del made in Italy e, quindi, molte delle commesse che lavorano nelle attività commerciali sono arrivate dall'Italia, un po' perché è la prima area della città in cui il governo ha autorizzato gli stranieri ad acquistare le proprietà immobiliari», spiega Maria, quarantenne napoletana che ha seguito il marito a Doha, dove lavora per il gruppo Salini Impregilo. Maria deve essersi ambientata alla velocità della luce in Qatar, tanto da portare il capo coperto, anche se da un vistoso e colorato foulard di seta. «Lo faccio per rispetto della cultura del luogo», dice sorridendo, «ma», aggiunge, «anche per difendermi dal sole, che qui picchia». Poi, con una cadenza fortemente campana, ci scherza su: «D'altra parte è anche la nostra tradizione, le nostre nonne non portavano il maccaturo (il fazzoletto, ndr) in testa quando uscivano di casa?». E riprende a parlare del marito: «Lui mi aveva detto più volte che sarebbe stato un bene trasferirsi qui e io non ci credevo, finché non sono venuta a trovarlo e mi sono innamorata di questo posto ideale per la famiglia».

Lo conferma anche Marzia, che ora fa la guida turistica in una società tutta italiana ma che ha un passato da bancaria a Milano: «The Pearl, la Perla, hanno chiamato il quartiere, per ricordare che un tempo il Qatar si sosteneva col commercio delle perle trovate in mare da coraggiosi pescatori». Anche lei ha seguito suo marito, italiano che lavora per una società statunitense, e qui ha comprato casa in un elegante palazzo con vista lagunare. Basta infatti superare un ponte per ritrovarsi in una zona completamente ispirata a Venezia. Il quartiere è diviso in tre aree che ricordano in modo evidente l'urbanistica e l'architettura di altri Paesi. E Qanat è il quartiere veneziano, con tanto di una copia particolarmente riuscita del famoso ponte di Rialto.

«Una chicca che lascia sempre sorpresi gli italiani che vengono in vacanza qui», racconta Marzia. Di solito sono famiglie, perché il Qatar sembra offrire un ottimo compromesso tra intrattenimento di qualità e turismo culturale. «Doha», afferma Marzia, «è la città per le famiglie. Non c'è micro criminalità e si possono mandare i ragazzi in giro da soli senza avere troppe preoccupazioni. Niente a che vedere con la Milano che ho lasciato qualche anno fa».

La capitale del Qatar, infatti, appare particolarmente tranquilla. Silenziosa, con il suo traffico ordinato di fuoriserie. E sicura. «Qui puoi lasciare il tuo portafoglio al tavolino del bar e ritrovarlo dopo un giorno, sono tutti benestanti e nessuno avrebbe cosa farsene», dice Martin, driver professionista senegalese che di italiani a Doha ne ha scarrozzati parecchi. Compreso Antonio Panzeri, l'eurodeputato di sinistra finito nei guai nell'inchiesta per corruzione a Bruxelles ribattezzata Qatargate, che riconosce subito in foto. «Sembrava uno dell'alta società», ricorda Martin, che probabilmente deve aver ottenuto qualche lauta mancia dall'eurodeputato e che, afferma, ha successivamente visto in tv. Come in tutti i Paesi arabi è una buona usanza lasciare un bonus a chi ha offerto i propri servizi con gentilezza. Anche nei luoghi in cui la ricchezza viene particolarmente ostentata.

A la Croisette, per esempio, c'è un porto in cui gli yacht tra i 30 e i 50 metri sui quali sventola quasi sempre una bandiera delle Cayman non si contano. Sulla banchina ci sono donne del posto completamente velate, che sfoggiano scarpe Jimmy Choo e borse Louis Vuitton mentre una o, a volte, anche due filippine intrattengono i loro bambini. L'aperitivo negli spazi all'aperto di Place Vendôm, una struttura commerciale enorme che ospita negozi da mille metri quadrati l'uno (quasi tutti occupati da marchi europei del lusso), è d'obbligo per le qatarine, che si ritrovano ai tavolini di un bar per conversare.

Di sera, di colpo, si abbassano le luci e parte la musica, con un'enorme fontana danzante che offre uno spettacolo tutto colorato che cattura le fotocamere degli smartphone di turisti e non. Al bar del ristorante Trapani, tutto arredato con marmi che ricordano i colori della pietra nera e verde di Pantelleria, servono anche un espresso delle migliori miscele italiane. E se a Place Vendôm si arriva presto la mattina si nota la fila di facchini in coda per consegnare ai 43 ristoranti che offrono una trentina di cucine diverse (si va dalla francese, alla turca fino alla giapponese) i prodotti freschi fatti arrivare dai Paesi di origine.

Il Qatar importa di tutto a livello alimentare. Dall'acqua in bottiglia (molte sono etichette italiane) alla carne, agli ortaggi, alla frutta. «Lo facciamo per poter proporre un'esperienza molto aderente al piatto originale», spiega uno degli chef del Trapani. E, così, quasi ogni giorno arrivano dall'Italia le mozzarelle, i pomodori e perfino il basilico. Non che di produzioni simili il Qatar non ne abbia. Basta visitare la North Sedra Farm, un posto molto gettonato dalle famiglie, per scoprire l'agricoltura biologica made in Qatar. Muhammad, il giovane amministratore delegato dell'azienda, accoglie i giornalisti e spiega «che i visitatori hanno l’opportunità di dare da mangiare agli animali».

La chicca è un museo allestito in modo tale che si possa camminare tra le vecchie case e le attrezzature usate tra fine Ottocento e gli inizi del secolo scorso. Nella fattoria, invece, i bambini possono accarezzare i cammelli, dare del grano ai piccioni o del mangime ai pesci. E c'è anche un ristorante specializzato nel servire autentico cibo tradizionale che, però, sembra incontrare maggiormente i favori degli autoctoni. Inoltre, è possibile raccogliere frutta e verdura dalle piante: fragole, peperoni verdi, peperoncini, cetrioli, lattuga, pomodori, melanzane e i gettonatissimi frutti dell’albero autoctono di Sedra (Kinar). Ma le attività per le famiglie non sono finite. I più piccoli possono sfrenarsi nel Doha Quest, un parco giochi climatizzato da 32.000 metri quadrati, dove c'è più di un'attrazione certificata da Guinnes world records. Uno di questi simula un pozzo di petrolio di 56 metri d'altezza dal quale si viene sparati verso il basso a una velocità impressionante.

E poi c'è il deserto. Che è possibile attraversare in jeep (rigorosamente di lusso e climatizzata) o con dei monster truck le cui ruote sono alte quanto una persona. Sulle dune gli autisti sono spericolati, ma il paesaggio toglie il fiato. Il deserto cambia colore più volte e velocemente: la sabbia da gialla diventa rossastra o assume il colore della terra. In alcuni punti cresce un particolare fiore del deserto che in molti si fermano a contemplare. Si incontrano continuamente accampamenti di beduini (con tanto di antenna parabolica sulla tenda) e pozzi di petrolio che, per motivi di sicurezza, è vietato fotografare. E ci sono le oasi, dove potersi rifocillare assaggiando una bevanda locale di latte e tè molto speziata. La'eeb, la mascotte dei mondiali 2022, non è ancora sparita dai banconi dei bar. Mentre sullo sfondo c'è sempre un ritratto dell'emiro Tamim bin Hamad Al Thani. Sulla strada per il deserto non mancano i resort. Le spiagge, anche quelle attrezzate, restano selvagge. E si viene accolti nel tipico majlis, un luogo di ritrovo per uomini con sedute rasoterra nel quale il padrone di casa siede al centro.

La cultura e la storia locale la si può apprezzare anche al National museum, struttura molto moderna e particolarmente interattiva, che contiene tutto ciò che di antropologico il governo è riuscito a raccogliere: dall'età della pietra fino al passato più recente. Video e moderni tablet attirano l'attenzione dei giovani visitatori. E ci sono spazi in cui poter approfondire le curiosità con una guida. Anche in città ci sono ancora molte tracce del mondiale di calcio.

Manifesti ed enormi pubblicità che coprono i grattacieli ancora in costruzione o in ristrutturazione. «Ma gli stadi sono chiusi e alcuni verranno addirittura smantellati», precisa Alfredo, ingegnere italiano che coordina i lavori in un importante cantiere edile: «Qui hanno due o tre squadre locali e il calcio di certo non è lo sport nazionale, anzi, per quanto mi sembra di capire che il governo si sforzi a spingere i più giovani a fare sport, sembra che gli abitanti, dopo l'adrenalina del mondiale, stiano vivendo una fase di svogliatezza». Non solo. Soprattutto le nuove generazioni hanno più di qualche problema con il peso forma e con il diabete. Le autorità sembra che si siano rivolte a consulenti italiani. Come per la gestione del Covid, affidata dal ministro della Salute del Qatar al professor Roberto Bertollini, ex rappresentante dell'Organizzazione mondiale della Sanità. Per ricambiare, il governo del Qatar durante la pandemia inviò degli ospedali da campo in Italia: due finiti in Basilicata e usati come hub vaccinali e uno in Veneto che, però, non è mai stato tirato completamente su. E a questo punto l'ingegnere si fa maestro: «L'edilizia ha regole un po' diverse qui. Sono tutte strutture molto leggere. Acciao e vetro o materiali di ultimissima generazione. Ma che nell'architettura richiamano molto la loro tradizione, con grandi esempi di sostenibilità».

Il primo progetto al mondo di rigenerazione sostenibile del centro cittadino, per esempio, è già una realtà. Ed è stato costruito in un batter d'occhio. Il quartiere Msheireb Downtown nasce sull'antico distretto commerciale di Doha, praticamente raso al suolo. Un centinaio di edifici con cortile ospitano benestanti, hotel e negozi di nicchia. E ci sono dei musei, Msheireb, che celebrano la storia del Qatar attraverso quattro edifici storici. Per respirare la tradizione, però, non c'è posto migliore del Souq Waqif. Distrutto qualche anno fa da un incendio, è stato ricostruito in modo identico. Oltre al mercato delle spezie, comune a molti Paesi arabi, c'è una fiera di animali da compagnia e una strada interamente dedicata agli orafi. Lo street food locale è molto gettonato. Si può fare una partita a dama con maestri imbattibili e fare amicizia con un falco. Qui è considerato un animale da compagnia. I bambini preferiscono il volatile al cane e lo addestrano alla caccia. Per le cure del rapace, attaccata al Souq, c'è una clinica veterinaria. Ovviamente di lusso.

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Fabio Amendolara